L’evoluzione della DOC Val di Cornia

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Niccolò Pini

CAMPIGLIA 15 aprile 2014 — Ghi­bel­lo è un nome che ai gio­vani che si avvic­i­nano al mon­do del vino forse non dice nul­la, ma fu il pri­mo vino da tavola di Suvere­to, prodot­to dai pio­nieri in Val di Cor­nia. Dal Ghi­bel­lo (poi mod­i­fi­ca­to in Ghim­ber­go) ne è pas­sato di “vino” sot­to i pon­ti, era­no gli anni 80′ quan­do s’iniz­iò a capire che l’u­ni­ca stra­da per risoll­e­vare le aziende agri­cole del­la zona che vive­vano un peri­o­do di crisi, era quel­lo di puntare su pro­duzioni di qual­ità, la zona di Suvere­to, in par­ti­co­lare, ave­va grosse poten­zial­ità nel set­tore vini­co­lo. Così sul­la slan­cio delle imp­rese che vollero cogliere ques­ta oppor­tu­nità e con il forte sosteg­no delle ammin­is­trazioni, nacque il pri­mo vino da Tavola in bot­tiglia a cui seguì nel 1990 il riconosci­men­to del­la DOC Val di Cornia.Trasformare famiglie che pro­duce­vano qua­si esclu­si­va­mente vino per auto­con­sumo o per la ven­di­ta di sfu­so, in aziende strut­turate che pun­ta­vano ad una pro­duzione di qual­ità non è sta­to sem­plice. Nel libro del­l’ex Sin­da­co Wal­ter Gasperi­ni “Sto­ria di un ter­ri­to­rio DOC Val di Cor­nia”, se ne col­go­no le moti­vazioni: occor­re­va ricon­ver­tire il modo di pen­sare al vino; meno pro­duzione in vigna-più qual­ità in bot­tiglia, meno vino des­ti­na­to al con­sumo famil­iare, più vino in bot­tiglia, mar­ket­ing, etichette, can­tine a nor­ma, anal­isi chimiche, enolo­gi ed agrono­mi, insom­ma un altro mon­do rispet­to al “vino del con­tadi­no”.
uva rossaDal 1990 ad oggi (2009) si può dire che il panora­ma locale sia total­mente cam­bi­a­to: le aziende attive sono pas­sate da 14 a 50, gli ettari vitati da 65 a 563, l’oc­cu­pazione com­p­lessi­va ore/anno da 70.000 a 447.000; alle aziende medio pic­cole a con­duzione famil­iare si sono aggiunte le gran­di imp­rese di investi­tori Ital­iani e stranieri, che han­no vis­to in ques­ta zona le poten­zial­ità per pro­durre vino di qualità.La fotografia impres­sa dal libro di Gasperi­ni si fer­ma però al 2009 un anno di grande impor­tan­za per l’e­cono­mia mon­di­ale, è l’an­no appe­na suc­ces­si­vo alla crisi mon­di­ale del 2008 di cui anco­ra oggi se ne sentono le con­seguen­ze, con cui anche il set­tore vitivini­co­lo ha dovu­to fare i conti.Lo sce­nario che si pre­sen­ta oggi è quel­lo di un set­tore che inizia a seg­nare il pas­so; il mer­ca­to inter­no, locale e nazionale non da più le garanzie sulle quali le pic­cole aziende pote­vano contare.La forte con­cor­ren­za di gran­di can­tine nazion­ali ed estere che immet­tono sul mer­ca­to vino a bassi costi, gra­zie alle tec­nolo­gie e alle gran­di esten­sioni, rende più gravoso il con­testo.
Il mer­ca­to estero potrebbe essere una rispos­ta. Il vino ital­iano con­tin­ua a con­quistare oltre ai tradizion­ali impor­ta­tori Europei e Statu­niten­si, altri gran­di Pae­si emer­gen­ti che richiedono prodot­ti enogas­tro­nomi­ci di qual­ità, Cina e Rus­sia in primis.Tuttavia le dimen­sioni e la strut­tura delle nos­tre pic­cole aziende non con­sente loro di trovare facil­mente canali com­mer­ciali esteri. Inoltre nel mare mag­num del com­mer­cio estero, il mar­chio Val di Cor­nia non ha anco­ra il peso che può avere un Bol­gheri, Chi­anti, Brunel­lo di Mon­tal­ci­no, solo per citare i toscani.
La nos­tra zona non è rius­ci­ta a crear­si il nome , il brand si direbbe oggi, spendibile oltr’alpe per vendere facil­mente i pro­pri prodot­ti, chi ci riesce è qua­si solo per pro­prie capac­ità. Rispet­to agli anni 90′ quan­do nacque la DOC, gli enti, le ammin­is­trazioni e le aziende non sono rius­cite a fare squadra e a saper vendere, non i prodot­ti, ma il ter­ri­to­rio come sinon­i­mo di bellez­za, sto­ria, tradizione, qual­ità.
Nonos­tante ciò il set­tore vini­co­lo è anco­ra flori­do, a dif­feren­za di altri in Val di Cor­nia è molto più dinam­i­co, riesce a sop­perire meglio alle dif­fi­coltà. Serve però un cam­bio di pas­so delle aziende; quelle più pic­cole devono saper­si rin­no­vare, inter­a­gire con la new tec­nol­o­gy e il web mar­ket­ing, saper fare squadra con le pro­prie cug­ine nel­la pro­mozione del ter­ri­to­rio. Le aziende più gran­di, invece, che han­no mag­giori mezzi eco­nomi­ci devono sapere esportare non solo i pro­pri prodot­ti, ma l’immagine di tut­to il ter­ri­to­rio, in modo che questo pos­sa avere una ricadu­ta anche sulle altre. Occorre infine un coor­di­na­men­to, una sin­er­gia tra aziende, enti del set­tore e ammin­is­trazioni in modo che il nome e i marchi del ter­ri­to­rio si affer­mi­no com­pat­ti fuori del­la Val di Cor­nia per essere conosciu­ti ed apprez­za­ti.

 

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