Fotografa, poetessa, pittrice, attivista dei diritti civili

Liu Xia. Sulla fotografia dei diritti umani

· Inserito in Sotto la lente
Pino Bertelli

PIOMBINO 13 novem­bre 2016 -

Come piedis­tal­lo avrete un leta­maio e come tri­buna un arma­men­tario di tor­tu­ra.
Non sarete deg­ni che di una glo­ria leb­brosa e di una coro­na di sputi”.
E.M. Cio­ran

Il dirit­to di avere dirit­ti, o il dirit­to di ogni indi­vid­uo ad appartenere all’umanità,
dovrebbe essere garan­ti­to dall’umanità stes­sa”.
Han­nah Arendt

I. Sul­la fotografia del­la lib­ertà (1)

liu-xia-1Quan­do ero bam­bi­no, mio padre m’insegnò a non pie­gare mai la tes­ta di fronte alla bru­tal­ità di ogni potere e mi las­ciò in sorte queste parole: “Un uomo ha dirit­to di guardare un altro uomo dall’alto, soltan­to per aiutare ad alzarsi”.
Quan­do ero bam­bi­no, mia madre mi disse di non avere tim­o­re di pian­gere, né quan­do si ama né quan­do si sof­fre… mi disse anche di “Non aver pau­ra di conoscere l’amore dell’uomo per l’uomo, ma di temere di non aver­lo incon­tra­to mai!”.
Quan­do ero bam­bi­no, mia non­na par­ti­giana mi regalò un cane bas­tar­do (Spar­ta­co), con queste parole: “Nel­la vita fa’ tut­to quel­lo che vuoi, ma quel­lo che fai fal­lo sem­pre con amore e rispet­to per l’altro, l’escluso, l’ultimo, lo straniero… il sor­riso dei giusti con­suma le bare degli stolti”.
Ai miei figli e ai loro figli las­cio due o tre cose che so di ogni for­ma di potere: “In ogni gen­erale, politi­co o pro­fe­ta si cela un assas­si­no e quan­do si erge a capo di un popo­lo, c’è un po’ più dolore nel mon­do”.

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La fotografia dei dirit­ti umani esprime una teolo­gia del­la lib­er­azione o non è niente… è una fotografia in lib­ertà che — ovunque  lo spet­ta­co­lo delle ide­olo­gie, delle fedi o dei mer­cati riduce l’uomo a sud­di­to — si oppone all’avvenire del ter­ri­bile, dila­ta il pen­siero del­la dis­si­den­za e lo riveste di dig­nità. “La teolo­gia del­la lib­er­azione che cer­ca di par­tire dall’impegno per abolire l’attuale situ­azione d’ingiustizia e per costru­ire una soci­età nuo­va, deve essere ver­i­fi­ca­ta dal­la prat­i­ca del­lo stes­so impeg­no… Tutte le teolo­gie politiche del­la sper­an­za, del­la lib­er­azione, del­la riv­o­luzione, non val­go­no un gesto di sol­i­da­ri­età aut­en­ti­ca con gli uomi­ni, con le clas­si e con i popoli oppres­si. Non val­go­no un atto di fede, di car­ità e di sper­an­za, che si pone nel­la parte­ci­pazione atti­va per lib­er­are l’uomo da tut­to quan­to lo dis­uman­iz­za“ (Gus­ta­vo Gutier­rez) (2), gli impedisce di vivere sec­on­do la pro­pria volon­tà.
Il bene, il gius­to, il buono o il bel­lo non si pos­sono can­cel­lare con un eserci­to, la Bor­sa, i par­ti­ti e il dirit­to del­la forza, ma dife­si con la forza del dirit­to… anche la riduzione dell’uomo a puro sogget­to di bisog­ni delle democra­zie con­sumeriste o ser­vo impau­ri­to dei regi­mi comu­nisti è parte di una civiltà del­lo spet­ta­co­lo che è la fata e la stre­ga del­la vita social­mente dom­i­nante. ”Lo spet­ta­co­lo non è un insieme di immag­i­ni, ma un rap­por­to fra indi­vidui, medi­a­to dalle immag­i­ni” (Guy Debord) (3), è la ricostruzione mate­ri­ale di una fenom­e­nolo­gia del male che mor­ti­fi­ca i prin­cipi di lib­ertà pub­bli­ca, spir­i­to pub­bli­co e pub­bli­ca felic­ità (Han­nah Arendt) (4) e va dele­git­ti­ma­ta. La lib­ertà è in cias­cuno e non può essere men­di­ca­ta né recisa. Tut­ti gli uomi­ni nascono liberi e uguali, ma ovunque sono tenu­ti a cate­na.
La fotografia del­la lib­ertà è un con­teni­tore di seg­ni dove la lib­ertà d’espressione o la poe­sia del­la vita quo­tid­i­ana roves­ci­a­ta non è soltan­to pos­ta in dife­sa dell’umano ma è apparte­nen­za alla lib­ertà dell’umano. La fotografia delle pas­sioni lib­er­ate “cuoce” i mil­i­tari, i politi­ci, i maestri e i san­ti del­la sto­ria impos­ta in sal­sa pic­cante e li serve con le loro aure­ole fritte sul­la tavola dei giusti e dei pas­satori di con­fine. Le brici­ole delle loro ves­ti­gia le ris­er­va ai cani da guardia dell’informazione totale. I saperi del­la foto-grafia dom­i­nante li get­ta diret­ta­mente nelle macel­lerie dell’arte per tut­ti. “La pas­sione non ottiene mai il per­dono… i dirit­ti civili sono in sostan­za i dirit­ti degli altri” (Pier Pao­lo Pasoli­ni) (5). Gli uomi­ni han­no sem­pre inter­pre­ta­to i fasti del­la fede, del­la morale, del­la ragione uni­ca, si trat­ta ora di far­li crol­lare, mostrare la ver­gogna del potere e ren­der­la anco­ra più ver­gog­nosa.
L’immaginale del­la fotografia del­la lib­ertà è sem­pre una fines­tra aper­ta sul mon­do e una fotografia, quan­do è grande, con­tiene il ritrat­to di un’epoca, pone fine alla con­cezione “aris­to­crat­i­ca” del­la polit­i­ca dell’inganno. È deplorev­ole per l’educazione del­la gioven­tù che la sto­ria del­la fotografia sia sem­pre sta­ta scrit­ta da gente che la fotografia del dolore non ha ammaz­za­to. Non ci sono guerre giuste né guerre uman­i­tarie o guerre di reli­gione che pos­sono gius­ti­fi­care le predazioni dei pae­si ric­chi con­tro i popoli impov­er­i­ti… la fotografia del­la lib­ertà com­pen­sa con la dig­nità tut­ta l’impudenza e la man­can­za di prin­cipi del­la vita dom­i­na­ta e denun­cia le con­dizioni di schi­av­itù nelle quali ver­sano gli ulti­mi del­la ter­ra. Andare in direzione osti­na­ta e con­traria sig­nifi­ca resti­tuire agli invis­i­bili, gli esclusi, i perse­gui­tati lo statu­to di uomi­ni liberi, fare di quelle vite per­dute ani­me salve (Don Andrea Gal­lo) (6). Quan­do non c’è nes­suna sper­an­za, non c’è nes­sun futuro.
La pace si fa con la pace. Chi sem­i­na pace rac­coglie la pace. Toc­care la pace sig­nifi­ca dis­ertare i cod­i­ci, i val­ori, i cre­di comu­ni­cazion­ali che fan­no spet­ta­co­lo di sé… una comu­nità con­sapev­ole chiede la pace e l’e­d­u­cazione alla pace com­in­cia con il ripu­di­are la guer­ra e riven­di­care i dirit­ti dell’uomo. Non esiste un uso buono o cat­ti­vo del­la lib­ertà d’e­spres­sione, soltan­to un uso insuf­fi­ciente o inutile di essa. Quand’anche possedessi tut­ta la ric­chez­za degli uomi­ni, aves­si lo spir­i­to libero degli antichi poeti e par­las­si la lin­gua degli angeli, se non ho l’amore non sono niente.

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Nota a mar­gine. Nell’epoca del­la Rete (il più grande spazio pub­bli­co che l’umanità abbia mai conosci­u­to) non è più pos­si­bile sostenere la men­zogna né impedire la lib­era cir­co­lazione delle idee e il dis­ve­la­men­to dei soprusi. L’agorà vir­tuale induce a un’espansione dei dirit­ti alla sfera pub­bli­ca e le tec­nolo­gie dell’informazione e del­la comu­ni­cazione affi­dano il com­pi­to di costru­ire dal bas­so nuove forme di democrazia parte­ci­pa­ta. Le riv­olte popo­lari, in ogni parte del mon­do, annun­ciano la cadu­ta di regi­mi sec­o­lari e richiedono il dirit­to di far cir­co­lare — lib­era­mente — attra­ver­so la Rete pen­sieri, scrit­ti, immag­i­ni… creare occa­sioni di redis­tribuzione dei saperi per non cedere alla pas­siv­ità e alla sot­tomis­sione. “La riv­o­luzione dell’eguaglianza, mai davvero com­pi­u­ta, l’eredità dif­fi­cile, la promes­sa inadem­pi­u­ta del sec­o­lo breve, è oggi accom­pa­g­na­ta dal­la riv­o­luzione del­la dig­nità. Insieme han­no dato vita a una nuo­va antropolo­gia, che mette al cen­tro l’autodeterminazione delle per­sone, la costruzione delle iden­tità indi­vid­u­ali e col­let­tive, i nuovi modi d’intendere i lega­mi sociali e le respon­s­abil­ità pub­bliche” (Ste­fano Rodotà) (7). Tut­to vero. La fame di democrazia ha spin­to per­sone di ogni estrazione sociale a protestare per il rispet­to dei dirit­ti più ele­men­tari dell’uomo e cam­bi­a­to la con­sapev­olez­za di molti con la com­pas­sione, il sac­ri­fi­cio, il cor­ag­gio e la gen­tilez­za, anche… get­ta­to le basi per la riv­o­luzione dei beni comu­ni.
La fotografia dei dirit­ti calpes­ta­ti in Cina (ma questo vale per tut­ti gli sta­ti osses­sion­ati dai bilan­ci e di con­trol­lo sociale, anche di quel­li che si dipin­gono demo­c­ra­ti­ci) espres­sa dal­la fotografa Liu Xia, non las­cia spazio a frain­tendi­men­ti… o si è com­pli­ci degli oppres­sori o ci si schiera a fian­co dei par­ti­giani del­la lib­ertà. L’aveva già scrit­to Alex­is de Toc­queville nel 1847 (pri­ma che il Man­i­festo dei comu­nisti di Marx ed Engels divenisse la Bib­bia illu­so­ria dei pro­le­tari di tut­to il mon­do e delle dit­tature fameliche che l’hanno appli­ca­ta) (8) così: “Ben presto la lot­ta polit­i­ca si svol­gerà tra col­oro che possiedono e col­oro che non possiedono: il grande cam­po di battaglia sarà la pro­pri­età, e le prin­ci­pali ques­tioni del­la polit­i­ca si aggir­eran­no intorno alle mod­i­fiche più o meno pro­fonde da apportare al dirit­to dei pro­pri­etari” (9). Qual­cuno però ave­va com­pre­so ancor pri­ma che la pro­pri­età è un fur­to e nel 1840 scrive­va: “La con­cezione eco­nom­i­ca di cap­i­tal­is­mo, quel­la polit­i­ca di gov­er­no e quel­la teo­log­i­ca di Chiesa sono tre con­cetti iden­ti­ci, col­le­gati in modi dif­fer­en­ti. Attac­care uno solo di loro equiv­ale ad attac­car­li tut­ti. Quel­lo che il cap­i­tale fa al lavoro, e lo Sta­to alla lib­ertà, la Chiesa lo fa allo spir­i­to. Ques­ta trinità di asso­lutismo è rovi­nosa nel­la prat­i­ca tan­to quan­to nel­la filosofia. I mezzi più effi­ci­en­ti per opprimere il popo­lo sareb­bero simul­tane­a­mente sop­primere e schi­av­iz­zare il suo cor­po, la sua volon­tà e la sua ragione” (Pierre Joseph Proud­hon) (10). Il fat­to è che ogni polit­i­ca, ogni fede, ogni sper­an­za depos­ta negli prof­itti del­la civiltà con­sumerista e di quel­li delle ide­olo­gie total­i­tarie sono forme di ter­rore, tan­to più spaven­tose quan­do ne sono fau­tori i pal­a­di­ni dell’ordine cos­ti­tu­ito.

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Là dove il sis­tema util­i­tarista ha cre­du­to di plas­mare le folle all’obbedienza e l’autocrazia indus­tri­ale si è resa com­plice delle politiche di repres­sione dei gov­erni occi­den­tali e dei regi­mi comu­nisti, i seg­nali di un’altra riv­o­luzione sono in atto… cir­colano in cieli incon­trol­la­bili del­la Rete e dis­sem­i­nano ovunque l’antica con­cezione foure­ri­ana del­la lot­ta allo Sta­to per l’ascesa all’emancipazione dell’Uomo in un nuo­vo mon­do amoroso (11)… per ques­ta fratel­lan­za egual­i­taria è dep­re­ca­bile vedere la con­tin­u­azione del­lo sfrut­ta­men­to dei deboli da parte dei for­ti e che la sopraf­fazione dei dirit­ti fon­da­men­tali dell’uomo dibat­tuti intorno ai “gran­di tavoli” tele­vi­sivi da col­oro che sono i respon­s­abili di queste cat­a­strofi… la fratel­lan­za egual­i­taria del­la Rete dice che la lib­ertà è una con­dizione indis­pens­abile per rag­giun­gere chi la lib­ertà non l’ha mai avu­ta e l’esercizio del­la lib­ertà taglia i col­lari degli oppres­si e le sos­ti­tu­isce con i vin­coli sociali di rec­i­proc­ità… la bellez­za del­la lib­ertà non è la con­quista, ma la dis­truzione dell’economia oligarchica/parassitaria (12) in favore del­la decresci­ta felice (13) e rilo­cariz­zare l’econonia e la vita.
La riv­o­luzione egual­i­taria infi­amma le strade del­la ter­ra e si roves­cia nel­la Rete… lo scopo del­la riv­o­luzione egual­i­taria è con­seg­nare la ric­chez­za sociale nelle mani dei cre­atori, dei costrut­tori, di fratel­li e sorelle che orga­niz­za­ti in libere asso­ci­azioni dis­tribuiran­no equa­mente ai cit­ta­di­ni… il con­siglio fed­erale sarà la voce di tut­ti e in ques­ta situ­azione di non-coman­do lo Sta­to non avrà ragione d’essere, e il gov­er­no del futuro sarà espres­sione delle volon­tà di gius­tizia e lib­ertà espresse dai cit­ta­di­ni (14). La Rete dunque è una cos­mogo­nia di lin­guag­gi, una specie di spec­chio usto­rio capace di incen­di­are gli ani­mi in ebol­lizione di uomi­ni e donne che vogliono far­la fini­ta con la vio­lazione dei dirit­ti umani… la Rete parte­ci­pa al pro­gres­so cul­tur­ale del­la Comu­nità lib­era a venire… lo scate­na­men­to dei lin­guag­gi tec­no­logi­ci, in par­ti­co­lare, è un proces­so di lib­era creazione che con­tribuisce a destare le coscien­ze popo­lari, pro­muo­vere altre visioni dell’esistere e la costruzione di democra­zie dell’uguaglianza.

II. Di Liu Xiaobo, Pre­mio Nobel per la pace,
in carcere per­ché attivista e difen­sore dei dirit­ti umani

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Liu Xiaobo (Changh­cun, Cina, 1955) è il mar­i­to del­la fotografa Liu Xia… criti­co let­ter­ario, scrit­tore e docente cinese… attivista e difen­sore dei dirit­ti umani in un Paese dove gli uomi­ni e le donne non val­go­no nul­la e il Par­ti­to tut­to. L‘8 dicem­bre 2008 Liu Xiaobo è sta­to arresta­to a causa del­la sua ade­sione al Man­i­festo Char­ta 08, di cui è il pri­mo fir­matario, e detenu­to in un luo­go seg­re­to, sebbene l’ar­resto sia sta­to for­mal­iz­za­to solo il 23 giug­no 2009. L’ac­cusa è quel­la di “inci­ta­men­to alla sovver­sione del potere del­lo sta­to”. Dopo un anno di deten­zione, il 23 dicem­bre 2009 si è svolto il proces­so e il 25 è con­dan­na­to a 11 anni di pri­gione e a due anni di inter­dizione dai pub­bli­ci uffi­ci. La sen­ten­za è sta­ta con­fer­ma­ta in appel­lo l’11 feb­braio 2010.
L’8 otto­bre 2010 Liu Xiaobo è insigni­to del Pre­mio Nobel per la pace «per il suo impeg­no non vio­len­to a tutela dei dirit­ti umani in Cina» (15). È il pri­mo cinese a rice­vere un pre­mio Nobel men­tre risiede in Cina, ed è la terza per­sona ad avere questo riconosci­men­to men­tre si tro­va in pri­gione, dopo Carl von Ossi­et­zky (1935) e Aung San Suu Kyi (1991) (16). Char­ta 08 (17) è un man­i­festo sot­to­scrit­to il 10 dicem­bre 2008, anniver­sario del­la Dichiarazione uni­ver­sale dei dirit­ti dell’uomo (10 dicem­bre 1048), da 303 intel­let­tuali e attivisti per i dirit­ti civili allo scopo di pro­muo­vere riforme politiche volte alla democ­ra­tiz­zazione del­la Repub­bli­ca popo­lare cinese e pub­bli­ca­to in Rete. Qui si legge: “Il potere si è rip­ie­ga­to su se stes­so al pun­to che il cam­bi­a­men­to non può più essere evi­ta­to… La Cina oggi rimane l’u­ni­co grande paese guida­to da un regime autori­tario, respon­s­abile di numerose vio­lazioni dei dirit­ti umani… La situ­azione deve cam­biare! Le riforme politiche demo­c­ra­tiche non pos­sono più aspettare” (18). Va det­to. La dit­tatu­ra comu­nista cinese (ma anche quel­la rus­sa è del­la medes­i­ma ris­ma) si fon­da sull’ingiustizia, dove l’agonia di un essere si nutre dell’agonia di un altro essere. I cep­pi del potere ren­dono l’aria irres­pirabile e ai dis­si­den­ti tol­go­no tut­to, tranne la lib­ertà di soprav­vi­vere in un cam­po di lavoro o mar­cire in galera… gli affaristi ram­pan­ti o i quadri di par­ti­to muoiono “ele­gan­ti” (19) in abiti grif­fati Armani, inca­paci di com­pren­dere la felic­ità, l’onestà, il rispet­to e l’amore tra gli uomi­ni.
L’attività di Liu Xiaobo in dife­sa dei dirit­ti umani è cor­ag­giosa… quan­tomai effi­cace… si lau­rea all’università del­lo Jilin nel 1982 e nel 1984 prende la lau­rea magis­trale all’università di Pechi­no. Espone le sue idee paci­fiste alla Colum­bia Uni­ver­si­ty (USA), all’università di Oslo (Norve­g­ia), all’università delle Hawaii (USA)… nel 1989 si tro­va negli Sta­ti Uni­ti, quan­do scop­pia la protes­ta di piaz­za Tien­an­men tor­na in Cina a fian­co degli stu­den­ti in riv­ol­ta… per evitare che denun­ci­asse il mas­sacro degli insor­ti oper­a­to dall’esercito, il pro­fes­sore viene incar­cer­a­to e accusato di pro­pa­gan­da e istigazione con­tror­iv­o­luzionar­ie. Va ricorda­to che il politi­co Zhao Ziyang, fusti­ga­tore del­la buro­crazia e del­la cor­ruzione del suo Paese, fu l’unico tra i quadri del par­ti­to che si oppose al mas­sacro di Tien­an­men e questo gli costò l’arresto e il con­fi­no fino alla morte (1985). A giu­di­care dal pro­prio suc­ces­so con­tro i dis­si­den­ti, il ter­rore cinese è di pri­ma qual­ità, si è spe­cial­iz­za­to nel colpo di grazia.
Nel 1996 Liu Xiaobo è con­dan­na­to a trascorre tre anni in un cam­po di ried­u­cazione (Lao­gai) per aver crit­i­ca­to attra­ver­so il Web la polit­i­ca dis­senna­ta del Par­ti­to Comu­nista e reca­to “dis­tur­bi alla qui­ete pub­bli­ca”… i suoi scrit­ti sono vietati in Cina e persi­no il suo nome è cen­sura­to. Tut­tavia l’attività uman­i­taria di Liu Xiaobo ha trova­to approvazioni e con­sid­er­azioni nel­la cul­tura inter­nazionale. Nel 2004 Reporters sans fron­tières lo ha insigni­to del Pre­mio “Fon­da­tion de France”, per la sua opera di irriducibile difen­sore del­la lib­ertà di stam­pa. Va ricorda­to che il gov­er­no cinese ha oscu­ra­to la diret­ta tele­vi­si­va del Pre­mio Nobel (definen­do il riconosci­men­to a Liu Xiaobo un’“oscenità”), mes­so agli arresti domi­cil­iari la moglie Liu Xia e tut­ti i mem­bri del­la sua famiglia. In questo sta­to di iso­la­men­to i mass-media stranieri sono sta­ti pri­vati di ogni infor­mazione su Liu Xiaobo, una delle men­ti più lucide del­la Cina.
Il fanatismo comu­nista cinese, che è una cate­nar­ia di fal­si asso­lu­ti, una suc­ces­sione di angherie innalzate a pretesti e gius­ti­fi­cazioni dell’ordine imper­ante, non è rius­ci­to però ad impedire che l’opera fotografia di Liu Xia abbia divel­to con­fi­ni e bar­riere e mostra­to che l’intolleranza è respon­s­abile di tut­ti i cri­m­i­ni impuni­ti (fino ad ora) di una mino­ran­za al potere… sot­to ogni diret­ti­va del comi­ta­to cen­trale cinese giace un cada­v­ere che ha lot­ta­to per la lib­ertà. Quan­do ci si rifi­u­ta di riconoscere i dirit­ti fon­da­men­tali dell’umanità, scorre il sangue. Non è facile dis­trug­gere gli idoli e quan­do qual­cuno dice di par­lare a nome del popo­lo è sem­pre un impo­s­tore o un boia. La lib­er­azione arri­va quan­do gli uomi­ni e le donne rifi­u­tano di dare al potere ciò che di soli­to gli viene con­ces­so per far­lo esistere.

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L’abolizione del­la tiran­nia pas­sa dal­la rot­tura del potere col sacro e dall’utopia conc­re­ta che nel­la ricer­ca del­la dig­nità, del­la ver­ità e dell’amore tra le gen­ti vede la mag­gior felic­ità per il mag­gior numero. “Nes­suno edu­ca nes­suno. Nes­suno si edu­ca da solo. Le per­sone si edu­cano nel dial­o­go e nel cam­mi­no del­la lib­ertà” (Paulo Freire) (20). L’obbe­dien­za non mai sta­ta una virtù. La soci­età dis­eguale è un fal­li­men­to piani­fi­ca­to e la sua reces­sione inevitabile… la mal­va­gia dis­tribuzione del­la ric­chez­za non ha scam­po e le cam­pagne elet­torali sono farse nem­meno inter­pre­tate bene… i gov­er­nan­ti sono sem­pre più sfi­dati dalle richi­este popo­lari di mutuo appog­gio e parte­ci­pazione demo­c­ra­t­i­ca alla cosa pub­bli­ca, non han­no mai com­pre­so che con­di­vi­sione e fra­ter­nità s’imparano facen­dole. Quan­do a sognare è un uomo soltan­to, res­ta solo un sog­no, ma quan­do il suo sog­no si tras­col­o­ra nel sog­no di tan­ti diven­ta sto­ria.

III. Sul­la fotografia dei dirit­ti umani

La fotografia dei dirit­ti umani o dell’esistenza di Liu Xia (Pechi­no 1959) com­in­cia con il riconosci­men­to del­la ragione di fronte alla realtà feri­ta a morte… opera uno spae­sa­men­to esteti­co ed eti­co dell’immagine fotografi­ca e resti­tu­isce la percezione del­la dig­nità dove è sta­ta schi­ac­cia­ta… il dirit­to alla dig­nità è invi­o­la­bile, non è negozi­a­bile, non ha prez­zo, su di essa lo Sta­to non ha nes­sun potere (se non quel­lo di reprimer­la). Resti­tuire dig­nità indi­vid­uale e sociale agli umili e agli oppres­si vuol dire “riconoscer­la anche al peg­giore dei carn­efi­ci, al più effer­a­to degli aguzzi­ni è la migliore rispos­ta pos­si­bile alla log­i­ca dell’odio, del­lo ster­minio, del geno­cidio, trac­cia un sol­co inval­i­ca­bile fra la cul­tura del­la vita e il dominio del­la morte” (Moni Ova­dia) (21). È la dig­nità dei perse­gui­tati che scon­fig­gerà ogni man­i­fes­tazione di vio­len­za e get­terà le lingue del­la tiran­nia, del priv­i­le­gio, del­la bru­tal­ità, dell’arroganza nel­la pol­vere del­la sto­ria. Il movi­men­to dei dirit­ti civili non ha cer­to real­iz­za­to il sog­no di Mar­tin Luther King (22), ma prodot­to pro­fon­di cam­bi­a­men­ti nel­la coscien­za delle per­sone, a com­in­cia­re dai poveri… le azioni di dis­obbe­dien­za civile che ne sono segui­te alla fine sono rius­cite ad abbat­tere dif­fi­den­ze, bar­riere, dis­crim­i­nazioni e a pro­durre mag­giori lib­ertà. Quan­do i gov­erni com­in­ciano a perdere il con­sen­so, vuol dire che le proteste sono state effi­caci.
Ogni immag­ine pre­sa alla sto­ria del­la vio­len­za (come quelle di Liu Xia ) cor­risponde a un tipo di felic­ità da con­quistare… i fotografi del­la lib­ertà sono tes­ti­moni o poeti che ci inseg­nano a riflet­tere, a non dimen­ti­care… ci nutrono con le loro immag­i­ni gra­zie alle quali pos­si­amo vedere di che mate­ria sono fat­ti i nos­tri sog­ni… la coscien­za e la conoscen­za di questi cor­sari del­la fotografia del vero e del bel­lo dis­er­tano tutte le dis­ci­pline dei lin­guag­gi fig­u­ra­tivi, spalan­cano le gab­bie del­la realtà con­dizion­a­ta affinché l’umanità non rin­un­ci all’innocenza del divenire. La fotografia dei dirit­ti umani fior­isce in affran­ca­men­to ai riv­ol­gi­men­ti e ai muta­men­ti sociali che sfug­gono al con­trol­lo delle clas­si priv­i­le­giate… com­bat­te le strut­ture del dominio, del sapere e del­la tec­ni­ca e deplo­ra il cat­ti­vo uso del­la polit­i­ca come museruo­la a una vita dig­ni­tosa… ogni potere è per sua natu­ra can­ni­bale e la civiltà che ha fonda­to è una con­giu­ra ordi­ta dai poten­ti per per­pet­u­are le loro vio­len­ze e pro­teggere le loro rap­ine… la fine dell’ineguaglianza è la spin­ta che muove le gio­vani gen­er­azioni alla lot­ta per la lib­ertà non avrà mai tregua sino a quan­do gli uomi­ni tut­ti non godran­no del­la medes­i­ma lib­ertà… prin­ci­pio e fine di ogni filosofia/politica è la lib­ertà.

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Liu Xia è fotografa, poet­es­sa, pit­trice… ha lavo­ra­to pres­so l’ufficio delle tasse a Pechi­no… attivista dei dirit­ti civili e inter­prete indocile del­la sce­na cul­tur­ale cinese… nel 1980 conosce Liu Xiaobo e lo sposa pri­ma che lo des­ti­nano in un cam­po di ried­u­cazione, colpev­ole di “attiv­ità sovver­sive con­tro lo Sta­to”. La forza silen­ziosa (23), dirompente, cre­ati­va di Liu Xia svet­ta in una rac­col­ta di 25 fotografie in bian­co e nero fat­te tra il 1996 e il 1999, men­tre il mar­i­to era (anco­ra una vol­ta) in deten­zione. La mostra delle opere fotogra­fiche di Liu Xia è sta­ta espos­ta negli Sta­ti Uni­ti, pres­so l’Accademia Ital­iana di Stu­di Avan­za­ti alla Colum­bia Uni­ver­si­ty… a cura di Guy Sor­man, francese, sosten­i­tore dei dirit­ti umani, ami­co di Liu Xia e Liu Xiaobo (a lui si deve l’uscita “clan­des­ti­na” delle immag­i­ni “proib­ite” di Liu Xia dal­la Cina). La sig­no­ra Liu con­tin­ua la sua battaglia in maniera defi­la­ta, soli­taria, disc­re­ta… le sue fotografie rac­con­tano con grazia il dolore di un uomo e di un popo­lo e nel con­tem­po accu­sano la cas­ta del potere comu­nista in Cina (24). In occa­sione del Nobel per la pace al dis­si­dente cinese, rilas­cia al New York Time ques­ta dichiarazione: “Per tut­ti questi anni, Liu Xiaobo ha per­se­ver­a­to nel dire la ver­ità sul­la Cina e per questo, per la quar­ta vol­ta, ha per­so la sua lib­ertà per­son­ale” (25). Non c’è nes­suna dig­nità là dove si dis­trugge la dig­nità dell’altro.
L’abbiamo scrit­to altrove e lo con­fer­mi­amo qui: La bellez­za del­la fotografia coin­cide con la ver­ità… il mis­tero del­la bellez­za, in fotografia o in ogni altra for­ma d’arte è nel dis­im­para­re a morire nel­la soci­età del­lo spet­ta­co­lo o nei regi­mi comu­nisti… sapere che quan­to viene fat­to pas­sare dal­la schizofre­nia dei media (che sono sem­pre in mano ai palafre­nieri del­la polit­i­ca) è men­zogna o parzial­ità dell’informazione (cul­tura addo­mes­ti­ca­ta) che ripro­duce il vol­ere del potere in car­i­ca… la fotografia, anche, e da sem­pre, è una scat­o­la delle illu­sioni che con­tiene i generi che le cor­rispon­dono (foto­gior­nal­is­mo d’accatto, ero­tismo da super­me­r­ca­to, sim­bolis­mo razz­ista…) e non vale un goc­cia di sangue ver­sato dall’uomo che chiede il rispet­to di sé… la fotografia aut­en­ti­ca accende la luce sul­la dit­tatu­ra dei bisog­ni, sen­za mai speg­nere il fuo­co del­la dis­obbe­dien­za… acuisce le con­trad­dizioni del sacro e rende pub­bli­co l’oltraggio dei media (delle preghiere o dei fucili) affastel­la­to con­tro gli ulti­mi, chi non si può difend­ere… fotogra­fare sig­nifi­ca ren­dere vera la pro­pria vita, quan­do invece nul­la è dato e tut­to res­ta da costru­ire. Chi è pro­fana­tore di bellez­za, odia la vita (26). L’unico tri­bunale (che riconos­ci­amo) è il sor­riso di un bam­bi­no e il sor­riso di un bam­bi­no non si può com­prare.
L’immaginario fotografi­co di Liu Xia si accor­da alla filosofia dell’esistenza lib­er­a­ta dalle cam­i­cie di forza dell’ideologia e dai deliri di onnipoten­za del total­i­taris­mo… è uno spazio, una pre­sen­za, una metafisi­ca poet­i­ca tesa a sal­va­guardare la dig­nità e la lib­ertà dell’uomo. A leg­gere le sue immag­i­ni con atten­zione si col­go­no le abra­sioni che la fotografa affab­u­la con­tro l’ingiustizia e la bar­barie… le metafore acute, gli accosta­men­ti meton­imi­ci, gli espe­di­en­ti visivi (arne­si abit­u­ali dei sur­re­al­isti e dei situ­azion­isti) esp­ri­mono com­por­ta­men­ti, tor­ture, vio­lazioni dei cor­pi e “can­tano” una con­tro-sto­ria dei cul­ti, dei rit­u­ali, dei con­fes­sion­ali legati alla tragic­ità del­la realtà cinese. La fotografa usa con intel­li­gen­za alle­gor­i­ca bam­bolot­ti che gri­dano, pic­chiati, abban­do­nati tra muc­chi di sedie di paglia, legati su una poltrona davan­ti a un libro aper­to, impedi­ti di gio­care, avvolti fino a sof­fo­care nel­la plas­ti­ca, stri­to­lati, dev­as­ta­ti, mas­sacrati da pug­ni inde­cen­ti o accolti da mani amiche… la crit­i­ca rad­i­cale al potere è diret­ta, car­i­ca di sdeg­no, impla­ca­bile… i bas­to­na­tori dell’ordine non si vedono, si mostra­no però le effer­atezze, le vio­len­ze, gli orrori delle loro ges­ta e l’inveramento sprez­zante del loro trat­ta­men­to, che lo com­bat­tono, che lo negano… i fanati­ci dell’improbabile sono derisi e questo fare-fotografia “sur­reale”, tut­to ciò che chiede è di affret­tarne la fine.

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La fotografia dei dirit­ti umani di Liu Xia si oppone alla pro­duzione del­la felic­ità gen­er­al­iz­za­ta… si affran­ca con uomi­ni, donne cosci­en­ti dei loro desideri di bellez­za e di gius­tizia… rifugge il mon­do per­cepi­to come rap­p­re­sen­tazione del­la ver­ità uni­ca e fa del­la sogget­tiv­ità, dei sen­ti­men­ti, dei piac­eri una visione cos­mi­ca immag­i­na­ta e immag­i­nar­ia… il fas­ci­no poet­i­co delle immag­i­ni così prese o costru­ite è col­le­ga­to a uni­ver­si nuovi che agis­cono nel pro­fon­do con il fotografo che li fab­bri­ca. L’immaginale dei dirit­ti umani è una foto­scrit­tura per­vasa dal­la dol­cez­za e ci inseg­na a non dimen­ti­care nul­la dei nos­tri ter­rori… figu­ra una metafisi­ca delle oppo­sizioni, anche le più estreme, e il potere nul­la può con­tro le spinte del­la dis­obbe­dien­za mon­tante che sfug­gono alla steril­ità di un uni­ver­so politi­co chiu­so, inca­pace di capire (sen­za nem­meno un’oncia di stile) il fiorire dei geni che han­no sem­i­na­to i ger­mi del­la lib­ertà ovunque, e non sapere mai che alla fior­it­u­ra dei dirit­ti umani segue il crol­lo degli imperi.
La costruzione di situ­azioni fotogra­fiche di Liu Xia dele­git­ti­ma lo sta­to di fat­to di un regime sprez­zante, san­guinario, bar­baro… a suo modo lo ridi­col­iz­za e lo rende frag­ile delle pro­prie pau­re, lo accusa di delit­ti som­mari e lo rende ignudo a quan­ti cre­dono nel­la resisten­za sociale. Nell’opera fotografi­ca del­la Liu Xia ci sono immag­i­ni di uno splen­dore cre­ati­vo che van­no a toc­care la coscien­za dei con­tem­po­ranei e dicono che i gov­erni pas­sano ma le loro dev­as­tazioni restano a memo­ria dei popoli che faran­no del­la cul­tura del­la bellez­za anche la fine del­la polit­i­ca del­la pros­trazione.
Entri­amo a “gat­to sel­vag­gio” o a “volo d’aquila” nelle fotografie di Liu Xia. La let­tura delle immag­i­ni è forte­mente par­ti­giana, sta con una parte, quel­la degli ulti­mi, degli esclusi, di chi non ha voce né volto, forse è perfi­no così lib­er­taria che ci vede anche quel­lo che non c’è… tut­tavia la riven­dichi­amo come ricer­ca del­la conoscen­za, lib­ertà, democrazia parte­ci­pa­ta e dirit­ti dell’uomo. È una crit­i­ca rad­i­cale di ogni autori­taris­mo e quan­do si uccide in nome di un dio, uno sta­to o un mer­ca­to mala­to di denaro, si leva il pug­nale, o forse bas­ta uno sputo. Il male è inutile, il bene no! Chi erige muraglie e incener­isce i lib­ri nelle fiamme di un rogo, in entram­bi i casi finisce per bru­cia­re nel medes­i­mo incen­dio (27).
Uno. Un bam­bolot­to viene pic­chi­a­to da un manichi­no con la tes­ta di lam­pad­i­na, difende una bam­boli­na impau­ri­ta (a ridos­so di un muro scuro, di una cel­la, forse), il suo gri­do però non è di soggezione sem­mai di riv­ol­ta. La fotografa mette a fuo­co con esat­tez­za il cuore dell’esecuzione e ciò che esce dall’immagine non è il sen­so tragic­ità ma il gesto di bellez­za di chi por­ta in sé la gius­tizia del mon­do. La bellez­za del resto non è che la for­ma vis­i­bile del­la gius­tizia, dice­va. Le dot­trine muoiono a causa dei loro ecces­si o delle loro con­so­lazioni… l’intolleranza, la bru­tal­ità, il dis­po­tismo sono le armi dei pau­rosi, dei mino­rati men­tali, degli imbon­i­tori che ven­gono a pat­ti con il male che li cor­rode e solo ciò che li lusin­ga li rende for­ti… poiché la vita aut­en­ti­ca è fuori da ogni idol­a­tria e agli insor­ti del deside­rio di vivere tra liberi e uguali il pudore di morire non man­ca, sono des­ti­nati all’ossario del sub­lime.
Due. Una serie di bam­bo­line denudate sono accar­toc­ciate tra fili spinati… riman­dano all’impietosità dei campi di ster­minio nazisti… ridestano dolori pas­sati e infamie mai dimen­ti­cate… van­no a colpire i cat­a­sti dell’indifferenza e inseg­nare i val­ori del gius­to… il gius­to è il nobile, il bel­lo e il vero insieme… è la denun­cia dell’idiozia e del­la vio­len­za di Sta­to. Per qua­si tutte le nos­tre lib­ertà siamo deb­itori alle nos­tre irri­tazioni, all’esacerbarsi del­la nos­tre inqui­etu­di­ni, a pren­dere coscien­za dei nos­tri sup­plizi e, ad ogni cos­to, impedire di vivere e morire in pace a col­oro che insan­guinano i dirit­ti dell’uomo. Deg­no del nos­tro inter­esse è soltan­to chi non ha alcun riguar­do per il potere che lo reprime, ma per il dis­prez­zo che por­ta alla sec­o­lar­iz­zazione delle lacrime. L’infelicità non è un des­ti­no… essere degli incur­abili che protes­tano sig­nifi­ca affran­car­si ai val­ori di pace dell’uomo e con­trastare — con tut­ti i mezzi nec­es­sari — la mist­i­ca del potere.

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Tre. Uno grup­po di bamboline/donne sen­za volto, cop­erte dal­la tes­ta ai pie­di da pezzi di stof­fa scu­ra, su fon­do nero, antic­i­pano di non poco le riv­olte arabe… le fac­ce bianche sono inde­cifra­bili, apparten­gono a tutte le donne ves­sate del­la ter­ra e sem­bra­no avan­zare ver­so il bel­lo, il vero, il buono, il gius­to del­la loro bel­lig­er­ante intel­li­gen­za. Inseg­nano a far buon uso dell’indignazione e ad incam­mi­nar­si ver­so la nasci­ta di una nuo­va civiltà. La riv­o­luzione delle donne è una lezione di uman­ità, per­ché chi ama sen­za esam­inare l’amore agisce in forza delle pas­sioni e delle ere­sie che si por­ta nel cuore. C’è un cia­r­la­tano in ogni san­to, un crim­i­nale in ogni eroe, un imbe­cille in ogni mil­itare che pen­sa che il rispet­to dell’altro sta sul­la pun­ta del fucile (a memo­ria Mao Tse-tung). Quan­do le donne si sono prese la loro parte di piom­bo sulle bar­ri­cate del­la Comune di Pari­gi (e di quelle a venire), han­no pre­fig­u­ra­to gli uomi­ni come rat­ti affamati di potere su cumuli di spaz­zatu­ra. La gius­tizia esiste e si affer­ma soltan­to gra­zie alla scon­fit­ta del brut­to come prat­i­ca dell’ingiusto… l’onestà è il pane spez­za­to con tut­ti e, più anco­ra, è il rinasci­men­to di una civiltà dell’amore.
Quat­tro. L’immagine dell’innocenza vio­la­ta è quel­la di un pic­co­lo bam­bolot­to vesti­to di bian­co, chiu­so in una specie di sfera di vetro e cer­chi di met­al­lo, non so… lo sfon­do è nero… il bam­bolot­to sem­bra arreso, vin­to, scon­fit­to da una forza sovras­tante… i pie­di­ni dis­tor­ti sono appic­ci­cati al vetro, cer­cano forse uno spazio vitale che non c’è… l’infanzia del pen­siero viene recisa e i mas­sacra­tori (che emer­gono nel­la loro assen­za) sono gli aguzzi­ni di una lun­ga ago­nia… i rantoli del bambolotto/bambino pre­ce­dono i nos­tri e l’avvicinamento alla fero­cia degli assas­si­ni toc­ca i furori delle nos­tre coscien­ze pulite. Le lacrime dei bam­bi­ni (il bam­bolot­to sem­bra qua­si pian­gere) sono più leg­gere delle ali degli angeli, ma pos­sono diventare pietre nelle ani­me belle che cre­dono nel­la gius­tizia come esat­ta misura del bene comune.
Cinque. Una bam­boli­na incar­ta­ta in una sor­ta di kimono e una fas­cia sul­la fronte semi­cop­er­ta dai capel­li (in un ango­lo buio) è di fronte ad una fila di lib­ri… le brac­cia sono allargate, lo sguar­do incli­na­to ver­so i lib­ri è per­p­lesso, incred­u­lo… le allu­sioni alla cul­tura cinese come pos­si­bil­ità di usci­ta da un regime oppres­si­vo sono dirette, cre­do… è un riman­do alla memo­ria dei padri e alla loro ered­ità come rispos­ta alla bru­tal­ità dei dem­a­goghi e dei pre­po­ten­ti… ogni potere intossi­ca di ottimis­mo e incul­ca ai sud­di­ti la fede in un sis­tema — ide­o­logi­co o mer­can­tile fa lo stes­so — che lo sbri­ci­o­la nel­la gen­u­f­les­sione… le collere degli ulti­mi non han­no anco­ra debut­ta­to sul teatro del­la vita aut­en­ti­ca e quan­do lo faran­no infranger­an­no le sta­tu­ine di ter­ra­cot­ta degli dèi, una vol­ta per tutte… il con­sen­so è una virtù da schi­avi, la riv­ol­ta del­la bellez­za una sper­an­za da uomi­ni liberi.

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Sei. Un bam­bolot­to gri­da dal­la scaf­falatu­ra di una bib­liote­ca che sbor­da dal nero (sfo­ca­ta)… ha le brac­cia un po’ abbas­sate e lo sguar­do riv­olto con­tro le tene­bre… figu­ra la gius­ta collera che infi­amma il vuo­to degli esclusi, forse… è una feri­ta aper­ta del cor­po che non accetta ritor­sioni e reclu­sioni ma all­e­va il risen­ti­men­to e la riparazione dei tor­ti… indi­ca la fine delle ubri­a­ca­ture del potere del­la men­zogna e fa del marci­toio delle certezze il casel­lario del­la demen­za in divisa… non c’è via di usci­ta finché l’intelletto res­ta prono all’ordine cos­ti­tu­ito… gli idi­oti da para­ta dan­zano sui loro resti e i saltim­banchi delle tri­bune evo­cano i pro­fili mal­va­gi delle loro medaglie al mer­i­to… s’illudono di essere immor­tali sen­za accorg­er­si mai l’approssimarsi del­la loro nec­es­saria cadu­ta. Di fronte all’ingiustizia impuni­ta ogni frat­tura è sovrana… e il gius­to è resti­tuire il “dovu­to” a quan­ti han­no sot­trat­to la gioia di vivere.
Sette. Un bam­bolot­to bian­co è den­tro una gab­bia, lo sfon­do è nero. Le brac­cia cer­cano di strin­gere le sbarre… si ha la sen­sazione di una sof­feren­za sen­za via di usci­ta ma, al con­tem­po, s’intuisce la ten­tazione di rompere quelle sbarre… l’anticipazione di una lib­ertà che si oppone alla rasseg­nazione… ci sono momen­ti nel­la sto­ria in cui la resisten­za, l’azione o la riv­ol­ta ven­gono vis­su­ti come esi­gen­ze morali, etiche, esisten­ziali e le per­sone che si ribel­lano alle impo­sizioni che li ten­gono a guin­za­glio si ergono a favore di una soci­età lib­era e gius­ta per tut­ti gli uomi­ni… poiché la loro utopia tra­boc­ca di vita vera, non ha altari né regi­mi da ado­rare, sem­mai da com­bat­tere… gli uomi­ni, le donne sono sta­ti pro­tag­o­nisti del­la pro­pria eman­ci­pazione quan­do si sono liberati dal­la dis­solutez­za del potere e dal ghig­no di chi lo detiene. Di tut­to quan­to sul­la ter­ra è ter­ri­bile si può farne a meno e nes­suno più conosce la felic­ità dei padri se non parte­ci­pa alla cadu­ta del male.
Otto. Alcu­ni bam­bolot­ti bianchi sono get­tati su un piano scuro, lo sfon­do è nero… ricor­dano non poco le fos­se comu­ni del par­ti­giani… provi­amo le stesse emozioni, il soli­to sdeg­no mesco­la­to alla rab­bia per tan­ta bes­tial­ità… la luce che proviene dall’alto l’illumina ten­era­mente, qua­si a sfio­rali… quei pro­ces­si som­mari evi­den­ziano che una cas­ta di saprof­i­ti, una rap­p­re­sen­tan­za polit­i­ca, un’orda di crim­i­nali è intrec­cia­ta in un sis­tema di relazioni eco­nomiche di scam­bio tra poteri pub­bli­ci e inter­es­si pri­vati… e in nome del mer­ca­to i gov­erni dell’apparenza tac­ciono… fas­cis­mo non è dire ma impedire di dire. “La saggez­za è l’ultima patria di una civiltà che si speg­ne” (E.M. Cio­ran) (28) e la bru­tal­ità l’ultimo rifu­gio delle carogne… la ten­tazione di esistere si affer­ma gra­zie ad atti di lib­er­azione. La dis­truzione dei sim­u­lacri por­ta con sé quel­la dei pregiudizi.
Nove. Una bam­boli­na vesti­ta di bian­co è sull’orlo del tet­to di una capan­na di leg­no (che non si vede)… la bam­boli­na è roves­ci­a­ta con­tro il cielo gri­gio, taglia­to da nuv­ole bianche, una man­i­na pare vol­er­lo acchi­ap­pare… la tes­ta è river­sa nell’abisso o, meglio, in direzione dei suoi per­se­cu­tori… la boc­ca è sgrana­ta, gri­da nel vuo­to… il pre­cip­izio l’attende, ma non c’è solo pau­ra in ques­ta immag­ine, c’è anche l’inversione di un des­ti­no mil­lenario spez­za­to, di un’eredità mai volu­ta, di una dis­si­pazione del­la bellez­za mai accetta­ta… lo splen­dore del vero annun­cia il val­ore dell’offeso e il suo cor­po si fa cielo e ter­ra, spir­i­to e carne, lacrime e sangue… più di ogni cosa è un’annunciazione laica che fa dell’arte del dis­prez­zo la deser­ti­fi­cazione dell’incoscienza dei dom­i­na­tori: “La conoscen­za del dolore si trasfor­ma in conoscen­za attra­ver­so il dolore” (Michel Onfray) (29) e denu­da la fatal­ità del­la tiran­nide. Il pudore del­la lib­ertà muore con l’innocenza bru­tal­iz­za­ta dal­la sto­ria. I cadav­eri del­la ver­ità si nascon­dono nei par­la­men­ti, nelle bib­bie o nelle mer­ci, solo gli uomi­ni e le donne dell’interrogazione che, per un ecces­so di vital­ità, sapran­no decostru­ire l’ordine del­la vio­len­za ed ele­var­si ver­so quel­la bellez­za che la lib­ertà esige, sapran­no trovare le risposte adeguate alla loro ever­sione non sospet­ta. Quan­do è vis­su­ta sul sangue dei giorni, la vita acquista un’eccezionale car­i­ca di ver­ità.

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Dieci. Un bam­bolot­to è pos­to tra due maschere cine­si grigie e due file di pen­tole roves­ci­ate… ha un vestiti­no puli­to, i pie­di nudi… gri­da ver­so sin­is­tra, la brac­cia sono aperte, accogli­en­ti, qua­si un abbrac­cio riv­olto a quan­ti han­no subito solo cat­tiver­ie… ques­ta immag­ine con­tiene, cre­do, il ful­cro dell’indignazione del­la fotografa… è un ritrat­to di dolore, cer­to, ma non di scon­fit­ta, il dis­tur­bo visi­vo è forte, sur­reale, anche… qual­cosa di anti­co, di mod­er­no e di materi­co s’intreccia e una sor­ta di pic­co­lo Cristo inchioda­to nell’anima in volo, stret­to da due pen­tole sul tap­peto… è con­nat­u­ra­to col deside­rio, per niente sim­bol­i­co, di las­cia­re a quel­li che s’incontreranno sul­la sua stra­da in lib­ertà, un diver­so modo di abitare il mon­do. Ide­olo­gie, polizie, chiese sono all’origine dell’orrore che si nutre del con­sen­so gen­erale… ma la forza del­la lib­ertà è con­ta­giosa e mostra che il divenire del­la bellez­za, del­la fratel­lan­za e del­la sol­i­da­ri­età sorge impetu­osa alle per­iferie del­la ter­ra.
Undi­ci. L’immagine di una bambolina/donna cop­er­ta da un pan­no gri­gio su fon­do nero (come in un sudario), è scon­vol­gente, di una bellez­za sen­za tem­po… con­tiene il riscat­to delle donne del­la ter­ra e nel­la sua regale immo­bil­ità resp­inge ogni pietà o incom­pren­sione… ci fa capire che la nos­tra epoca ha for­gia­to la pro­pria dis­per­azione nel­la brut­tez­za e nelle con­vul­sioni… “noi abbi­amo esil­ia­to la bellez­za… i Gre­ci per essa han­no pre­so le armi… La bellez­za, sen­za dub­bio, non fa le riv­o­luzioni. Ma viene un giorno in cui le riv­o­luzioni han­no bisog­no di lei” (Albert Camus) (30). L’icona del­la Liu Xia è una metafo­ra di resisten­za sociale che riget­ta l’obbligo di sot­tomis­sione al “dirit­to” delle armi… il gesto, la pos­tu­ra, lo sguar­do cela­to dietro la tela… è una sfi­da all’autorità cos­ti­tui­ta e la rifi­u­ta, diven­ta por­ta­trice di un altro dirit­to, quel­lo di vivere una vita più gius­ta e più umana. “Se i popoli si accorgessero del loro bisog­no di bellez­za, ci sarebbe riv­o­luzione nelle strade” (James Hill­man) (31). Tut­to vero. La polit­i­ca del­la bellez­za che fuori­esce da ques­ta immag­ine austera (qua­si sacrale) con­trasta la brut­tura dei poteri e las­cia emerg­ere il dis­a­gio che abi­ta il val­ore degli insor­ti. Tremare di pau­ra è facile, ma saper dirigere il pro­prio trem­i­to con­tro il ter­rore dei poten­ti è un’arte di gioire, da qui derivano tutte le riv­o­luzioni del­la bellez­za.
Dod­i­ci. Il ritrat­to di Liu Xiaobo è un cap­ola­voro d’intensità poet­i­ca, ever­si­va. Il mar­i­to del­la fotografa è fig­u­ra­to con­tro il cielo bian­co, appog­gia­to alla sin­is­tra del fotogram­ma… su una spal­la tiene il soli­to bam­bolot­to che gri­da (ver­so sin­is­tra) e l’uomo tiene altero con una mano (sin­is­tra)… l’orologio sem­bra indi­care la fine di un tem­po mor­to e annun­cia­re l’inizio di un tem­po del dis­in­can­to che annun­cia il dirit­to alla lib­ertà… Liu Xiaobo guar­da al futuro, sicuro di sé, qua­si sprez­zante, sem­bra dire che un potere muore quan­do non tollera le ver­ità che denun­ciano il suo fal­li­men­to. La magia poet­i­ca di ques­ta fotografia del­la Liu Xia rias­sume in sé le defor­mità e gioghi di un potere alla deri­va… è un’esortazione alla riconoscen­za di un genio che provo­ca­to emor­ragie di bellez­za e dis­si­di incal­co­la­bili… che ha sfida­to l’impossibile per ren­der­lo pos­si­bile, che ha demoli­to l’ineluttabile e la sua mis­e­ria, che ha dis­conosci­u­to inni e bandiere che si torce­vano sot­to un potere mai sazio di isterie… nes­suna vita umana ha più val­ore quan­do non c’è più dig­nità morale/etica tra le per­sone e l’uso del­la lib­ertà e il dirit­to di usar­la per il bene comune è supe­ri­ore al bene indi­vid­uale e a quel­lo di una nazione… nes­sun potere, in nes­sun modo, può decidere del­la vita di una per­sona e i fon­da­men­ti di gius­tizia e lib­ertà sono il mer­av­iglioso di una soci­età eguale e gius­ta. Il genio com­in­cia sem­pre col dolore.

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La fotografia dei dirit­ti umani o del risveg­lio di Liu Xia si affran­ca ai bisog­ni di lib­ertà del più gran numero… dice che non può esser­ci soci­età gius­ta sen­za per­sone che godono del­la lib­ertà di pen­siero, di opin­ione, di fare ciò che cre­dono sia gius­to fare… la coscien­za del dovu­to si disp­ie­ga ovunque si reprime il dirit­to alla fra­ter­nità, all’accoglienza, alla con­di­vi­sione e la ver­ità diven­ta il grimaldel­lo ever­si­vo di espe­rien­ze com­parte­ci­pate che por­tano sul­la sce­na del­la sto­ria le utopie lib­er­tarie di infanzie inter­minabili… inter­rog­a­re il potere dei suoi mis­fat­ti e resti­tuir­lo all’oblìo vuol dire chiedere ragione e can­cel­lare le soz­zure sulle quali si pog­gia, rin­no­vare l’insieme di fratel­lanze e sol­i­da­ri­età con­tro i tra­di­tori e i mas­sacra­tori di sper­anze… le con­sor­terie, i famil­is­mi, la crim­i­nal­ità orga­niz­za­ta dei gov­erni despoti (o delle democra­zie autori­tarie) esp­ri­mono una cul­tura dell’espropriazione e van­no abbat­tuti.

Il risveg­lio delle coscien­ze è un richi­amo alla vita aut­en­ti­ca e la sola occa­sione per met­tere fine al mis­cuglio inde­cente di ter­rori, banal­ità, costrizioni che i poteri for­ti architet­tano con­tro i popoli impov­er­i­ti e repres­si. “In qua­si tut­to il mon­do la dis­ug­uaglian­za sta aumen­tan­do, e ciò sig­nifi­ca che i ric­chi, e soprat­tut­to i molto ric­chi, diven­tano più ric­chi, men­tre i poveri, e soprat­tut­to i molto poveri, diven­tano più poveri. Ques­ta è la con­seguen­za ulti­ma dell’aver sos­ti­tu­ito la com­pe­tizione e la rival­ità alla coop­er­azione amichev­ole, alla con­di­vi­sione, alla fidu­cia, al rispet­to. Ma non c’è van­tag­gio nell’avidità. Nes­sun van­tag­gio per nes­suno. Eppure abbi­amo cre­du­to che l’arricchimento di pochi fos­se la via maes­tra per il benessere di tut­ti” (Zyg­munt Bau­man) (32). Tutte le volte che i poten­tati han­no insin­u­a­to nel­la vita degli uomi­ni i loro pre­cetti di domes­ti­cazione sociale è sta­to per sfruttare lo smar­ri­men­to degli esclusi e far­li pre­cip­itare nel­la rov­ina. Gli indesider­abili del­la ter­ra sono alle porte dei palazzi e dicono che l’uomo non è sta­to capace soltan­to di inventare i campi di ster­minio, la bom­ba atom­i­ca, la cat­a­strofe del piane­ta o il ter­ror­is­mo del­la Bor­sa, ma anche di inventare le rose (33).
I “val­ori” dei tiran­ni devono crol­lare di fronte al pri­ma­to del­la coscien­za e dei dirit­ti del­la per­sona. La lib­ertà polit­i­ca è la spin­ta ver­so l’uguaglianza (34). Gli uomi­ni non pos­sono essere uguali né liberi se sono espro­priati del­la loro lib­ertà. La lib­ertà non si con­cede, ci si prende. Si trat­ta di non dom­inare né vol­er essere dom­i­nati. Non c’è lib­ertà né gius­tizia a pieno tito­lo dove anche a un solo uomo è sot­trat­ta la lib­era creazione del­la pro­pria per­son­al­ità. Il riconosci­men­to del­la per­sona, del­la sua uman­ità, dig­nità sociale non può essere ingan­nev­ole, ma sovra­no… i fal­si val­ori del­la tiran­nide divo­ra­no e prosci­ugano i dirit­ti dell’uomo ma non pos­sono impedire il legit­ti­mo muta­men­to che l’ondata delle dis­ug­uaglianze por­ta fino alla loro estinzione. Il dirit­to di avere dirit­ti è un appel­lo alla ter­ra e a tut­ti gli uomi­ni, le donne che con­tin­u­ano a lottare per la con­quista di una dimen­sione dell’umano che si accor­da con i dirit­ti di bellez­za, gius­tizia e lib­ertà, apre il cam­mi­no del­la sper­an­za del vivere bene, del vivere insieme e del vivere gius­to in una una civiltà del rispet­to e di pace.

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1 Questo testo è sta­to scrit­to per il Fes­ti­val del cin­e­ma dei dirit­ti umani, Napoli 5/13 dicem­bre 2013. In occa­sione del­la nos­tra pre­sen­tazione del­la mostra di fotografie di Liu Xia, La forza silen­ziosa, e pub­bli­ca­to in Fotographia, novem­bre 2013, per gen­tile e cor­ag­giosa ospi­tal­ità del diret­tore, Mau­r­izio Rebuzzi­ni. Le fotografie del­la Liu Xia era­no state fat­te uscire clan­des­ti­na­mente dal­la Cina… e per la pri­ma vol­ta viste in Italia… il sag­gio non ha vin­coli di Copy­right, chi­unque lo può usare, sac­cheg­gia­re, tradurre in qual­si­asi lin­gua, lib­era­mente.
2 Gus­ta­vo Gutier­rez, Teolo­gia del­la lib­er­azione, Queriniana,1972
3 Guy Debord, La soci­età del­lo spet­ta­co­lo, Val­lec­chi, 1979
4 Han­nah Arendt, La dis­obbe­dien­za civile e altri sag­gi, Giuf­frè Edi­tore, 1985
5 Pier Pao­lo Pasoli­ni, citazione a memo­ria
6 Don Andrea Gal­lo, Così in ter­ra, come in cielo, Mon­dadori, 2010
7 Ste­fano Rodotà, Il dirit­to di avere dirit­ti, Lat­erza, 2012
8 Karl Marx, Friedrich Engels, Man­i­festo del par­ti­to comu­nista, Ein­au­di, 2005
9 Alex­is de Toc­queville, Ricor­di, Edi­tori Riu­ni­ti, 1991
10 Pierre Joseph Proud­hon, Che cos’è la pro­pri­età?, Lat­erza, 1978
11 Charles Fouri­er, Teo­ria dei quat­tro movi­men­ti. Il nuo­vo mon­do amoroso, Ein­au­di, 1971
12 Noam Chom­sky, Siamo il 99%, Not­tetem­po, 2012
13 Serge Latouche, Breve trat­ta­to sul­la decresci­ta ser­e­na, Bol­lati Bor­inghieri, 2008
14 Noam Chom­sky, Il gov­er­no del futuro, Tro­pea, 2009
15 La moti­vazione del Pre­mio Nobel: «Durante gli ulti­mi decen­ni la Cina ha fat­to enor­mi pro­gres­si eco­nomi­ci, forse uni­ci al mon­do, e molte per­sone sono state soll­e­vate dal­la povertà. Il Paese ha rag­giun­to un nuo­vo sta­tus che impli­ca mag­giore respon­s­abil­ità nel­la sce­na inter­nazionale, che riguar­da anche i dirit­ti politi­ci. L’articolo 35 del­la Cos­ti­tuzione cinese sta­bilisce che i cit­ta­di­ni godono delle lib­ertà di asso­ci­azione, di assem­blea, di man­i­fes­tazione e di dis­cor­so, ma queste lib­ertà in realtà non ven­gono messe in prat­i­ca». «Per oltre due decen­ni, Liu è sta­to un grande difen­sore dell’applicazione di questi dirit­ti, ha pre­so parte alla protes­ta di Tien­an­men nell’89, è sta­to tra i fir­matari e i cre­atori di Char­ta 08, man­i­festo per la democrazia in Cina. Liu ha costan­te­mente sot­to­lin­eato questi dirit­ti vio­lati dal­la Cina. La cam­pagna per il rispet­to e l’applicazione dei dirit­ti umani fon­da­men­tali è sta­ta por­ta­ta avan­ti da tan­ti cine­si e Liu è diven­ta­to il sim­bo­lo prin­ci­pale di ques­ta lot­ta»
16 http://it.wikipedia.org/wiki/Liu_Xiaobo
17 Char­ta 08 deri­va dal doc­u­men­to dei dis­si­den­ti cecoslo­vac­chi Char­ta 77, redat­to da Václav Hav­el, Jan Patoč­ka, Zdeněk Mlynář, Jiří Hájek, Pavel Kohout, descrive­va i fir­matari come “un’as­so­ci­azione lib­era, aper­ta e infor­male di per­sone […] unite dal­la volon­tà di perseguire indi­vid­ual­mente e col­let­ti­va­mente il rispet­to per i dirit­ti umani e civili” in Cecoslo­vac­chia e ovunque nel mon­do. Veni­va sot­to­lin­eato che Char­ta 77 non era un’or­ga­niz­zazione muni­ta di organi per­ma­nen­ti o di uno statu­to, né mira­va a cos­ti­tuire la base per un’at­tiv­ità polit­i­ca di oppo­sizione al regime comu­nista cecoslo­vac­co. Quest’ul­ti­ma affer­mazione era infat­ti nec­es­saria per garan­tire il rispet­to del­la legge vigente in Cecoslo­vac­chia, per la quale era ille­gale l’op­po­sizione orga­niz­za­ta. I fir­matari furono descrit­ti dal gov­er­no comu­nista come “tra­di­tori e rin­negati” o “agen­ti dell’imperialismo”… subirono repres­sioni, ritor­sioni, cac­cia­ta dal lavoro, il rifi­u­to dei figli nelle scuole, la perdi­ta di cit­tad­i­nan­za, l’espulsione e il carcere… la riv­o­luzione di vel­lu­to del 1989 scon­fisse il regime e il potere dei sen­za potere mostrò che la colti­vazione degli spir­i­ti liberi è il cam­mi­no del­la cresci­ta sociale e cul­tur­ale dell’umanità. http://it.wikipedia.org/wiki/Charta_77
18 http://it.wikipedia.org/wiki/Charta_08
19 Oliviero Toscani, Morire­mo ele­gan­ti. Con­ver­sazione con Luca Sol­mi, Alib­er­ti Edi­tore, 2012
20 Paulo Freire, La ped­a­gogia degli oppres­si, EGA-Edi­zioni Grup­po Abele, 2011
21 Moni Ova­dia, Madre dig­nità, Ein­au­di, 2012
22 Mar­tin Luther King Jr., Il sog­no del­la non vio­len­za, Fel­trinel­li, 2008
23 The Silent Strength of Lii Xia, Feb­ru­ary 9 – March 1, 2012, The Ital­ian Acad­e­my 1161 Ams­ter­dam Avenue New York, NY (212) 854‑8942 www.italianacademy.columbia.edu
24 In questi giorni cir­co­la in Rete la notizia che Liu Xia è scom­parsa, depor­ta­ta nelle carceri per “inci­ta­men­to alla sovver­sione”
New York Times, 8 otto­bre 2010, arti­co­lo di Andrew Jacobs e Jonathan Ans­field
25 http://en.wikipedia.org/wiki/Liu_Xia
26 Pino Bertel­li, Fotografia situ­azion­ista del­la riv­ol­ta. Dal ses­san­tot­to alle attuali insur­rezioni nel mon­do arabo, Mime­sis, 2011
27 Nuc­cio Ordine, L’utilità dell’inutile. Man­i­festo, Bom­piani 2013
28 E.M. Cio­ran, Som­mario di decom­po­sizione, Adel­phi, 1996
29 Michel Onfray, L’arte di gioire. Per un mate­ri­al­is­mo edonista, Fazi Edi­tore, 2009
30 Albert Camus, L’uomo in riv­ol­ta, Bom­piani, 1999
31 James Hill­man, La polit­i­ca del­la bellez­za, Morett&Vidali, 2010
32 Zyg­munt Bau­man, “La ric­chez­za di pochi avvan­tag­gia tut­ti” (Fal­so), Lat­erza, 2013
33 Pino Bertel­li, Dell’utopia situ­azion­ista. Elo­gio del­la ribel­lione, Mas­sari Edi­tore, 2007
34 Luciano Can­fo­ra, Man­i­festo del­la lib­ertà, Sel­l­e­rio Edi­tore, 1994

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