Loda Francovich chi ha distrutto il suo capolavoro
CAMPIGLIA 6 agosto 2017 — Ieri è stato ricordato Riccardo Francovich ai piedi della Rocca di San Silvestro che, potremmo dire senza paura di essere retorici, è a tutti gli effetti il suo monumento.
Tanti amici e studiosi, ognuno con il suo stile, hanno voluto portare un tassello per ricostruire almeno parte della figura complessa di uno uomo che tutti gli studiosi riconoscono come fondatore del “modello toscano” dell’archeologia medioevale.
Sentire le parole di ricordo risuonare in un luogo che ha la stessa forza evocativa di Micene, nel silenzio dei boschi circostanti, nel vento di un giorno al tramonto, hanno fatto nascere un momento di speranza che possano ripetersi gli eventi, circostanze e coincidenze che hanno portato ad un fenomeno come quello che Francovich e i suoi allievi riuscirono a realizzare.
Tante sono state le battaglie di Francovich: tante vinte e tante perse. Se da una parte il prof. Hodges ha ricordato come Riccardo Francovich riuscì a convincere politici e accademici ad adottare il “metodo toscano” nella ricerca, conservazione e fruizione di siti storici di tutta l’Albania, da un’altra parte il prof. Salvatore Settis ha ricordato e documentato il dolore e i crucci di Francovich di fronte alla sconfitta che proprio a San Silvestro dovette subire.
Settis leggendo brani di lettere inviategli da Francovich a breve distanza dalla morte, ha ricordato come quelle cave che distruggevano il contesto in cui San Silvestro prende veramente senso, continuassero imperterrite a fagocitare le montagne, i boschi: il paesaggio insomma che è un tutt’uno con l’antico castello.
Queste parole nette e inequivocabili hanno evitato che l’incontro in quel luogo magico sminuisse la portata del contributo di Francovich alla scienza e all’impegno politico che dà senso alla scienza, come già insegnò l’archeologo Bianchi Bandinelli.
E allora vedere a questo incontro presenti personaggi dell’attuale e di passate amministrazioni che sostenendo a spada tratta gli interessi dei proprietari della cava di Monte Calvi, hanno fatto e fanno di tutto per distruggere o almeno incapsulare, museizzare e fagocitare un lavoro che doveva essere un lavoro in divenire, ha generato un certo senso di disgusto e di rabbia.
È un senso di indignazione accresciuto dall’essere venuti a conoscenza che il Comune di Campiglia starebbe per avviare una variante al Piano Strutturale e al Regolamento Urbanistico per permettere la coltivazione della cava fino a tempo indeterminato, visto che si parlerebbe non di completare lo scavo dei mc. concessi nel 2002, ma fino “all’esaurimento dei giacimenti” e cioè fino alla scomparsa di Monte Calvi.
Di fronte a una cosa del genere è indispensabile dare battaglia perché, come ha detto il prof. Settis, non bisogna mai cessare di battersi perché spesso si perde ma si può anche vincere.
Comitato per Campiglia, Alberto Primi