Lucchini: i pro e i contro delle offerte JSW e Cevital
PIOMBINO 17 novembre 2014 — Il 18 novembre scadrà il termine utile offerto alla due aziende in lizza per l’acquisizione della Lucchini (Jsw e Cevital) per presentare offerte migliorative. Allo stato attuale l’offerta più allentate appare quella degli algerini, visto che Jindal è ancora ferma alla offerta iniziale che riguarda solo l’acquisizione dei laminatoi, nonostante che, solo verbalmente, i suoi rappresentanti abbiano fatto ventilare la promessa di un forte rilancio. Al momento la loro proposta consentirebbe di mantenere occupati solo 750 lavoratori sui circa 2100 diretti. I punti di forza dell’offerta Cevital è senza dubbio rappresentata da tre elementi. 1) Gli algerini sembrano prestare maggiore attenzione, non solo alla ripresa della produzione di acciaio a Piombino, proponendo la costruzione di due forni elettrici da un milione di tonnellate ciascuno e di un impianto di preridotto da realizzare in Algeria (dove il costo del metano è sicuramente più basso), ma anche al mercato e al tipo di prodotti. In questa direzione sembra andare la prospettiva di un revamping completo degli attuali laminatoi Lucchini e l’attivazione di un quarto laminatoio, che vista l’acquisizione da parte di Cevital di un impianto di produzione di elettrodomestici in Francia, potrebbe verosimilmente essere un treno di laminazione per acciai piani (progetto già ipotizzato prima della crisi del 2009 dai russi della Severstal e poi abbandonato). 2) Cevital, che in patria è specializzata nella produzione e nella trasformazione di prodotti alimentari, propone di realizzare, nelle aree dismesse dell’ex area a caldo, un piattaforma agro-industriale. Da quel che è trapelato dalle notizie stampa, intenderebbe realizzare uno zuccherificio, un impianto per la produzione di oli vegetali ed uno per mangimi bio per animali. Infine la possibilità di produrre etanolo e bioetanolo. 3) Cevital occuperebbe circa 800 ettari degli attuali terreni in proprietà o in concessione alla Lucchini e, nonostante l’offerta economica a quanto pare sia più bassa di quella della Jsw, sembra abbia messo sul piatto 70 milioni per le bonifiche. E il riuso delle aree è certo una delle condizioni essenziali per la loro effettiva realizzazione (l’esperienza Bagnoli, tra l’altro iniziata quando la possibilità di finanziamenti pubblici era ben diversa, insegna). Fermo restando che Jsw, ormai per due volte, è stata invitata dal comitato di vigilanza sull’amministrazione straordinaria Lucchini a presentare integrazioni migliorative, ha lasciato trapelare senza smentita — per ora senza scrivere nero su bianco — la possibilità di realizzare a Piombino un forno elettrico da 1,2 milioni di tonnellate e due moduli di impianto per la produzione di preridotto, ciascuno da 2,5 milioni di tonnellate. Se questo venisse confermato con una precisa offerta al commissario, Piombino potrebbe diventare il principale hub europeo per la produzione di Dri. Dalla vendita di preridotto, non solo ai produttori siderurgici del nord italia, potrebbero essere tratte le risorse da reimpiegare nella produzione diretta di acciaio, migliorando soprattutto il valore aggiunto finale. Ovviamente, cedendo preridotto ad altre acciaierie elettriche, si creerebbero di conseguenza condizioni di concorrenza, anche interna, sulla fascia medio alta delle produzioni. Tuttavia in una società globalizzata, dove esiste una libera circolazione di capitali, non credo possibile frapporre vincoli di tipo protezionistico. Se davvero i produttori elettrosiderugici del nord si sono resi conto dei limiti della dipendenza dal solo rottame e intendono affrontare il declino dei loro margini aumentando la qualità dei loro prodotti, possono benissimo realizzare un impianto di preridotto in un sito alternativo da Piombino. La Voest Alpine del resto, una delle industrie europee che meglio è riuscita ad affrontare la crisi, ha deciso di realizzare negli Usa un impianto di preridotto che può sfruttare il baso costo dello shale gas. Nessuno impedisce ad altri di perseguire la stessa strada. Il vantaggio di Cevital è quello di poter produrre Dri in patria sfruttando il basso costo del gas. Da un lato questo rappresenterebbe un’opportunità enorme per Piombino rendendo competivi i forni elettrici. Dall’altro rappresenta un limite della proposta algerina. Qualora infatti per motivi interni o per contingenze di mercato gli algerini (come è già avvenuto per i russi) decidessero di abbandonare Piombino e di vendere il preridotto altrove, l’ex Lucchini si troverebbe con solo i forni elettrici e sarebbe costretta a dipendere esclusivamente dal mercato del rottame, che da solo non potrebbe garantire la fascia dei clienti storici (rotaie, vergella di qualità ecc.). Inoltre l’Algeria non è un produttore di minerale di ferro, mentre il gruppo Jindal può contare di miniere in India ed in altre parti del mondo. La filiera che, sempre che Jindal confermasse le intenzioni ventilate, appare quindi più solida dal punto di vista esclusivamente industriale. Quella della Cevital, di contro, offre significative opportunità di diversificazione con la proposta della piattaforma agro-alimentare che meglio, tra l’altro, potrebbe sfruttare le potenzialità del nuovo porto. La conclusione è che, sebbene Cevital appaia in questo momento in vantaggio, sembra opportuno aspettare la controfferta Jsw prima di sposare una delle due proposte, e mettere in condizioni il commissario, il comitato di vigilanza, il ministero e il comitato per l’attuazione dell’accordo di programma 2014, di compiere serenamente le oggettive valutazioni. Finalmente ci troviamo di fronte due aziende solide, che sembrano almeno sl piano finanziario, in grado entrambe di assicurare la riconversione delicata del sito siderurgico di Piombino. E le valutazioni finali, oltre alle promesse di reimpiego della manodopera, dovrebbero tener conto delle prospettive di continuità degli investimenti. Se il progetto Jsw fosse nei prossimi giorni formalmente palesato al commissario Lucchini, si tratterebbe di mettere in campo 700 milioni per gli impianti di preridotto oltre a circa 350 milioni per un’acciaieria greenfield. Sarebbe di certo un investimento autovincolante che non può guardare al breve periodo. Ingenti anche gli investimento promessi da Cevital, circa 400 milioni, che tuttavia non sembrano sufficienti per sopportare quel piano ambizioso. Sarebbero da considerare semmai una prima tranche, visto che solo il costo di un forno elettrico in padule, secondo le cifre finora circolate, si aggira sui 300–350 milioni. Nel conto dovrebbero essere aggiunti come minimo il costo dell’ammodernamento dei laminatoi e quello dello spostamento delle colate continue, oltre agli impegni nel settore agro-industriale. In questo caso appare opportuno richiedere tutte le necessarie garanzie, eliminando le ultime ombre che il progetto algerino oggettivamente ancora presenta.
Giorgio Pasquinucci
Non c’è che dire! Bell’articolo: scritto con cura, argomentato e con mente aperta. In un colpo solo fa strame di tutti gli imbecilli che da anni, facendo finta di saperne più del diavolo, davano per scontato che globalizzazione e siderugia piombinese non potevano andare più d’accordo perchè era impossibile che coincidessero col perseguimento di un interesse nazionale, cioè quelli che dicevano “Tanto prima o poi dovremo farla finita.” Non sono stati pochi. Ce ne sono stati che lo dicevano per opportunismo come ad esempio certa imprenditoria italiana che anzichè investire per competere preferisce togliersi di mezzo competitor interni senza lungimiranza, col solo scopo di sopravvivere il piú a lungo possibile e poi, magari, portare i propri oldi all’estero… e tra questi anche quelli che (spalleggiati ottusamente) costruivano su Piombino il ricatto occupazionale di una megacentrale a carbone per abbassare i costi dell’energia necessaria alle acciaierie elettriche del nord (viene da ridere se solo si pensa che alcuni continuavano a perseguire questa strada persino nel momento in cui Enel l’abbandonava). E poi c’erano come sempre i poveri di spirito, quelli che sanno le cose solo come gliele ha raccontate l’ultimo impiegato tronfio che crede di sapere tutto, senza risalire mai alle fonti documentali… che invece ci sono, e copiose, ma ci vuole curiosità, senso critico e sguardo in avanti per poterle utilizzare a dovere come sta facendo da tempo Pasquinucci. Basta così. Io non so quale sarà la soluzione finale, ma certo sta avvenendo qualcosa di nuovo a Piombino, con una Regione attenta e interessata, con interventi di bonifica che prendono le gambe, con un porto che si apre a nuove prospettive. Si vigili ancora, ovviamente, non ci si fidi troppo, ma neppure si volti le spalle a una straordinaria opportunità che può — dico può — immetterci nel mondo del futuro. Piombino, porto centrale del Mediterraneo, se lo merita.