L’urbanistica a Campiglia, ovvero la morta vivente
CAMPIGLIA 20 agosto 2017 — Nel 2016 è scaduto il termine di validità del Regolamento Urbanistico del Comune di Campiglia Marittima.
Questo, insieme al Piano Strutturale, è lo strumento con il quale il sindaco è in grado di gestire le trasformazioni del territorio comunale secondo un progetto di tutela e di sviluppo più o meno condivisibile, ma che almeno ha il pregio di basarsi su un progetto organico e generale.
Quando dopo cinque anni, il Regolamento Urbanistico arriva a scadenza naturale, le attività di trasformazione del territorio devono cessare fino alla approvazione di un nuovo progetto del territorio (oggi chiamato Piano Operativo) adeguato ai tempi e alle esperienze: in pratica il territorio va in standby.
La legge regionale toscana prevede norme transitorie per non bloccare improvvisamente le attività edilizie, ma dà anche dei tempi ultimi invalicabili per rinnovare gli strumenti urbanistici. Tra questi va ricordato che fino all’adozione del nuovo “Piano Operativo”, e comunque non oltre la metà di novembre del 2017, la legge consente di fare varianti per interventi che impegnano suolo fuori dal perimetro esterno del territorio urbanizzato e varianti semplificate al Piano strutturale e al Regolamento Urbanistico.
La maggior parte dei Comuni della Val di Cornia ha scelto di avviare il procedimento per formare il Piano Operativo, con l’intenzione, così facendo, di aggiornare la conoscenza del territorio e di arrivare ad un progetto organico di trasformazione. Purtroppo questo è avvenuto alla spicciolata dimostrando che la pianificazione d’area ed intercomunale, vanto della Val di Cornia degli anni 80 è definitivamente morta.
Nel caso poi del Comune di Campiglia non ci si è neppure posti il problema di fare un nuovo Piano Operativo, ma è stata subito scelta l’altra strada consentita come si è detto dalla legge regionale: produrre varianti su varianti al Regolamento Urbanistico vigente e dove occorre al Piano Strutturale.
In questo modo si affrontano casi sporadici, tra loro scollegati, ma che sono fondamentali per mantenere promesse politiche che vengono da lontano e che si imperniano su un rapporto preferenziale che va avanti da decenni tra proprietari di cave e amministrazione locale.
In questo modo, quando l’amministrazione comunale si deciderà ad avviare il procedimento per formare il nuovo Piano Operativo avrà già soddisfatto una serie di richieste di modesta entità, ma, cosa importante, avrà messo al sicuro da imprevisti e incertezze i proprietari dei giacimenti di calcare e permetterà loro di andare avanti senza i vincoli temporali esistenti e concordati.
A parte che la variante non riguarda un problema solo locale come vorrebbe la legge, va sottolineato che con la scusa dell’urgenza dettata dalla crisi della cava di Monte Calvi, anche la Regione ha dato il suo benestare ad una variante al Piano Strutturale e al Regolamento Urbanistico che permetta di scavare i milioni di metri cubi che non potranno essere scavati entro la scadenza della concessione.
Con queste premesse ci possiamo immaginare che con il nuovo Piano delle Attività Estrattive che dovrebbe uscire nel 2018, la Regione si guarderà bene dal prevedere la cessazione delle attività estrattive e permetterà la distruzione dei nostri territori fino alla fine dei secoli o almeno fino a quando converrà scavare.
Questo modo scandaloso di fare urbanistica, che va ben oltre l’urbanistica concordata, visto che ormai siamo all’urbanistica delegata (ai privati), non è nuovo a Campiglia: basta ricordare quando agli inizi del 2000 l’amministrazione si affrettò a concedere il raddoppio dei volumi di materiale estraibile a Monte Calvi (da metri cubi 4.000.000 a metri cubi 8.000.000), in tempo utile per potere arrivare, candida come un giglio, a firmare appena tre o quattro mesi dopo, un documento di intenti con Regione, Provincia e Comuni, dove si impegnava a non incrementare gli scavi nelle colline del Campigliese.
Ormai a Campiglia siamo alla farsa visto che le manovre sono così chiare che le vedono anche i gatti orbi: il sindaco dichiara che l’escavazione deve cessare, che Campiglia ha già dato in termini di sacrificio del territorio, ma allo stesso tempo lo stesso sindaco, all’ombra del “Tavolo di Crisi Cave di Campiglia”, propone, d’accordo con Regione e sindacati, una variante al Piano Strutturale d’area e al Regolamento Urbanistico per fare andare avanti le cave fino all’infinito.
Non solo il sindaco fa questo, ma addirittura si vanta di avere salvato quaranta posti di lavoro e di avere tutelato l’ambiente, affermando che solo se la Società Cave di Campiglia continuerà a scavare potrà fare i ripristini ambientali.
Il sindaco dovrebbe ricordare che una amministrazione che avesse voluto contenere le escavazioni avrebbe pensato da anni a come incentivare la creazione dei posti di lavoro necessari, ma più di tutto dovrebbe ricordare che la Società Cave di Campiglia dovrebbe avere fatto una fidejussione che, in caso di cessazione delle attività, permetterebbe al Comune di realizzare direttamente i ripristini. Viene da domandarsi se la fidejussione esiste o meno e se l’importo è tale da coprire le spese di ripristino ambientale.
Dica piuttosto che il sindaco suo predecessore, Silvia Velo per evidenti meriti politici oggi sottosegretatio all’ambiente !!!, pensò bene di incamerare nelle casse comunali tutti i contributi dovuti per otto milioni di metri cubi di scavi entro il suo mandato (2009). Grazie a questa furbata il Comune di Campiglia da otto anni non incassa un euro di contributi dalla Cava di Monte Calvi. Non solo, ma addirittura se le escavazioni non venissero completate, il Comune di Campiglia si troverebbe debitore di 0,46 euro al metro cubo non scavato.
Se i metri cubi ancora da scavare fossero come si dice, 3.000.000, il Comune di Campiglia si troverebbe a dovere restituire alla Società Cave di Campiglia quasi 140.000 euro oltre a interessi.
Il sindaco dichiara poi che le varianti al Regolamento Urbanistico sono fatte per favorire l’economia e attivare progetti che altrimenti dovrebbero attendere i tempi lunghi dell’approvazione di un nuovo Piano Operativo. Per ora le varianti sono due: una per soddisfare le richieste di otto persone ed una per annullare la scadenza del 31 dicembre 2018 della cava di Monte Calvi. Ma con l’occasione domandiamo al Comune anche che ne è stato della richiesta di variante per far costruire in un terreno verde accanto al CONAD di Venturina e di quella che richiede di modificare le previsioni del Regolamento Urbanistico nell’area dei Laghetti di Tufaia per costruire un altro centro commerciale e uffici.
Mentre il sindaco si presenta allora come decisionista e acceleratore dell’economia locale, in realtà non avendo provveduto per tempo ad attivare il procedimento necessario a formulare il Piano Operativo, fa sì che a metà novembre tutte le attività edilizie importanti, ancora previste dal Regolamento Urbanistico vigente si fermeranno. Per ora resta comunque, anche se solo sulla carta, un Regolamento Urbanistico che continua a prevedere scempi urbanistici già falliti come la lottizzazione per inerti a Le Lavoriere, la Residenza Turistica Alberghiera a La Fonte di Sotto, la lottizzazione alla Stazione e quella di centinaia di nuovi alloggi intorno ai laghetti di Tufaia: interventi e previsioni osceni tutti abortiti, ma che con una bella variante ad hoc si potrebbero all’occorrenza resuscitare.
Il Comitato per Campiglia condanna il vergognoso comportamento di amministratori che prendono in giro i cittadini e che non si prendono neppure la responsabilità politica di quello che dicono, visto che oggi si sgolano a dire una cosa salvo il giorno dopo sgolarsi a dire, e quel che peggio è a fare, il contrario. L’unica soluzione per salvare questo territorio e il suo patrimonio ambientale, paesaggistico, storico ed economico è mandarli tutti a casa prima possibile.
Comitato per Campiglia