Manca un ballerino nel valzer delle poltrone
PIOMBINO 31 marzo 2015 — L’altro giorno all’hotel Phalesia una vetrata impenetrabile, più del vecchio muro di Berlino, separava la vista del desolante panorama della zona industriale dai riti che si celebravano all’interno, nella grande sala delle riunioni, al bar e nel salone da pranzo.
Là fuori, illuminato da un debole sole primaverile, il nero dei capannoni appariva ancora più nero, triste nel deserto di un altoforno spento e di tante attività abbandonate, tragico nel destino di molte famiglie che vivendo oggi degli ultimi sussidi della solidarietà sono ormai costrette ad aggrapparsi alla speranza, nostalgico nel ricordo che quelle grandi strutture per tanto tempo hanno offerto sicurezza e dignità all’esistenza di un’intera comunità.
Oltre la vetrata dentro le stanze, il grande circolo di coloro a cui è delegata la responsabilità della ripresa e del ritorno dall’immenso baratro che sta caratterizzando questi primi anni del nuovo millennio. Una sciagura che non è senza padri e senza motivi molti dei quali, diretti o indiretti, li avverti proprio al di qua della vetrata. Li guardi, li ascolti, li scruti nei diversi tavoli in cui li ha divisi il pranzo di mezzogiorno. Non ti fa difetto la speranza ma non ti convincono gli applausi e soprattutto non ti abbandona la sensazione di una grande distanza tra i mondi che la vetrata anche fisicamente separa. È un sentimento triste che riguarda la qualità della rappresentanza, in qualche caso la fiducia nella delega, il consenso verso chi ha l’immane compito di risollevare le sorti di un popolo in crisi. E purtroppo i giorni, le condizioni, gli atti accrescono le preoccupazioni e sempre più trasformano i dubbi in convinzioni aprendo la strada alla sfiducia, al disamore, al disimpegno.
In grande parte questa lettura si è riproposta anche all’indomani dell’ultima mega riunione del parlamentino della federazione Pd Piombino Elba, ovvero del direttivo composto da 60 quadri dirigenti del partito, erede del vecchio Pci e che, unico e solo, conserva ancora una vera struttura politica nel comprensorio dove, eccetto il Comune di Suvereto, amministra ogni ente pubblico e para pubblico. Nei fatti la forza politica a cui è stata affidata dalle urne la responsabilità maggiore per cercare di rivitalizzare la vallata.
Come è noto in quella riunione del direttivo si doveva finalmente scegliere il terzetto di nomi da inserire nel lista provinciale Pd, insieme ad altri cinque formulati dalla Federazione di Livorno. Un passaggio obbligato in vista delle prossime elezioni per il rinnovo del consiglio regionale della Toscana.
Si sa da tempo che, per la nuova legge elettorale, negli otto componenti, della lista (3 piombinesi e 5 livornesi) deve essere garantita la rappresentanza di genere, quindi 4 donne e 4 uomini.
In politica più o meno in ogni stagione, il tema dell’individuazione dei nomi da associare alle poltrone disponibili ha occupato spazi importanti. Ma questo, in passato, non ha impedito lunghi dibattiti sui programmi, sulle azioni, sulle strategie che si intendevano promuovere e che si proponevano agli elettori per ottenere i voti necessari all’elezione.
Sono mesi che infuriano le danze per definire il terzetto dei canditati per la prossima consultazione; sui giornali è stato annunciato tutto e il contrario di tutto: esternazioni di oggi che hanno contraddetto quelle di ieri. Mai però si è letta una riga sui programmi che si intendevano attuare. Mai.
E di certo, in un momento così difficile, non mancavano e non mancano le indicazioni su ciò che si può e si deve fare.
Un solo banale esempio per chiarire. Cevital ha annunciato sabato scorso interventi in 6–8 mesi (tra parentesi ci sembrano davvero molto, molto pochi) per smantellare l’altoforno e l’attuale area siderurgica al fine di impiantare un polo alimentare ed una piattaforma logistica. Ci vorranno migliaia e migliaia di camion per trasferire i materiali e dov’è la strada che essi dovranno percorrere? Qualcuno ha qualche indicazione per la 398, sparita da settimane dall’agenda politica? C’è da credere che una infrastruttura così importante, per il nuovo porto, per i collegamenti della città con l’entroterra, per lo sviluppo di qualsiasi attività economica, possa restare fuori dagli interessi di un futuro consigliere regionale?
Nomi e solo nomi, poltrone e solo poltrone in un continuo gioco a scacchi: tolgo questo, elimino quest’altro, do a questo, tolgo a quest’altro.
Un mese fa, il 26 febbraio, la federazione sembrava aver finalmente messo in fila i tasselli. Non ci pronunciamo, e in tutto l’articolo noi non ci pronunceremo sulla qualità dei nomi proposti; la cosa non ci interessa e neanche ci pare importante rispetto a considerazioni sul metodo politico che è stato seguito e che è stato osservato da tutti.
In un comunicato veniva annunciato che si erano concluse le consultazioni organizzate, almeno teoricamente, per conoscere il gradimento del popolo pidiessino sul consigliere uscente Matteo Tortolini.
Nel testo, pur evidenziando che “non erano uscite indicazioni precise” sulle candidature, si sottolineava che le consultazioni avevano proposto “elementi certi in merito alla ricandidabilità del consigliere uscente Matteo Tortolini” gratificato dal 57 per cento dei consensi espressi dagli intervistati e “apprezzato – si leggeva testualmente nel documento della federazione — per competenze e spessore politico”.
Anche il più modesto “politologo”, alle prese con il consueto aperitivo nel solito bar cittadino, interpretò quel comunicato nell’unico modo possibile: “Dei tre da nominare il primo è Tortolini”.
Non ci volle molto, nei giorni immediatamente successivi, ad individuare il secondo nome che qualche voce amica puntualmente fece conoscere anche all’ultimo dei cronisti. Così, tra qualche sorpresa, considerati i non remoti scambi di legnate tra Anselmi e i vertici federali, si apprese che sarebbe stato l’ex primo cittadino a far compagnia a Tortolini nel listino piombinese. Gianni si era mosso raccogliendo firme, poco gradite in via Marco Polo, a sostegno della sua candidatura, aveva ridotto la sua ingombrante presenza su Facebook, si era dato da fare per ricostruire rapporti piuttosto logori ed infine era riuscito a guadagnarsi uno spazio ai blocchi di partenza.
Con l’ultimo posto disponibile il segretario di federazione e il suo staff dovevano far quadrare un cerchio grande quanto il mondo. Il terzo nome doveva infatti avere genere femminile, essere renziana (i seguaci del Rottamatore erano senza rappresentanze) e provenire dall’Elba, isola che reclamava una propria presenza in lista.
Quando si dice il caso! All’Elba c’era una donna renziana che aveva già avuto un ruolo nella giunta Peria. Un concentrato perfetto per le necessità del listino Pd. E così ecco il terzo nome: Antonella Giuzio di Portoferraio.
Una soluzione buona anche per Livorno nel senso che, tra i cinque candidati labronici, si prevedeva la scelta di tre donne e due uomini i quali aggiunti alle nomine piombinesi consentivano il perfetto equilibrio di genere in lista: 4 maschi e 4 femmine.
La convinzione che la quadratura fosse andata a buon fine è durata però lo spazio di qualche minuto. Semplicemente perché i renziani hanno da subito rivendicato il legittimo diritto a scegliere in autonomia il proprio rappresentante e hanno avanzato il nome di Carla Maestrini, insegnante, quadro dirigente dell’esecutivo regionale del partito ma non elbana.
Avvertendo odore di tagli evidentemente necessari, l’isola ha fatto immediatamente quadrato sulla sua Giuzio e non ha mollato di un millimetro la presa sulla rivendicazione di avere un proprio nome in lista.
Quindi Tortolini, Anselmi, Giuzio, Maestrini: chi far fuori?
Per alcuni giorni la battuta più frequente e più preoccupata nelle stanze di via Marco Polo deve essere stata questa: “E ora chi glielo va a dire…”
Sì perché, picchia, mena, valuta e rifletti, alla fine si è deciso di mettere alle panche proprio il nome che un mese prima i vertici della federazione avevano accreditato come praticamente certo e come “competente” e di buon “spessore politico”. Anzi più esattamente, per salvare la faccia, si è pensato, non di cacciare il consigliere uscente, ma di invitarlo a farsi indietro.
In effetti nell’ultima riunione del direttivo della federazione Tortolini un passo indietro alla fine l’ha compiuto ma prima di ritirarsi si è fatto sentire con un interventino che è rimbombato pesantemente nelle stanze della federazione. Al punto che Carla Maestrini, con uno scatto di orgoglio, assolutamente proprio e non certo indotto, ha pensato bene di evitare di gareggiare a dispetto dei santi e, pur avendo già raccolto le firme necessarie, ha, a sua volta, ritirato la propria candidatura.
Fermare i lavori e riflettere sarebbe stato forse utile invece si è andati avanti con il voto e con i renziani che, seduta stante, hanno organizzato un Aventino. I tre nomi proposti dalla federazione e cioè Anselmi, Maestrini, Giuzio sono stati approvati con 48 voti su sessanta. Ma di fatto i candidati espressi da Piombino, al momento risultano due (Anselmi e Giuzio) a meno che la Maestrini non ci ripensi. Al riguardo la federazione (vedi, cliccando qui, il documento emesso ieri pomeriggio: (https://www.stileliberonews.org/i‑tre-candidati-del-pd-per-il-consiglio-regionale/) ha rivolto alla esponente renziana un presentante invito “a riconsiderare la propria posizione”. La cosa non pare proprio probabile anche perché un rientro dell’insegnante renziana scompaginerebbe tutta la lista provinciale. Infatti i livornesi nel frattempo hanno votato le loro tre donne che aggiunte alle eventuali due piombinesi causerebbero uno squilibrio nella lista di otto (cinque donne e tre uomini). Ovvero un ulteriore pasticcio nel pasticcio.
Cosa accadrà a questo punto?
La risposta più saggia si riassume in un monosillabo: “Boh?”
Quella che da cronisti si deve fornire riguarda invece un prossimo intervento regionale che, con la nomina di un uomo (non può essere una donna) nel buco lasciato da Piombino, completerà il listino provinciale. Chi sarà quest’uomo pescato da Firenze? Siccome siamo alle comiche, qualcuno dice che sarà di nuovo Tortolini. Su una ipotesi del genere neanche conviene far pronostici. Di certo questa opzione, sarebbe l’unica, in grado di salvare formalmente capra e cavoli. Infatti, in qualità di consigliere uscente, Tortolini non ha l’obbligo della raccolta di firme per presentare una propria candidatura. Cosa che invece spetterebbe a qualsiasi altro aspirante candidato “non uscente” dalla Regione. E, nel caso, quando, per l’eventuale nome nuovo, sarebbe possibile raccogliere le firme dal momento che il termine per questa operazione è già scaduto? D’altra parte inserire in lista qualcuno senza che abbia l’appoggio delle sottoscrizioni previste (che con motu proprio l’esecutivo regionale lo possa anche fare) rappresenterebbe comunque un elemento di indebito favore nei confronti degli altri che agli obblighi di legge si sono diligentemente sottoposti. C’è da dire che Tortolini, in un momento difficile, ha scelto di mettersi a disposizione del partito, armi e bagagli, e questo potrebbe favorire un suo rientro sulla scorta proprio del fatto che sarebbe il partito a chiederglielo. Nella sostanza un obbediente, fedele e disinteressato servitore della causa.
Non sfugge comunque che, per la gente comune, quella che può essere la soluzione tecnica formalmente più semplice, appare anche la più ridicola (dentro, fuori, poi ancora dentro ecc. ecc…).
Davvero conviene fermarci qui per limitarci ad osservare gli eventi.
Tra una poltrona e l’altra , magari, urge segnalare nel frattempo che i giorni passano, la fine del periodo di solidarietà per i lavoratori metalmeccanici si avvicina, i problemi crescono sempre più, gli ostacoli sono e rimangono infiniti e in fondo al tunnel la luce per ora non si vede.