Mirko Lami: “Francamente non so come finirà”
PIOMBINO 15 novembre 2013 — È impegnato con la sigla della Fiom, insieme ai sindacalisti di categoria di Cisl e Uil, nella più difficile vertenza che abbia caratterizzato il polo siderurgico piombinese. Mirko Lami (nella foto) avverte la portata della crisi in tutta la sua drammaticità e ne parla con la stessa preoccupazione con cui ogni giorno i lavoratori guardano al loro posto di lavoro. La possibilità di chiudere l’area a caldo è reale e la svolta sarebbe davvero storica. Sentiamo cosa ci dice.
Nella attuale crisi cosa vi stanno chiedendo i lavoratori. Al di là della banale esigenza per tutti del posto di lavoro?
La crisi mondiale iniziata nel settembre del 2008 che ci ha coinvolto e portato al fallimento della Lucchini nel dicembre del 2012, ha aperto forti preoccupazioni tra i lavoratori, che sono sotto pressione già da oltre due anni e oggi, dopo le ultime vicende che ci hanno visto impegnati con l’occupazione del Rivellino, dove venerdì 18 ottobre è stata fatta una assemblea al rientro da Roma dei segretari sindacali Fim/Fiom/Uilm e del sindaco di Piombino Gianni Anselmi, che hanno raccontato una fase complicata e la conferma da parte dell’azienda di voler fermare l’area a caldo dello stabilimento con la conseguente uscita di circa 1500 lavoratori.
Poi nei giorni successivi c’è stato l’incontro tra le Rappresentanze sindacali unitarie dello stabilimento Lucchini e il Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio Letta e il Presidente della Regione Toscana Rossi, in cui dal Presidente Giorgio Napolitano è partita la richiesta al Presidente Enrico Letta di provare a trovare le soluzioni entro il 30 novembre. Quindi un segnale forte che ha bisogno di essere preso in considerazione da tutti.
Quali sono le reazioni dei lavoratori di fronte agli annunci del sindacato e soprattutto della politica? Fiducia? Dubbio? Delusione? Incredulità? Rifiuto?
Anche se ormai esiste una fetta di 1/4 della popolazione italiana che non ha più fiducia nella politica e in alcuni casi anche nel sindacato, in questa difficile vertenza, ad oggi, questi due soggetti stanno collaborando per trovare soluzioni affinchè nel nostro territorio non si apra quel dramma sociale che ci farebbe passare da una vita dignitosa, data dal lavoro, alla povertà.
A me pare che la maggioranza dei lavoratori, stia apprezzando il lavoro che stanno portando avanti i sindacati e le Istituzioni, Sindaco, Provincia e Regione, certamente ora serve vedere dei risultati, altrimenti le preoccupazioni rimangono, anzi, aumentano.
Di fronte ad un reiterato no al mantenimento dell’area a caldo come pensate di reagire? Sareste disposti ad accettare qualcosa di alternativo?
Noi tutti sappiamo che l’altoforno 4 è e sarà l’ultimo altoforno di Piombino.
Il Sindacato, è disponibile a discutere del futuro della fabbrica, di impianti innovativi come il corex e il forno elettrico, quest’ultimo alimentato attraverso il rottame proveniente che potrebbe arrivare a km 0, dal probabile arrivo e smantellamento della Concordia e dalla possibile nascita del polo di rottamazione europeo delle navi. Un eventuale accordo di programma però, lo si può siglare solo durante gli impianti in marcia.
Cosa è che vi preoccupa di più? I tempi ristretti? La difficoltà a trovare investimenti per mantenere l’occupazione in fabbrica? L’assenza di disponibilità da parte delle istituzioni?
La preoccupazione più grossa adesso sono i tempi brevissimi che sono arrivati dopo anni di riunioni a cui la Politica non è riuscita, o non ha voluto, dare risposte alle nostre proposte.
Per voi esiste qualcosa di alternativo almeno da affiancare all’economia basata sulla fabbrica?
Non solo a Piombino ma a tutto il Paese Italia, serve una industria primaria attraverso una politica industriale e le fabbriche.
Il turismo è senz’altro molto utile ma non sufficiente a coprire numeri elevati di stipendi e soprattutto i dodici mesi dell’anno. Industria primaria e turismo possono essere due anelli della colonna vertebrale dell’Italia.
Il nostro Paese ha necessità di ripartire attraverso una politica industriale che aiuti una ripresa delle fabbriche italiane per consumare prodotti italiani. Un esempio?Tenere a casa lavoratori di aziende come la IRIBUS, gioiello di fabbrica che produce bus, per andarli a comprare all’estero, DAF olandese, oggi è assurdo. Dobbiamo pensare a tirare su il nostro Paese come sta pensando di fare la Francia, la Germania e l’Inghilterra. Certo si devono fare i conti con il mercato ma dobbiamo considerare che se acquistare bus all’estero si risparmia, dobbiamo anche calcolare il costo sociale per tenere lavoratori a casa attraverso gli ammortizzatori sociali.
Sinceramente come pensa possa finire?
Francamente non so come andrà a finire perchè le dinamiche sono molte e legate a molti aspetti, da una azienda fallita alle scelte che il Governo potrebbe fare non solo per la siderurgia piombinese ma anche per questo settore importante in tutta Italia con i suoi stabilimenti di Taranto, Terni, Genova, Trieste. Forse le cose prenderanno un altro aspetto dopo che si è aperta il bando di vendita della fabbrica e quindi si potrebbero aprire scenari con qualche imprenditore interessato. Certo è che noi lotteremo fino all’ultimo perchè il nostro logo, “Piombino non deve chiudere” lo dovranno conoscere in tutto il mondo, proprio perché noi abbiamo inviato in tutto il mondo il prodotto principale della nostra fabbrica, invidiate da molte aziende che cercano di entrare in questo segmento di mercato, cioè, le rotaie da 108metri di lunghezza, senza saldature, per l’alta velocità, ma serve sempre una politica industriale che affronti anche il rinnovo della rete ferroviaria nazionale; potrebbero esserci le basi per farlo? In Inghilterra la TATA Steel è riuscita a fare contratti per il rinnovo della rete ferroviaria fino al 2019.