Molti gli incentivi finanziari che non funzionano
PIOMBINO 25 ottobre 2016 — Il 17 ottobre la Giunta regionale ha prorogato di nuovo la scadenza per la presentazione di progetti e relative richieste di finanziamenti sulla linea dei protocolli di insediamento per investimenti sull’area di crisi di Piombino. La scadenza decorrerà dal 1° novembre 2016 fino a esaurimento delle risorse.
Ricordiamo che i protocolli di insediamento sono strumenti attraverso i quali la Regione Toscana concede agevolazioni a micro, piccole, medie e grandi imprese, sotto forma di contributo in conto capitale per programmi di investimento in ricerca industriale e sviluppo sperimentale, investimenti materiali e immateriali destinati alla creazione di un nuovo insediamento o all’ampliamento di uno stabilimento esistente, investimenti materiali e immateriali destinati alla creazione o ammodernamento di infrastrutture di ricerca private.
Non è la prima proroga ma anche quest’ultima scaturisce dal fatto che i progetti presentati non esauriscono le risorse disponibili che oltretutto nel tempo sono passate da 12 milioni a 4 milioni, anche questi eccedenti le richieste.
Sono stati ammessi ad oggi solo due progetti: quello della Due Emme, per un investimento richiesto di 2.546.340 euro e un finanziamento concedibile di 509.268 euro, e quello di Comimp per un investimento di 1.727.590 euro e un finanziamento richiesto di 708.234 euro.
Anche il Fondo rotativo per prestiti, quale strumento di ingegneria finanziaria con 8 milioni di euro disponibili, alla fine ha rilasciato finanziamenti a tasso zero per una somma pari a 1.043.082 euro di cui beneficeranno cinque imprese, due di Piombino, due di Campiglia ed una di Suvereto.
Questa parte del progetto di riconversione produttiva dell’area di Piombino, finalizzata alla diversificazione rispetto alle produzioni siderurgiche, non funziona e dovrebbe essere ripensato dalle istituzioni che firmarono l’ accordo di programma del giugno 2015 a favore di misure che, se non potessero essere riferite a infrastrutture(cosa che sarebbe la scelta migliore), scaturiscano da un’analisi più approfondita dei bisogni e delle possibilità produttive della Val di Cornia. Più approfondita rispetto a quella sviluppata da Invitalia che ha portato al Progetto di riconversione e riqualificazione industriale (PRRI). Ma anche rispetto alla riproposizione delle stesse misure da parte della Regione Toscana in ogni luogo e territorio, così come invece viene fatto meccanicamente quasi che lo stesso modello potesse funzionare ovunque.
Ma c’è ovviamente anche un problema di strumenti. I Comuni della Val di Cornia dal 2014 hanno rinunciato a tutti gli strumenti di elaborazione sovracomunale in materia di sviluppo economico. Addirittura il BIC di Venturina, costato alla Regione somme non da poco, è lasciato lì completamente inutilizzato. E così i Comuni si limitano a prendere ciò che qualche altro offre, sia che si tratti dello Stato sia che si tratti della Regione sia che si tratti di qualche ente nazionale o regionale, e rinunciano ad una loro elaborazione autonoma. Parlano di un modello Piombino e non si rendono conto che senza idee autonome e progetti autonomi sulla base di analisi autonome il modello non può che essere un abito o troppo largo o troppo stretto o troppo lungo o troppo corto che o non può essere indossato o se indossato riesce solo ad impacciare i movimenti del corpo.
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