Molto si è fatto ma molto si ha ancora da fare
PIOMBINO 19 marzo 2016 — Sugli interventi per rilanciare l’area industriale di Piombino molto si è fatto ma ancora altro resta da fare. E’ l’ora di cambiare passo nelle azioni per superare la crisi drammatica in cui si dibatte ormai da troppi anni nel nostro territorio. Nelle prossime settimane circa 800 lavoratori dell’indotto siderurgico perderanno il sostegno degli ammortizzatori sociali, in Magona 160 dipendenti con contratti di solidarietà vedranno pesantemente ridimensionata la busta paga, in Aferpi si pone il problema di far coincidere i tempi del progetto industriale con le scadenze della Cigs prevista nel luglio del 2019.
L’area di Piombino, per prima in Italia, è stata riconosciuta come “area di crisi industriale complessa” già nel giugno 2013, aprendo la strada alla soluzione di altre situazioni critiche del nostro Paese. Risultati importanti sono stati ottenuti e sono sotto gli occhi di tutti: la realizzazione d’importanti opere portuali è stata la premessa per attrarre nuovi investimenti, da quelli della Cevital ai progetti della General Electric e del Consorzio che si propone di realizzare il polo per la demolizione di navi militari. La realizzazione del nuovo pontile è stata resa possibile, in tempi da record, grazie ai poteri affidati al commissario Enrico Rossi, che hanno indubbiamente consentito di semplificare le procedure. Non altrettanto è accaduto per il prolungamento della 398, indispensabile per consentire il dispiegamento delle potenzialità del porto, delle grandi industrie e dei nuovi insediamenti che saranno possibili con le risorse finanziarie messe a disposizione da Invitalia e la Regione.
Nello spirito della legge 43 del 6 aprile 2013 sarebbe necessario conferire al commissario, per la realizzazione della bretella viaria, gli stessi poteri che ha avuto nella realizzazione delle infrastrutture portuali. Le successive vicende che hanno riguardato la realizzazione dell’Autostrada Tirrenica, di cui la 398 era considerata parte integrante, hanno completamente cambiato il quadro delle previsioni della legge e dei successivi accordi di programma. E’ a questo punto necessario cambiare direzione e, come ha proposto il presidente Rossi durante l’ultimo incontro al Mise, rivedere rapidamente l’accordo di programma del 2014, individuando senza indugi chi e con quali risorse deve fare la strada, tenendo conto anche della disponibilità dell’Autorità portuale a recepire il vecchio progetto, aggiornarlo e proporsi come stazione appaltante.
Il dibattito e le azioni vanno ricondotte alle ragioni che a suo tempo hanno indotto il Governo a considerare il comprensorio di Piombino area di crisi complessa. Un provvedimento speciale, per essere efficace, non può viaggiare sui canali delle norme e delle procedure ordinarie. La rapida realizzazione del nuovo porto sta lì a dimostrarlo.
Questo vale per la strada come per le questioni legate al costo dell’energia per le nostri grandi industrie e per gli ammortizzatori sociali. Se lo scopo della legge 181/89 e degli atti successivi era quello di difendere l’apparato industriale del Paese, non possiamo permettere che industrie storiche del territorio subiscano ulteriori ridimensionamenti, come nel caso della Magona. Sull’energia va ripristinata la capacità di concorrenza d’industrie oggi penalizzate. Non lo chiediamo solo per noi, ma per tutte le altre realtà (le aree di crisi complessa sono sette) che soffrono dello stesso problema. E’ un impegno di coerenza con i principi affermati in leggi dello Stato.
All’atto della firma dell’accordo di programma, i soggetti firmatari erano tutti convinti che il complesso processo di riconversione industriale di Piombino potesse andare avanti con tempi più rapidi. Le demolizioni degli impianti dell’ex Lucchini, le bonifiche, la bretella per il porto, il polo di demolizioni navi e altri nuovi insediamenti avrebbero potuto attutire una situazione sociale che stava evolvendo in modo drammatico, soprattutto per i lavoratori dell’indotto che nel breve termine non avranno possibilità di riessere assorbiti in nessun progetto di riconversione Ci sono stati ritardi, a partire dal cronoprogramma del piano industriale Aferpi, ma non solo, che oggi impongono a tutti, privato e pubblico, un cambio di passo.
Gli ammortizzatori sociali non sono certo una soluzione che possa costituire un’alternativa alla costruzione di lavoro vero, ma nel caso di Piombino sono necessari strumenti che possano far coincidere i tempi della realizzazione dei nuovi investimenti con la scadenza di una protezione per migliaia di lavoratori. In questo senso ci sembra che l’iniziativa del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, di convocare una riunione degli amministratori dei comuni delle sette aree di crisi complessa, vada nella giusta direzione, ma solo se in quel contesto sarà possibile reperire nuove risorse e strumenti realmente efficaci.
La prospettiva è delineata e le notizie di questi giorni su Cevital e sul possibile, imminente, contratto per i progetti esecutivi dell’acciaieria elettrica e del nuovo treno di laminazione, lasciano ben sperare, così come la previsione d’insediamento di nuove imprese ammesse al finanziamento di 20 milioni previsto dal Piano di riconversione e riqualificazione industriale (PRRI). Un quadro cui si aggiungono le risorse reperite dall’Autorità portuale, con il supporto determinante della Regione, per il completamento delle opere portuali, in modo da consentire l’insediamento di General Electric e del Consorzio demolizioni navi. Il tempo è il duro nemico contro il quale combattere. Saranno ancora anni difficili, ma la ripresa deve trovare questo territorio vivo e in grado di reagire alle sfide che gli riserva il futuro.
- Massimo Giuliani è sindaco di Piombino