Monopolio di terreni dagli accordi con Aferpi
PIOMBINO 12 ottobre 2015 — Nell’ evolversi della discussione pubblica sull’acquisto della Lucchini da parte di Aferpi e della relativa reindustrializzazione nessun rilievo ha o ha avuto il tema del passaggio di proprietà dei terreni e della titolarità delle concessioni demaniali marittime e di quelle del demanio pubblico dello Stato ramo bonifica da Lucchini e dall’Autorità portuale ad Aferpi.
In realtà si tratta di un tema rilevantissimo dato che è in gioco la proprietà e l’utilizzazione di centinaia di ettari di superficie che non necessariamente né indiscutibilmente né autoritativamente debbono essere di Aferpi, pena la costituzione di un monopolio che potrebbe non consentire altre valorizzazioni economiche da parte di altri imprenditori per molti anni. L’impressione è che le cose siano già andate nel senso di un privilegio ad Aferpi: se questo è già avvenuto è un male, se questo può essere emendabile le istituzioni pubbliche farebbero bene a fare una scelta favorevole non solo ad Aferpi ma a più soggetti economici, mettendoli magari in concorrenza e valutando le proposte dal punto di vista della fattibilità, della sostenibilità, della coerenza con le idee delle amministrazioni pubbliche nonché del ritorno economico ed occupazionale.
Cerchiamo di mettere in ordine i fatti.
Le aree da Lucchini ad Aferpi
Secondo lo studio del Comune di Piombino “Bonifiche e reindustrializzazione nel SIN di Piombino del 2013” (per leggere clicca qui) la superficie dello stabilimento Lucchini era di 633 ettari di cui 517 ettari di aree demaniali e 116 di aree di proprietà.
Secondo Aferpi, lo scrive nella Proposta di strategia di intervento per la messa in sicurezza operativa dello stabilimento Lucchini, complessivamente l’area di interesse CEVITAL ammonta a circa 488 ettari, di cui circa 399 (107 in aree di proprietà e 292 in aree demaniali) facenti parte delle aree già oggetto del Piano di Caratterizzazione, mentre l’estensione delle aree interne al perimetro di interesse ma esterne al SIN è di circa 44 ettari.
Se qualcuno ne avesse la curiosità potrebbe addirittura esaminare i mappali che cosituiscono un allegato all’accordo di programma sulle bonifiche (per leggere clicca qui).
Pur nelle differenze quantitative dei documenti la cartina seguente, anch’essa allegata all’ accordo di programma sulle bonifiche (https://www.stileliberonews.org/il-testo-definitivo-dellaccordo-sulle-bonifiche/), individua bene i terreni che passeranno sicuramente ad Aferpi, quelli in proprietà, quelli del demanio bonifiche e quelli del demanio marittimo:
Solo l’area dei carbonili non passerà ad Aferpi ma ritornerà all’Autorità portuale in esclusivo e definitivo possesso e godimento.
Il demanio bonifiche
Per l’area del demanio bonifiche (in giallo) Aferpi subentrerà a Lucchini nell’atto di concessione e saranno comunque riconsiderati i contenuti relativi sia alla durata che al canone, tenuto conto del piano degli investimenti e dei tempi di realizzazione.
Il problema che si pone, e che si sarebbe posto anche per Lucchini alla scadenza delle concessioni, è relativo alla domanda se tutte queste aree sono necessarie e in quali tempi per lo sviluppo produttivo proposto da Aferpi.
La necessità è dubbia, basta rifarsi a quel che dice lo stesso studio del Comune di Piombino:
«Buona parte delle concessioni demaniali risalgono al dopoguerra, quando i programmi dell’IRI prevedevano consistenti sviluppi della siderurgia per la cui realizzazione venne bonificato il Padule di Piombino, ad est della città. I programmi industriali vennero successivamente ridimensionati e i terreni bonificati usati solo in parte. Molte delle aree demaniali in concessione alla Soc. Lucchini e alla Tenaris non sono mai state utilizzate e conservano ancora oggi la morfologia delle aree umide. Più in generale emerge una diffusa sottoutilizzazione delle aree demaniali statali in uso all’industria.
Dai dati emerge che solo il 68,54% delle aree demaniali in concessione alle grandi industrie siderurgiche (Soc. Lucchini, ora Aferpi, e Soc. Tenaris) ricadeva in zone che i piani urbanistici destinano alla grande industria. Le altre aree, pari a 164 ettari, risultano invece strategiche per lo sviluppo infrastrutturale, la riqualificazione ambientale e la diversificazione produttiva».
Ciò significa che il Comune di Piombino e le altre istituzioni hanno avuto l’occasione di mettere le premesse, attraverso un più adeguato dimensionamento delle aree da passare ad Aferpi, per sviluppare loro idee per la utilizzazione di quella parte di territorio e non precostituirne invece la non utilizzazione almeno parziale per un numero considerevole di anni.
Purtroppo questa occasione è andata persa.
Il demanio marittimo
Per quel che riguarda il demanio marittimo di cui è titolare l’ Autorità portuale (in verde) la stessa Autorità portuale di Piombino, già prima della firma dell’accordo di programma, aveva adottato una deliberazione con la quale aveva avviato il procedimento finalizzato al rilascio dell’accordo sostitutivo della concessione demaniale (per leggere clicca qui) con la quale prendeva atto che Aferpi
- aveva manifestato la propria intenzione di sostituire in via esclusiva Lucchini nel godimento della concessione con l’esclusione delle aree dei carbonili (circa 50 ettati),
- aveva richiesto l’ampliamento della durata della concessione per almeno cinquanta anni (la concessione Lucchini decorreva dal 25 settembre 2011 e sarebbe scaduta il 24 settembre 2015),
- Aferpi aveva manifestato l’interesse all’ampliamento della concessione in relazione allo sviluppo delle aree ad essa limitrofe,
- rispetto ad esse sempre Aferpi aveva richiesto di avvalersi di un diritto di opzione nel caso di ricevimento di istanze di terzi aventi ad oggetto le medesime superfici (diritto di opzione significa che quelle aree saranno assegnate ad Aferpi prima che a qualunque altro se Aferpi lo vorrà; ma come sappiamo Aferpi lo vuole).
L’ Autorità portuale nella stessa delibera accettava la proposta Aferpi e stabiliva anche di riconoscere ad Aferpi la facoltà di esercitare il diritto di opzione richiesto.
Si tratta delle aree comprese nell’ampliamento del porto in corso, in viola nella cartina sottostante:
Come si vede si tratta di aree importantissime nell’ambito dello sviluppo portuale. Dalla loro utilizzazione dipendono attività economiche, occupazione, valorizzazione, insomma, degli investimenti pubblici fatti. È immaginabile che più operatori ne siano interessati ma Aferpi, con quel diritto di opzione è ovviamente e tranquillamente avvantaggiato.
Osservazione conclusiva
Quello che sconcerta, infine, è il fatto che scelte simili, decisive per le sorti di una zona in gravissima crisi economica e sociale, non siano state o siano oggetto di una discussione pubblica, al di fuori di indirizzo politici oggi inesistenti ma normalmente necessari, e che tutto sia stato e venga deciso all’interno di riunioni e tavoli riservati.
Ed anche che le istituzioni pubbliche abbiano agito e stiano agendo di rimbalzo rispetto alle volontà di Aferpi, non certo a partire da una loro visione dello sviluppo, degli operatori economici necessari e degli assetti territoriali relativi che può coincidere ma essere anche diversa, in tanto o in poco, da quella di Aferpi.
Un problema politico enorme.