Navi militari affondate prima della rottamazione
PIOMBINO 8 marzo 2018 — Che fosse un miraggio, una chimera o una bolla di sapone una cosa è certa: le navi militari destinate alla dismissione ben difficilmente arriveranno a Piombino.
Lo scrive molto chiaramente un’ autorità inoppugnabile, l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale (quella che ha inglobato le Autorità di Piombino e Livorno) nel Piano Operativo Triennale 2018–2020 approvato l’11 dicembre 2017 dal Comitato di gestione, di cui fanno parte sia il Comune di Piombino sia la Regione Toscana. «Relativamente — rilegge nel documento — alla resa in disponibilità di navi militari come indicato nell’accordo di programma del 24 aprile 2014 sono state effettuate da parte della Società (si tratta della Piombino Industrie Marittime costituita da Società Saipem S.p.a., S. Giorgio del Porto S.p.a. e Fratelli Neri S.p.a., ndr)) verifiche tecnico economiche sui mezzi messi a disposizione da parte della Marina ma senza addivenire ad alcun accordo con il Ministero della Difesa data la incoerenza tra il valore prospettico delle imbarcazioni e gli effettivi ricavi potenziali ricavabili dalle operazioni di refitting o demolizione».
Ma si dice anche di più. «Tale incoerenza mette in discussione i principi su cui è stata fondata la sostenibilità economico finanziaria di questa sezione del citato accordo di programma, tal ché, alla luce delle attività svolte fino ad oggi nonché delle nuove disposizioni normative in materia, si ritiene opportuno la convocazione del Tavolo dei sottoscrittori dell’Accordo di Programma stesso per effettuare una ricognizione circa il permanere della sostenibilità degli obiettivi che a suo tempo fissati».
Già quell’accodo di programma per la riqualificazione e la riconversione del polo industriale di Piombino nel quale pomposamente stava scritto: «Il Governo si impegna a rendere disponibili navi da smantellare del Ministero della Difesa ai siti navali ubicati presso il porto di Piombino che presenteranno i requisiti professionali, ambientali e sanitari, richiesti per lo svolgimento di tale attività ed, a tale scopo, il Ministero della Difesa procederà alla definizione di un programma di dismissione delle navi, anche in termini di numerosità e tonnellaggio, nell’ambito di uno specifico crono programma determinato entro tre mesi».
Dopo quasi quattro anni tutto da rivedere e soprattutto, sembra di capire, va ridiscussa la finalità di tutta l’impalcatura predisposta e cioè la demolizione delle navi o, per usare termini molto in voga, «le attività di “Ship recycling” o demolizione navale controllata, nell’ambito del frame normativo tracciato dalla Convenzione Internazionale di Hong Kong del 2009».
Che il capitolo della demolizione delle navi militari fosse un capitolo chiuso, se mai è stato aperto (come Stile libero ha dimostrato in precedenti articoli ), lo si è capito anche da un’altra notizia recente: il 30 novembre 2017 nel palazzo comunale di Taranto, alla presenza del Sindaco della città pugliese Rinaldo Melucci, il Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio Sergio Prete e il Direttore generale dell’Agenzia Industrie Difesa Gian Carlo Anselmino, hanno firmato un accordo quadro per la definizione di un programma congiunto e pluriennale finalizzato alla realizzazione di un Hub specialistico per le attività di “Green Ship Recycling” dedicato al naviglio militare e civile, nazionale ed estero, all’interno del sito denominato “Ex Yard Belleli”.
«Modello La Spezia per il Porto di Taranto: si punta alla demolizione navi» ha titolato al riguardo Il Sole 24 ORE.
Gian Carlo Anselmino, direttore generale dell’Agenzia industrie Difesa, da parte sua, ha assicurato che «i presupposti per la realizzazione del progetto esistono tutti. È una possibilità concreta. Siamo disponibili a mettere a disposizione anche di Taranto, dopo La Spezia, la nostra professionalità e competenza grazie ad un team già formato. Vogliamo avere in Italia un sito per lo smantellamento il riciclo delle navi che sia competitivo e rispettoso delle più severe norme ambientali. Pensiamo che ciò sia possibile proprio a Taranto dove possiamo progettare un’infrastruttura ad hoc partendo da zero».
La storia piombinese riguardo alle navi militari cominciò, come abbiamo visto, con la firma dell’accordo di programma del 24 aprile 2014 e con l’annuncio, il 27 luglio 2014, del Presidente del consiglio Matteo Renzi che, riferendosi al porto di Piombino, aveva esclamato senza ombra di dubbio: «Smantellerà due navi militari».
Il 9 settembre 2016 la fu firmato a Firenze un accordo che prevedeva la concessione da parte dell’Autorità portuale di Piombino alla Piombino industrie marittime (Pim), per un periodo di 40 anni, di una superficie totale di 103.295 metri quadrati dei quali 80.922 già realizzati, e altri 22.373 di prossima realizzazione che avrebbero dovuto essere terminati entro 12 mesi, Ciò avrebbe consentito alla Pim di insediarsi nel Porto di Piombino e iniziare la costruzione di capannoni e strutture, avviando investimenti quantificabili in circa 14 milioni di euro. La Regione Toscana nell’occasione assicurò : «La nuova infrastruttura partirà con l’attività garantita dall’intesa con il Ministero della difesa e la Marina militare per lo smantellamento di navi militari previsto dall’accordo di programma per l’area di crisi industriale complessa».
Le certezze sui tempi si sprecarono. Il commissario dell’allora Autorità portuale di Piombino, Luciano Guerrieri, spiegò: «…hanno già chiesto l’autorizzazione integrata ambientale e la dovrebbero avere entro settembre. Quindi inizieranno i lavori sulla banchina da terminare entro l’anno (anno 2016, ndr). Il polo della rottamazione dovrebbe essere attivo già all’inizio del 2017…».
Guerrieri, nelle sue affermazioni, era stato preceduto da Gianfranco Simoncini, consigliere del Presidente Enrico Rossi, che, il 13 aprile 2016, aveva assicurato: «Entro giugno dovrebbero avviarsi i lavori di completamento del polo di Piombino per lo smantellamento navi, che dovrebbe entrare in funzione a dicembre».
E fu seguito dal Ministro della difesa, Roberta Pinotti, che i primi giorni del dicembre 2016 a margine del giuramento all’Accademia Navale di Livorno giurò e spergiurò: «Abbiamo firmato un protocollo e abbiamo detto che 38 navi di quelle che la Marina ha già dismesso devono andare a Piombino. Credo che stiano concludendo i lavori a Piombino, necessari per fare lo smantellamento delle navi, noi manterremo questo impegno. Le navi che non possono essere trasportate saranno smantellate nei luoghi dove sono ma 38, che è un numero significativo, saranno destinate a Piombino quando sarà pronta».
Ma anche i tempi indicati dalla Pim nella richiesta di Autorizzazione Integrata Ambientale presentata al Comune di Piombino l’ 11 agosto 2017 sono saltati. Il progetto per cui si richiedeva l’autorizzazione integrata ambientale era inerente l’installazione di un impianto di demolizione navale controllata, inteso come impianto di trattamento rifiuti pericolosi, opera principale, e di un impianto di costruzione/riparazione/manutenzione/trasformazione navale, inteso come cantiere navale, opera connessa.
Tra aree ancora non rese disponibili da parte dell’ Autorità portuale, tempi per le autorizzazione e tempi tecnici il periodo indicato per l’inizio delle attività era settembre/dicembre 2017 ma è già stato abbondantemente superato.
Ma, come abbiamo visto, in realtà l’ Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale nel suo Piano operativo 2018/2020 ha posto problemi addirittura più rilevanti.
Tirino le conclusioni da sé i nostri venticinque lettori di manzoniana memoria.