Navigando tra ammortizzatori sociali vecchi e nuovi
PIOMBINO 10 maggio 2016 — Il 24 marzo Aferpi ha inviato al commissario straordinario Nardi una prima relazione ( Stile libero ne ha parlato nell’articolo Su opere, tempi e finanziamenti dubbi giustificati) nella quale afferma che il 6 novembre “…il personale delle amministrazioni straordinarie di Lucchini e Lucchini Servizi sarà totalmente assorbito, anche se riteniamo che sarà necessario il ricorso ad ammortizzatori sociali…”.
Secondo i dati del commissario gli occupati Aferpi sono stati
- al 1° luglio 2015 1.080,
- al 1° aprile 2016 1.380.
Tutti questi hanno usufruito di un contratto di solidarietà che ha comportato mediamente un riduzione dell’orario di lavoro pari al 60% pagata dallo Stato attraverso l’Inps, secondo le tabelle pubblicate da Stile libero nell’articolo Cassa integrazione o solidarietà: buste paga leggère.
Il 6 novembre 2016 i lavoratori Aferpi saranno 2.101 ed il problema che si pone è la possibilità o meno che tutti possano usufruire del contratto di solidarietà. Ma da un lato quella data era giustificata da una serie di eventi che non si verificheranno (il piano industriale prevedeva che sarebbero finiti nel dicembre 2016 i lavori della prima acciaieria, un mese prima di tutti i servizi ed ancora prima del treno medio piccolo e del treno vergella), dall’altra l’occupazione prevista per la parte siderurgica nelle dimensioni massime era di 1.450 occupati. La cosa che preoccupa ulteriormente è il fatto che la stessa Aferpi annuncia ora che “…per quanto riguarda i volumi di produzione del 2016 riteniamo di dover rivederli al ribasso…”.
Gli ostacoli all’applicazione del contratto di solidarietà per tutti i lavoratori sono superabili ”…solo col funzionamento — ha detto esplicitamente il sindacalista Renda nel corso dell’ultima assemblea del 3 maggio — dei treni a pieno regime…”.
È dunque probabile che in Aferpi non ci sia spazio per una simile soluzione.
L’unico obbligo per Aferpi è quello che impone la legge Marzano e soprattutto il Decreto Legislativo 8 luglio 1999, n. 270, cioé di proseguire per almeno un biennio le attività imprenditoriali e mantenere per il medesimo periodo i livelli occupazionali stabiliti all’atto della vendita, cioé fino al 1° luglio 2017.
Su cosa succederà fino a quella data e dopo è difficile fare previsioni anche perché la soluzione deve fare i conti con il jobs act e col decreto sulle nuove disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro.
E non sono certo quelli che vengono chiamati i progetti della reindustrializzazione che possono dare un grande aiuto.
L’incertezza aumenta se analizziamo bene le scadenze, peraltro discutibili, che sempre Aferpi ha scritto nella stessa relazione:
- fino al secondo semestre 2018 non inizia la produzione della prima acciaieria e del treno rotaie,
- i lavori della parte logistica potranno essere avviati nella prima parte del 2017 (i posti di lavoro previsti erano 50),
- lo smantellamento degli impianti fermi non inizierà prima del settembre 2016,
- l’avvio dei lavori del settore agroindustriale è legato al completamento dello smantellamento degli impianti dell’area a caldo e della delocalizzazione dell’attuale treno rotaie, cioè dopo il secondo semestre 2018 (i posti di lavoro previsti erano 700).
Appare chiaro che, anche nella migliore delle ipotesi, e cioé quella descritta da Aferpi, i problemi occupazionali, anche parlando solo dei lavoratori Lucchini/Aferpi, saranno assai pesanti.
Le riunioni previste presso i ministeri del lavoro e dello sviluppo economico si preannunciano come molto impegnative.
(Foto di Pino Bertelli)
Due verità ad oggi purtroppo assolutamente reali: la prima è che gli smantellamenti non inizieranno a settembre 2016 poiché nessun percorso autorizzativo è stato avviato, la seconda è che la produzione di acciaio andrà ben oltre il secondo semestre 2018, punto. Condivido quindi i contenuti dell’articolo e tutti i dubbi espressi.