No all’ampliamento delle cave Solvay e Monte Calvi

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SAN VINCENZO 30 novem­bre 2018 — I Cir­coli Legam­bi­ente Cos­ta Etr­usca e Val di Cor­nia riten­gono che le richi­este di ampli­a­men­to del­la cava Solvay di San Car­lo e del­la cava di Monte Calvi, rap­p­re­senti­no una strate­gia di svilup­po ter­ri­to­ri­ale peri­colosa e ricat­ta­to­ria, non con­di­vis­i­bile per le sue con­seguen­ze sull’ambiente e per il neg­a­ti­vo effet­to sociale ed eco­nom­i­co.
Legam­bi­ente si esprimerà appro­fon­di­ta­mente nel cor­so del pro­ced­i­men­to di Val­u­tazione Ambi­en­tale Strate­gi­ca (VAS) di entram­bi i prog­et­ti, ed inten­di­amo sin da ora sol­lecitare la più ampia parte­ci­pazione e infor­mazione sui prog­et­ti.
Entram­bi i prog­et­ti gra­vano total­mente nel Sito di Inter­esse Comu­ni­tario (SIC) e nelle zone di mas­si­mo vin­co­lo ambi­en­tale (com­pre­so Rete Natu­ra 2000), con emer­gen­ze nat­u­ral­is­tiche ed arche­o­logiche sig­ni­fica­tive. L’es­trazione ha già ampia­mente sfrut­tat­to il ter­ri­to­rio e non è più sosteni­bile can­cel­lare per sem­pre la nos­tra sto­ria (buche e miniere etr­usche) e i nos­tri beni comu­ni. Invece si pro­pone ulte­ri­ore con­sumo di suo­lo “vergine” alla vec­chia maniera, piut­tosto che miglio­rare i pro­ces­si pro­dut­tivi nelle attuali aree di cave.
Il loro ampli­a­men­to com­porterebbe pesan­ti ed irre­versibili dan­neg­gia­men­ti, se non il totale annul­la­men­to, degli obi­et­tivi pro­posti dall’istituzione del vin­co­lo di tutela comu­ni­tario.
Pro­prio per­ché le richi­este di Solvay e di Cave di Campiglia pre­fig­u­ra­no un ulte­ri­ore e dete­ri­ore sfrut­ta­men­to del ter­ri­to­rio per i prossi­mi decen­ni, ipote­si non pre­vista da alcun pro­gram­ma elet­torale, rite­ni­amo sia com­pi­to e dovere del Comune di San Vin­cen­zo avviare una dovu­ta infor­mazione e dis­cus­sione pub­bli­ca  che non si lim­i­ti “al min­i­mo pre­vis­to dal­la legge”.
Infat­ti, i prog­et­ti sem­bra­no con­fer­mare l’idea di fare dei Comu­ni di San Vin­cen­zo e di Campiglia Marit­ti­ma un “dis­tret­to regionale delle cave”, con­trad­di­cen­do clam­orosa­mente il ten­ta­ti­vo, a buon propos­i­to, di diver­si­fi­care lo svilup­po di questi ter­ri­tori attra­ver­so la val­oriz­zazione nat­u­ral­is­ti­ca e l’incentivo ad un tur­is­mo sosteni­bile ad esso col­le­ga­to.
Anco­ra una vol­ta, da parte di Solvay, si annun­cia il ricat­to occu­pazionale. Si fan­no cir­co­lare notizie di “centi­na­ia” di posti di lavoro che sareb­bero a ris­chio e di nuovi che non si con­cretizzereb­bero, qualo­ra gli ampli­a­men­ti non venis­sero autor­iz­za­ti.
Ad esso si abbinano, aggra­van­done il propos­i­to ricat­ta­to­rio, i tem­pi di pre­sen­tazione dei prog­et­ti, in piena cam­pagna elet­torale per il rin­no­vo dei con­sigli comu­nali, in un ten­ta­ti­vo di con­dizionare l’opinione pub­bli­ca sen­si­bile alla crisi occu­pazionale.
Non vor­rem­mo che davan­ti ad un prog­et­to di fat­to “comune” tra Solvay e Cave di Campiglia dif­fi­cil­mente real­iz­z­abile per i vin­coli pre­sen­ti dif­fi­cil­mente sor­montabili, via sia una strate­gia tesa a gius­ti­fi­care lo sposta­men­to di alcune pro­duzioni in altri Pae­si europei, dan­do la col­pa ai “soli­ti ambi­en­tal­isti”.
L’obiettivo occu­pazionale va perse­gui­to garan­ten­do i posti di lavoro attuali e la creazione di nuovi, per mez­zo di una strate­gia che si pre­fig­ga, per i prossi­mi anni, anziché di sac­cheg­gia­re e dis­trug­gere il ter­ri­to­rio, di preser­varne e rin­no­varne le risorse nat­u­rali e la loro qual­ità, con attiv­ità agri­cole, arti­gianali, tur­is­tiche, cul­tur­ali, servizi alle per­sone e alle imp­rese. A par­tire dal ripristi­no ambi­en­tale e pae­sag­gis­ti­co dei siti estrat­tivi dismes­si.
Il nos­tro impeg­no, nei mesi che ci atten­dono, sarà quel­lo di col­lab­o­rare con tut­ti col­oro che si impeg­n­er­an­no ad oppor­si a questi prog­et­ti e a cogliere l’opportunità per delin­eare un’idea di svilup­po che abbia al cen­tro l’ambiente, il lavoro e le comu­nità locali come pro­tag­o­niste del loro futuro.

Cir­coli Legam­bi­ente Cos­ta Etr­usca e Val di Cor­nia

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