No piano industriale e no cronoprogramma
PIOMBINO 25 settembre 2016 — Diversi amministratori pubblici hanno risparmiato tempo e denari che altrimenti sarebbero stati spesi inutilmente per l’ennesimo inconcludente viaggio a Roma. È saltata la riunione, giudicata da tutti importantissima, al Ministero della sviluppo economico, nella quale avrebbe dovuto essere presentato il nuovo piano industriale Aferpi con relativo cronoprogramma. Non è dato sapere quale piano industriale sarebbe stato presentato ma è lecito supporre che non si sarebbe discostato da ciò che è contenuto nei documenti presentati dall’azienda in sede di procedura di assoggettabilità ambientale e di variante urbanistica e dunque che non ci sono le condizioni per avere un piano industriale come Dio comanda né per la parte siderurgica né per le altre.
Ovviamente il primo problema è quello dei finanziamenti (sia quelli della proprietà che del sistema finanziario) che nella migliore delle ipotesi, stando a quanto ha più volte affermato dall’amministratore delegato di Aferpi, Fausto Azzi, potranno essere certi o parzialmente certi per la parte siderurgica solo entro dicembre. Quelli delle altre parti (logistica, agroindustriale e commerciale ‑artigianale) non sono mai entrati nell’ordine del giorno della discussione.
Il secondo riguarda i tempi di realizzazione che dipendono sia dal primo punto sia dall’elaborazione dei progetti che sono ancora perlopiù in alto mare e comunque non tali da poter parlare di appalti. Lo stesso progetto del nuovo forno elettrico e del treno rotaie non è ancora ad un punto tale da poter essere utilizzato per far partire progettazione e appalti di tutte le strutture di servizio altrettanto necessarie. Non è un caso che i tempi, enfaticamente chiamati cronoprogramma, descritti nel masterplan del 5 luglio, sono già saltati.
Il terzo ha a che fare con l’occupazione dato che, pur ammettendo che il 1° novembre tutti i lavoratori oggi in cassa integrazione presso la ex Lucchini siano assunti in Aferpi, non è ancora chiaro se una produzione media mensile pari a 40.000 tonnellate possa giustificare i contratti di solidarietà, come richiesto dalle organizzazioni sindacali, per tutti i dipendenti o no.
Infine la questione delle autorizzazioni amministrative che non possono prevedere tempi brevissimi dato che è ancora in corso la procedura di non assoggettabilità alla valutazione di impatto ambientale e la variante al piano strutturale ed al regolamento urbanistico senza i cui esisti finali la conferenza dei servizi non può approvare il progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico e produttivo 1ª fase, cioè la parte siderurgica e quella logistica ma non la parte agroindustriale né quella commerciale-artigianale, ed i ministeri dell’ambiente e dello sviluppo economico emanare il decreto di approvazione.
Siccome le conseguenze dell’aver dato per fattibile un piano industriale che non era un piano industriale (e oltretutto anche ciò che era scritto non era fattibile) si sono viste nel tempo è il caso di non ripetere lo stesso errore. È invece necessario pretendere impegni, tempi e garanzie certi.
E non immaginare riunioni decisive che ormai da troppo tempo e troppo spesso non si rilevano come tali.
(Foto di Pino Bertelli)
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