Non fanno politica, solo contabilità
CAMPIGLIA 4 febbraio 2017 — La stizzosa risposta dell’assessore Ticciati alle critiche mosse dai cittadini sulla politica scolastica adottata dal Comune è l’ennesima dimostrazione che chi governa Campiglia non fa “politica” ma solo contabilità.
Chiudere una sezione di materna basandosi sulla sola valutazione numerica delle nascite senza fare alcun tentativo e proposta per salvare la scuola a Campiglia è indice o di incapacità politica o di volontà di portare avanti con tutti i mezzi la eliminazione di Campiglia come luogo del vivere, pensando solo a Venturina e al suo bacino di voti molto più ampio.
Le capacità di gestione si vedono nelle scelte che si fanno di fronte alle difficoltà. In questo, come in altri casi, l’amministrazione attuale e quelle passate, che comunque sono sempre fatte dagli stessi personaggi, hanno dimostrato di essere solo dei contabili pronti a chiudere l’ospedale, a chiudere la scuola media, la cui sede si è ridotta a un condominio quasi completamente vuoto e ora alla chiusura di fatto della scuola materna.
L’assessore Ticciati dovrebbe cessare di ripetere le solite parole fritte e rifritte su quanto fa il Comune per il centro storico: cinque giorni di Apritiborgo, cinque/sei spettacoli al Teatro dopo due anni di chiusura, il centro Mannelli di fatto inutilizzato, un centro di riabilitazione al posto dell’ospedale e ambulatori. A parte che mi sembra che il Comune si faccia bello anche con cose che dipendono da esso in minima parte, la Ticciati non si preoccupi: anche noi anziani che non restiamo a Campiglia certo per i 10 giorni di spettacoli su tutto l’anno, siamo destinati a scomparire e finalmente lasciare vuoto il paese vecchio senza più bisogno neanche di ambulatori.
E ancora: la Ticciati ci dice che lo spopolamento dei centri storici è endemico e irrisolto e si chiede allora se tutte le amministrazioni sono incapaci. L’assessore dovrebbe studiare meglio gli esempi di recupero che in alcuni Comuni d’Italia si stanno realizzando. Ma la domanda allora non è se gli amministratori di Campiglia siano incapaci ma se siano all’altezza di risolvere il problema del centro storico, sempre che lo vogliano fare.
Questo modo di fare politica ricorda tanto il modo di gestire le crisi aziendali dove di fronte alle difficoltà si sceglie quasi sempre di chiudere i reparti e di mandare tutti a casa. Per fare questo non c’è bisogno di amministrazioni e politici che rivendicano le loro radici in una così detta “sinistra”. Il fatto che la scuola di Campiglia chiuda rendendo più difficile la voglia di restare o di venire a stare nel paese vecchio per chi ha bisogno di questo servizio, non può essere compensato dall’alto livello della scuola a Venturina rivendicato dall’assessore; invece di rispondere ai cittadini accusandoli di “demagogia imbarazzante” dovrebbe o dare le dimissioni o dichiarare pubblicamente che Campiglia non è un luogo con problematiche da affrontare con capacità politica e gestionale e scelte di investimenti, ma semplicemente una frazione periferica e pochissimo significativa del Comune di Venturina Terme.
E infine tutti gli amministratori di Campiglia, sindaci in testa attuali e passati, dovrebbero smettere di prendere in giro i cittadini che pongono problemi, rispondendo che siano loro a fare proposte fattibili, a trovare gli imprenditori e i soldi. Non è mai venuto in mente a questi politici-contabili che sono loro gli eletti e che sono loro a dovere cercare quello che chiedono con arroganza e stizza ai cittadini?
Se credono alla politica che stanno facendo e la vogliono portare avanti a suon di maggioranze in consiglio comunale, gli amministratori lo dicano e si risparmino la farsa di incontri pubblici che non spostano di un centimetro le scelte fatte a monte. Quelli che non ci credono e non pensano che il problema del centro storico sia assimilabile al costoso mantenimento di un anziano non autosufficiente del quale più o meno tacitamente ci si augura la dipartita, farebbero bene ad andarsene per coerenza con le proprie idee.
*Alberto Primi è coordinatore del Comitato per Campiglia
Una piccola riflessione: nei paesi terremotati la scuola che riapre è il primo segno di continuità; anche i bimbi più svogliati vivono il ritorno a scuola come segno di stabilità di vita, di continuità di abitudini. La perdita dei riferimenti è il primo segno di precarietà. Aprire luoghi di ristorazione vari che poi penosamente vengono lasciati in abbandono, vedi la Margherita all’ingresso del paese, rende sciatto anche il benvenuto a chi arriva. Strano che lo noti solo io?