E non si parli di revamping di altoforno e acciaieria

PIOMBINO 14 mar­zo 2018 — Lo sce­nario del­la crisi del­lo sta­bil­i­men­to ex-Luc­chi­ni è cam­bi­a­to: diven­ta­to asso­lu­ta­mente imp­re­sentabile Rebrab e quin­di non più cred­i­bile la nar­razione felice che ci han­no propina­to per tre anni, ecco all’orizzonte il nuo­vo “sal­va­tore del­la patria” Jin­dal ed ecco la nuo­va nar­razione felice, fat­ta di illazioni gior­nal­is­tiche spac­ciate per ver­ità e di dichiarazioni di grande fidu­cia di politi­ci e sin­da­cal­isti.
Noi rite­ni­amo che pri­ma di esprimer­ci si deb­ba andare a vedere se è un bluff o una scala. Quel che è cer­to è che dob­bi­amo porre dei pun­ti fer­mi, pri­ma che si sco­pra­no le carte.
Pri­mo pun­to: esiste la neces­sità urgente che la fab­bri­ca ripren­da la pro­duzione in due fasi: l’immediata riparten­za degli impianti di lam­i­nazione e la suc­ces­si­va ripresa del­la pro­duzione di acciaio. Ques­ta sec­on­da fase deve avvenire con dei vin­coli ben pre­cisi, defin­i­ti in tre anni di dibat­ti­ti e di mobil­i­tazione: l’abbandono del ciclo con alto­forno, la pro­duzione con forni elet­tri­ci a bas­so tas­so di inquina­men­to, la local­iz­zazione di tut­ti gli impianti nell’area nord, lon­tano dal­la cit­tà. Ipote­si di revamp­ing dell’altoforno e, anche se solo tem­po­ranea­mente, del­la vec­chia acciaieria sono inac­cetta­bili, sia dal pun­to di vista tec­ni­co, sia di eco­nomic­ità pro­dut­ti­va, sia infine per­ché impedis­cono lo svilup­po di piani di diver­si­fi­cazione. Inoltre, dato l’investimento nec­es­sario, da tem­po­ranei si trasformereb­bero presto in defin­i­tivi, cre­an­do oltre­tut­to una grave spac­catu­ra tra lavo­ra­tori e una parte del­la cit­tad­i­nan­za.
Sec­on­do pun­to: l’allontanamento di Cevi­tal deve essere totale. È forte­mente inadem­pi­ente anche sulle altre par­ti del suo prog­et­to e lo svilup­po del por­to non può venir con­dizion­a­to da Rebrab. Inoltre la sua inadem­pien­za por­ta con sé come con­seguen­za la riven­di­cazione del­la nul­lità dell’accordo strap­pa­to ai lavo­ra­tori e che prevede la perdi­ta di dirit­ti e del 30% di salario.
Ter­zo pun­to: se è vero che nel caso di ven­di­ta diret­ta tra pri­vati i lavo­ra­tori e i sin­da­cati non han­no voce in capi­to­lo è altret­tan­to vero che invece il gov­er­no ha voce in capi­to­lo e può arrivare ad impedire la ven­di­ta. Dob­bi­amo esercitare una for­tis­si­ma pres­sione sul gov­er­no (qualunque esso sia) per assi­cu­rar­ci che, nel caso di ver­ifi­cate inten­zioni di Jin­dal, si fac­cia cari­co degli inter­es­si dei lavo­ra­tori. Deve anz­i­tut­to imporre che il suo ruo­lo di vig­i­lan­za sul­la vicen­da con­tinui per tut­to il tem­po di attuazione del piano, anche come con­tropar­ti­ta per i sol­di che lo Sta­to, in varie forme, met­terà a dis­po­sizione; anz­i­tut­to pre­tenden­do tem­pi cer­ti: se dopo la “due dili­gence” di sei set­ti­mane a par­tire dal giorno 12 mar­zo non ver­rà fir­ma­to un pre­lim­inare di ven­di­ta si dovrà pro­cedere alla nom­i­na di un nuo­vo com­mis­sario che gestis­ca la fab­bri­ca, sen­za esclud­ere a pri­ori l’acquisto delle quote Cevi­tal da parte del­lo Sta­to stes­so; in sec­on­do luo­go la tem­p­is­ti­ca: alla pri­ma inadem­pien­za sul crono­pro­gram­ma, il con­trat­to dovrà essere annul­la­to, sen­za i gio­chet­ti che han­no carat­ter­iz­za­to la vicen­da Afer­pi, e ritornare all’ipotesi del com­mis­sari­a­men­to; infine il gov­er­no deve impeg­nar­si affinché la ven­di­ta ven­ga con­sid­er­a­ta un nuo­vo inizio e vengano ripristi­nate da zero le garanzie pre­viste dal­la legge Marzano e l’estensione del peri­o­do di ammor­tiz­za­tori sociali per tut­ti i lavo­ra­tori, sia diret­ti che dell’indotto, inclusi quel­li già espul­si e che stan­no esauren­do ogni ammor­tiz­za­tore.
Quar­to pun­to: ques­ta vol­ta non dob­bi­amo las­cia­re che poche per­sone deci­dano per il nos­tro futuro, ma pre­tendere di essere noi a decidere. Per questo il gov­er­no deve garan­tire la più ampia dif­fu­sione dell’eventuale piano indus­tri­ale e finanziario del­la soci­età acquirente e questo deve essere ogget­to di una dis­cus­sione appro­fon­di­ta dei lavo­ra­tori e dei cit­ta­di­ni, con un per­cor­so ampio di democrazia parte­ci­pa­ta.
Su questi quat­tro pun­ti, che con­sid­e­ri­amo l’indispensabile pre­mes­sa per una even­tuale dis­cus­sione di mer­i­to sui piani di un even­tuale acquirente noi del Coor­di­na­men­to Art.1 – Camp­ing CIG con­tin­uer­e­mo a bat­ter­ci per la costruzione di un ampio fronte di impeg­no e mobil­i­tazione.

Coor­di­na­men­to Art.1 – Camp­ing CIG

Commenta il post