Non sia mai che si voti dopo il 15 settembre 2017
PIOMBINO 8 dicembre 2016 – Sarebbe uno scandalo, una vergogna, qualcosa di indigeribile e inaccettabile. Segnatevi sul calendario la data del 15 settembre 2017 e non dimenticatela. Quel giorno marca lo spartiacque tra la decenza e l’indecenza, tra il senso delle istituzioni e l’egoismo di chi indegnamente le dovrebbe rappresentare.
Nell’attuale clima preelettorale tiene banco l’argomento della data del voto, del giorno, cioè, in cui finalmente il popolo sovrano potrà tornare a scegliere.
È scontato come la gente abbia giustamente fretta di esprimersi, così come è evidente che alcuni passaggi preparatori al voto sono indispensabili per garantire al paese un minimo di tranquillità politica nel futuro.
Ha poco senso, purtroppo, reclamare per il tutto il tempo perso prima di varare una adeguata legge elettorale che oggi non abbiamo e che, invece, avremmo potuto tranquillamente avere. Avrebbe senso mettere fretta alla Consulta che incredibilmente comincerà a parlare della legittimità dell’Italicum solo a far data dal 24 gennaio. Ma i nostri giudici costituzionali, con stipendi da 360 mila a 500 mila euro l’anno, sono per lo più anziani e per abitudine gli anziani non corrono.
È, quindi, facile ipotizzare che, alla fine dei salmi, solo a febbraio si potrà discutere in parlamento di un nuovo testo elettorale. Il quesito, a quel punto, sarà soltanto relativo al tempo necessario per passare dalla proposta di una legge alla sua definitiva approvazione a Montecitorio e Palazzo Madama. Occhio perché nel numero di quelle settimane o di quei mesi di dibattito si nasconde un possibile grande inganno.
Le condizioni in cui il Paese si trova reclamerebbero impegno e fretta e la gente comune ha, già oggi, il diritto di richiamare al senso di responsabilità tutti coloro che hanno avuto l’onore di uno scranno parlamentare. Ovvio e scontato ma l’insidia, come dicevamo, esiste ed è grossa. Nel 2012, infatti, il governo presieduto da Mario Monti varò un regolamento secondo il quale deputati e senatori alla prima legislatura hanno diritto all’assegno di pensione (che non è proprio uguale a quello delle casalinghe) solo se raggiungeranno il limite di permanenza in parlamento di 4 anni, sei mesi ed un giorno. E quanti sono coloro che oggi si trovano in una situazione di attesa del vitalizio non avendo ancora superato il limite imposto da Monti? Un esercito. Per l’esattezza 417 deputati su 630 e 191 senatori su 315 per un totale di 608 parlamentari. Ovvero il 64,3 per cento dei 945 che occupano gli emicicli del potere legislativo. In prevalenza si tratta di esponenti del Movimento 5 stelle e del Pd (209).
E quando scadrebbe il termine ultimo oltre il quale scatterebbe, per Lor Signori, l’agognato vitalizio? Eccola la data da cerchiare di rosso: appunto il 15 settembre 2017.
Si capisce bene che, se il dibattito per approvare la nuova legge elettorale dovesse protrarsi fino alla vigilia dell’estate, cioè, più o meno, per quattro mesi, il rischio di votare in autunno diventerebbe abbastanza alto. Avete mai visto, infatti, consultazioni elettorali organizzate a luglio ed agosto?
In autunno, si sa, cadono le foglie e non vorremmo veder cadere anche l’ultimo refolo di dignità di una classe politica con un gradimento ai minimi storici. Per la cronaca in caso di votazioni prima del 15 settembre i parlamentari di prima nomina perderebbero irrimediabilmente i contributi versati non potendoli, per legge, ricongiungere ad altri profili previdenziali, né riscattare. Con il voto dopo il 15 settembre i nuovi baby pensionati riscuoterebbero al momento di compiere 65 anni. Invece i loro colleghi veterani, cioè quelli con più legislature alle spalle e quindi con ben oltre i 4 anni, sei mesi ed un giorno di mandato, riscuoterebbero ovviamente somme maggiori e anche prima dei 65 anni. Perché, per ogni anno passato in parlamento oltre il quinto, il requisito anagrafico viene abbassato di un anno fino al minimo consentito che è di 60 anni. Tanto per fare un esempio, chi è rimasto in parlamento, facciamo per tre legislature ed ha quindi una permanenza di oltre 10 anni, potrà scalare l’attesa della pensione di 5 anni e riscuoterà il suo vitalizio appunto a 60 anni. Con buona pace della signora Fornero.
Per quieto vivere ci conviene di pensare positivo e di adagiarci nella convinzione di un voto prima del 15 settembre 2017. Per arrabbiarci – e di brutto – nel caso, avremo tempo.