Non votiamo chi vuole il raddoppio della discarica
PIOMBINO 5 giugno 2019 — Il Comitato Salute Pubblica, come stabilito nel suo atto costitutivo e come hanno dimostrato tutte le sue azioni successive, è apartitico.
Il Comitato ha enunciato le sue finalità che potremmo definire di “politica ambientale” ed è su queste linee che si è creata una identità di vedute con la maggior parte dei partiti tradizionali e delle liste civiche, quindi desideriamo chiarire bene, al fine di evitare interpretazioni di comodo e spunti di inutile polemica, che il Comitato nel rispetto di quelle che sono state le scelte espresse dai cittadini mediante il voto desidera esprimere la propria posizione.
All’interno del Comitato hanno sempre confrontato le loro visioni ideologiche e politiche e i loro punti di vista cittadini appartenenti alle più diverse forze politiche: è dal confronto e dalla collaborazione che hanno preso le mosse le sue azioni, le sue iniziative, con la fatica che deriva dal cercare di dare spazio e conciliare tutte le “anime” che ne costituiscono la solidale identità.
L’esito delle elezioni comunali a Piombino pone fine ad ogni tentativo di mediazione e mette con prepotenza ogni elettore di fronte a un bivio netto: scegliere tra chi vuole e chi non vuole la grande discarica.
Il ballottaggio del 9 giugno è quindi un appuntamento significativo per le questioni ambientali di Piombino, per la salute dei cittadini e per le possibilità di sviluppo sostenibile dell’intera Val di Cornia. La deriva in cui Piombino è progressivamente precipitata, trasformandosi da città industriale a polo dei rifiuti che non è riuscita ad avviare le bonifiche e ha visto ridurre il diritto alla salute, richiede una netta inversione di rotta.
Il progetto di raddoppio della grande discarica all’ingresso della città è diventato, per tutta la Val di Cornia, il simbolo della necessità di una svolta.
La negazione del referendum su RIMateria ha evidenziato, accanto alla crisi ambientale, una preoccupante crisi democratica. Chi ha negato il referendum e sostiene la indispensabilità della discarica deve essere fermato, per avviare effettivamente un processo di riqualificazione territoriale che dia fiato alle possibilità di uno sviluppo nuovo, basato sul turismo, l’agricoltura, la piccola e media impresa. La Val di Cornia chiede a gran voce che sia bloccato il progetto di ampliamento della discarica di Ischia di Crociano e che siano accertate le responsabilità di chi ha gestito l’affare Asiu-RIMateria accumulando debiti che hanno causato l’arrivo di rifiuti speciali da fuori, fino a determinare una situazione insostenibile.
Per questo ci siamo sempre augurati che alle votazioni o all’eventuale ballottaggio venisse eletto il candidato sindaco di qualsiasi partito o lista civica che si fosse espresso chiaramente contro la discarica, per aprire una fase completamente nuova nella gestione dei rifiuti e delle bonifiche, finalmente libera da logiche politiche e clientelari.
Coerenti con la nostra identità, dunque, non vi diciamo chi votare, ma chi non votare: chi con arroganza si è sempre sottratto ad ogni confronto sul merito, documenti alla mano, e ha invece continuato a sostenere il falso e l’impossibile pur di mantenere quella posizione di incontrastata egemonia che ha fatto credere a qualcuno di essere al di sopra della legge, delle regole, della democrazia.
Al di là di astratte questioni ideologiche, la qualità ambientale del territorio è prioritaria ed essenziale per lo sviluppo sostenibile di tutta l’area e per il diritto alla salute dei cittadini.
Comitato Salute Pubblica
Gruppo 2019 Campiglia Marittima
Assemblea Popolare Suvereto
Comitato per Campiglia
(Foto di Pino Bertelli)
Dal Fatto Quotidiano on line di oggi 05/06/3019:
Rifiuti, dopo la Cina altri Paesi asiatici fermano importazione. “Nel 2030 rischio di dispersione di 111 milioni tonnellate”
Dopo il bando di Pechino, i tre quarti di tutta la produzione globale di plastica contaminata, mista o non riciclabile che entrava negli impianti cinesi e a Hong Kong, si è riversata sui paesi limitrofi. Vietnam, Thailandia, Malesia, Filippine e Indonesia, inizialmente erano ottimisti sulle possibilità di guadagno, ma si sono presto ricreduti.
Dopo il bando di Pechino, motivato da ragioni ambientali, i tre quarti di tutta la produzione globale di rifiuti di plastica contaminati, misti o non riciclabili che dal 1992 entrava negli impianti cinesi e a Hong Kong, si è riversata sui paesi limitrofi. Vietnam, Thailandia, Malesia, Filippine e Indonesia, inizialmente ottimisti verso l’impulso che il settore dei rifiuti – che solo in Cina offre lavoro a 1.5 milioni di persone con un valore di 200 miliardi di dollari – poteva dare alle economie locali, si sono ben presto ricreduti. Privi degli impianti necessari a smaltire la quantità di rifiuti in entrata, si sono visti sommersi dagli scarti del mondo occidentale ai quali si aggiungono quelli domestici. Il risultato sono pile di plastica e rifiuti solidi non riciclabili abbandonati in discariche improvvisate, gestite in impianti illegali o peggio ancora bruciate all’aria aperta, con contaminazione di aria, acqua e suolo, la cui gravità è confermata da uno studio della Global Alliance for Incinerator Alternatives (GAIA).
In conclusione, siamo sicuri che spostare sempre il problema “ma non nel mio giardino” sia la soluzione socialmente più corretta per il pianeta che, come la nostra specie, è unico e non diviso in particelle?