Occorre un nuovo accordo di programma
PIOMBINO 21 aprile 2017 — Quanto ottenuto al MISE è un risultato importante con un governo che reagisce ad una inadempienza grave, ma che non può pensare di fermarsi soltanto al muso duro verso un imprenditore dimostratosi fragile sul piano del progetto e della strategia. Rimane uno stabilimento da ripensare con una notevolissima fetta di territorio bloccato nelle sue definizioni urbanistiche proprio dal ritardo e dalla mancanza di un piano industriale chiaro, elemento questo che tiene fermi altri possibili acquirenti delle aree portuali e dell’intera area industriale piombinese. Occorre velocemente un nuovo accordo di programma che affronti i temi del completamento del porto e delle sue infrastrutture, della formazione per favorire l’inserimento di chi fuoriesce dall’industria e deve essere preparato per i nuovi lavori, degli ammortizzatori sociali per sostenere il reddito in attesa delle nuove imprese e delle bonifiche delle aree che si libererebbero dall’uscita di Cevital, diversamente la vera sconfitta sarebbe quella di accettare un assistenzialismo, che ci fa andare avanti nel breve periodo, ma che non può essere un prospettiva d’avvenire: dobbiamo perciò fare pressione sul governo nazionale perché qui sia creato lavoro, compatibilmente con le caratteristiche di questo territorio e che renda possibile la coabitazione in armonia di tutti i settori produttivi, senza che uno impedisca lo sviluppo degli altri, anch’essi portatori di occupazione, superando l’ antico concetto di “comparto industriale”, ma programmando una pluralità di attività produttive varie e sostenibili.
Diversamente, il morto rischia di trascinare a fondo il vivo e questo comprensorio non può più permettersi di attendere o addirittura rinviare una diversificazione che per realizzarsi, necessita di spazi, di infrastrutture, di servizi. Inoltre ad ambiente e salute non possiamo concedere oltre e altro: parliamo di bonifiche e di quale tipo di industrializzazione permettere, considerando per il presente, ma soprattutto per il futuro, come sia irrinunciabile la salvaguardia del patrimonio naturalistico e paesaggistico da non giocarci di nuovo in nome di un comprensibile ma insufficiente “Piombino tornerà a colare acciaio”; occorrerà capire quanto se ne produrrebbe, come, ma anche a chi venderlo quell’acciaio perchè come dimostrano tante realtà europee e mondiali, per essere competitivo sul mercato, uno stabilimento siderurgico a ciclo integrale o è grande o non è, con tutto ciò che ne consegue, impatto ambientale e riduzione di organici compresi.
Piombino deve usare una sua grande materia prima che è la conoscenza stessa dell’acciaio, guardare coraggiosamente al futuro, alla lavorazione fredda, al prodotto finito, attirando così anche quella manodopera giovanile che sta abbandonando il nostro territorio: quindi produrre è ancora possibile, ma stando attenti a quale tipo di industria è compatibile con altri settori di sviluppo, il turismo in primis e rispetto a questo, non siamo così ingenui da non comprendere i numeri che occorrerebbero per compensare quelli persi, ma nemmeno la cosiddetta grande industria, assimila oggi i numeri di ieri.
Andrea Fanetti, Coordinatore Spirito Libero per Piombino