Occorrerebbe costruire un clima da unità nazionale
PIOMBINO 11 aprile 2020 — Come la gran parte dei paesi del mondo l’Italia sta affrontando una fase drammatica che non ha precedenti la cui gravità non è ancora ponderabile in termini di profondità e di durata. È dura dirlo ma la retorica della speranza dovrà rapidamente lasciare il passo a ciò che sarà possibile fare per ridurre i danni che subirà il corpo sociale e produttivo del paese. Ecco perché per gestire l’emergenza e soprattutto per avviare una fase non breve di ricostruzione occorrerebbe costruire un clima da unità nazionale. Questo non significa silenziare il libero dibattito pubblico, quanto proporre soluzioni e sostenere tutti i livelli istituzionali impegnati nel fronteggiare questa drammatica crisi. Tocca a tutti e ovviamente per primo a chi governa, farsi carico di questa responsabilità perché per un Paese molto indebitato occorrono precondizioni di affidabilità per la gestione del proprio debito. Battiamo i pugni con un’Europa che rischia di cessare la propria esistenza, ma rendiamoci il più credibili possibile nel momento in cui ne richiediamo giustamente un impegno all’altezza della crisi che viviamo. C’è bisogno di una classe dirigente che abbia questo orizzonte, questa caratura. Allo stesso tempo crediamo che sia utile trarre degli insegnamenti dal ciclone che ha investito le nostre vite. Pensiamo all’importanza del Sistema Sanitario Nazionale e ai suoi operatori che anche in condizioni di normalità sono sempre al servizio dei cittadini, pensiamo alla rilevanza di un sistema socio-sanitario diffuso sul territorio e non solo imperniato sui presidi ospedalieri, pensiamo all’eccessiva frammentazione regionale di un sistema che andrebbe rafforzato centralmente per garantire realmente eguali livelli di assistenza per tutti. Sulle misure economiche si possono avere opinioni diverse, possiamo ragionare legittimamente su ciò che manca e su ciò che invece è utile: ad esempio molte attività non sono in condizione di prendere nuovi prestiti peraltro restituibili in tempi troppo stretti ma avrebbero necessitato di misure a fondo perduto, oppure pensiamo agli stagionali, alla ristorazione, alle imprese del turismo ma anche ai territori che vivono di turismo, come l’Isola d’Elba, per i quali bisognerà necessariamente predisporre misure speciali. Tuttavia una cosa è chiara a tutti: non può funzionare un paese che da anni è organizzato da una miriade di leggi e regolamenti che si sovrappongono, nazionali, regionali e locali. Il problema non è solo la burocrazia quanto le norme che nel tempo l’hanno alimentata. È perfino difficile far arrivare ai cittadini i soldi che già ci sono, pensiamo alla cassa integrazione o alla liquidità per le aziende. Bisogna rapidamente immettere risorse in mano ai cittadini con controlli e sanzioni successivi, a valle, superando la centralità dell’istruttoria pubblica che rallenta tutti i tempi che si intercorrono tra la decisione politica e l’attuazione delle scelte. Una deregolazione sul sistema delle autorizzazioni è una delle sfide che l’Italia ha di fronte a sé per tornare a crescere. Insomma è evidente che dovremo necessariamente immaginare un piano per un Paese che è destinato a convivere per un tempo non breve con l’esistenza del virus e con i suoi effetti anche psicologici che dureranno ben oltre l’emergenza. È ormai chiaro a tutti che un piano per la riapertura, ancorché graduale, delle attività economiche è quanto mai urgente. Non dimentichiamoci che una buona parte del Paese non ha mai smesso di lavorare e che senza quelle imprese e quei lavoratori oggi il paese sarebbe alla catastrofe. Certo ci vogliono delle precondizioni perché al primo posto c’è la salute di tutti e di ciascuno. Una mappatura delle attività, distanziamenti e procedure operative di sicurezza rigide, la fornitura di mascherine a norma e di dispositivi di protezione. Occorrerà che tutto ciò sia accompagnato da uno screening di massa per tutti i lavoratori per rendere più sicura la ripartenza per tutti. La costruzione di un piano siffatto è tutt’altro che semplice ma tocca al decisore politico ascoltare il parere degli scienziati e poi decidere. Siamo di fronte ad una sfida imponente per far progredire i risultati raggiunti nella lotta al virus anche grazie ai sacrifici che stanno facendo gli italiani e contemporaneamente rimettere in moto un paese che non sappiamo per quanto tempo potrà essere mantenuto dal debito pubblico. Ce la faremo, ne usciremo, ma il modo e tempi dipendono solo da noi e dalle nostre scelte.
Kety Pini e Matteo Tortolini, Coordinatori Italia Viva Val di Cornia-Elba
Pierluigi Rinaldi coordinatore Comitato Italia Viva
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Diverrete credibili solo se avrete il coraggio, mai avuto, di affrontare il Moloch statale che nessun partito politico ha mai voluto fare. Dietro la “burocrazia” ci sono dipendenti dello Stato che faranno di tutto per impedirvi di smantellarla, ne va del loro posto di lavoro. Il perdurare dell’esistenza di enti dichiarati inutili e la mancata soppressione delle provincie ne sono un esempio, perciò , per favore, smettete di ripetere all’infinito il solito mantra, è venuto a noia. O vi decidete ad abbattere il moloch o tacete. Avete ridotto le spese dove era più facile e gli attuali disastri sono lì a dimostrarlo, avete portato l’Italia sotto di 564$ rispetto alla media dei Paesi OCSE nella spesa pro-capite nella sanità e le responsabilità sono della destra come della sinistra che si sono avvicendate negli anni alla guida del Paese. Non promesse ma fatti!