Osservazioni da Campiglia al Piano paesaggistico
CAMPIGLIA 26 settembre 2014 — Il Comitato per Campiglia ritiene che il Piano Paesaggistico rappresenti uno strumento fondamentale per lo sviluppo equilibrato della Toscana per l’approfondimento della ricerca e dei metodi di approccio indicati, per il grande sforzo di sistematizzazione dei vincoli, per le norme espresse e innanzi tutto per gli indirizzi culturali e metodologici ai quali si dovranno uniformare tutti gli strumenti urbanistici e di settore della Regione Toscana
L’esperienza fatta in sette anni di confronti con politici, Amministratori, tecnici pubblici e privati, Associazioni sindacali e del mondo della produzione, ci porta tuttavia ad essere ben poco fiduciosi in una applicazione corretta e fruttuosa del Piano.
Nel Documento di Piano del Piano di indirizzo territoriale viene posta “una semplice ma discriminante domanda: «…qual è il mio contributo al bene della mia Regione visto che da esso dipende gran parte di quello della mia comunità?»” e tutto il Piano Paesaggistico è costruito in modo che questo contributo sia a vantaggio della collettività e non solo dei singoli interessi.
Si capisce allora che uno sviluppo sostenibile, non omologato ma specifico della Toscana, passa attraverso il mantenimento di una serie di rapporti tra elementi costituitivi che sono riconosciuti come propri di questo territorio, che anzi “fanno” il territorio, così come è anche nell’immaginario di chi toscano non è.
Le nostre esperienze ci fanno dire che troppo spesso la domanda citata diventa: “come posso sfruttare i beni della mia Regione per raggiungere un vantaggio per me o per la mia consorteria?”.
Le proteste, spesso isteriche, che il Piano ha scatenato, per esempio, da parte delle Associazioni degli agricoltori, del Consorzio Chianti Classico, dei cavatori,e altri, dimostrano che tanti, troppi, si preoccupano molto di non essere toccati nei loro interessi e pochissimo delle sorti altrui. Dimostrano di avere una visione molto corta che porterà, come ha già fatto in molti casi, alla scomparsa di quelle caratteristiche dei luoghi che li hanno aiutati, a volta in maniera determinante, a vendere i loro prodotti.
Ad esempio i vignaioli ben sanno che i compratori dei vini di qualità “comprano” in qualche modo anche la bellezza e la particolarità del territorio e della fattoria che li ha prodotti e che un vino della Toscana deve uscire da un paesaggio non omologato ai vigneti della Borgogna o della California.
Altrettanto bene sanno che le quantità di vigneti sono determinate da norme comunitarie e che l’unica reale possibilità di ampliamento di una azienda consiste nel comprare diritti di impianto di alcuni territori con la conseguenza dell’impoverimento o scomparsa di vigneti da alcuni paesaggi e di altra vegetazione e colture dove si fanno i nuovi impianti.
Forse sarebbe bene che i coltivatori, prima di pretendere a gran voce aumenti di quantità, e una totale e indiscriminata libertà di movimento al disopra e al di là di tutti, si preoccupassero di tutelare meglio la qualità dei loro prodotti che semmai vengono impoveriti da troppo frequenti truffe sia nell’ambito vinicolo (vedi Montalcino) che oleario (vedi Monteriggioni). Analogamente dovrebbero avere la decenza di non negare tutti I rischi che certi impianti di vigneti portano a livello idrogeologico (vedi caso Cavalli), e di non negare i rischi di inquinamento inevitabilmente più alti nella coltivazione di vigneti.
Altrettanto difficile vediamo l’applicazione corretta del Piano senza un aggiornamento profondo della cultura e una riforma mentale dei tecnici pubblici e privati che dovranno adeguare gli strumenti urbanistici agli indirizzi del Piano. Questi infatti dovranno uscire dalla forma mentis del conservatorismo assoluto o, più frequentemente, del “fatta la legge trovato l’inganno” nel delirio delle interpretazioni cervellotiche tese fondamentalmente e troppo spesso a soddisfare le richieste particolaristiche dei clienti pubblici o privati.
E ancora vediamo difficilissimo convincere gli assessorati regionali ad accettare che il Piano Paesaggistico è norma sovraordinata e quindi a rinunciare al criterio di avere un potere indiscusso sui temi specifici (agricoltura, strade, cave, ecc.) nei quali l’unitarietà del territorio e del paesaggio è stata frammentata.
Infine sarà anche indispensabile che la Regione continui ad attivarsi nei confronti del MIBAC per affrontare il fatto, evidente nelle cartografia, della limitatezza delle aree sottoposte a vincoli paesaggistici. E’ fondamentale che lo studio approfondito del territorio nelle sue componenti paesaggistiche in generale ed archeologiche in particolare, sfocino in una revisione e aggiornamento dei vincoli esistenti nella localizzazione ed estensione.
In conclusione il PIT e il PRS dovrebbero rappresentare in qualche modo l’”architetto del territorio” che riesce a realizzare un’opera coordinando il lavoro e le esigenze di tanti specialisti di settore senza che l’opera complessiva sia decisa solo da una di queste figure specialistiche.
Ci aspettiamo che il Presidente della Regione che in più occasioni ha dichiarato di volere condurre in porto entro la legislatura, tre leggi fondamentali (PIT, modifica della legge 78/1998 sulle cave, modifica della legge urbanistica 1/2005), riesca a farlo in maniera innovativa senza che si trasformino in compromessi insignificanti e inutili sotto gli attacchi corporativistici e miopi di chi non si preoccupa di rispondere alla domanda iniziale: : «…qual è il mio contributo al bene della mia Regione visto che da esso dipende gran parte di quello della mia comunità?»”.
Il sottoscritto Alberto Primi in qualità di Presidente del Comitato per Campiglia con sede in Campiglia Marittima (LI) via Parenti 4 presenta le seguenti osservazioni:
Osservazione n. 1
Nell’elaborato “STATUTO DEL TERRITORIO TOSCANO” al CAPO IX Compatibilità paesaggistica delle attività estrattive- Art. 19.2 si dice:
“Le varianti di carattere sostanziale ai fini paesaggistici sono quelle inerenti l’apertura di nuovi distinti fronti di cava o nuovi ingressi per l’escavazione in sotterraneo esterni al perimetro di cava autorizzati alla data di pubblicazione sul Burt del Piano adottato.”
Visti i casi, come avvenuto nel Campigliese, di enormi modifiche avvenute senza alcuna adeguata valutazione, si chiede che il punto 2 dell’art. 19 sia modificato in :
“Le varianti di carattere sostanziale ai fini paesaggistici sono quelle inerenti la modifica del perimetro di cava, la modifica di volumi estraibili, l’apertura di nuovi distinti fronti di cava o nuovi ingressi per l’escavazione in sotterraneo esterni al perimetro di cava autorizzati alla data di pubblicazione sul Burt del Piano adottato.”
Osservazione n. 2
Al Titolo 3 – La strategia dello sviluppo regionale- CAPO I — Disposizioni generali — Articolo 27 – La strategia dello sviluppo territoriale, si fa riferimento a “sviluppo sostenibile.” Si osserva che il termine è estremamente generico, ambiguo nella interpretazione e quindi va definito espressamente nei contenuti.
Osservazione n. 3
Al Titolo 3 – La strategia dello sviluppo regionale- CAPO I — Disposizioni generali — Articolo 30 — La mobilità intra e interregionale – punto 7 a) si specifica che :
7 “Gli strumenti della pianificazione territoriale recepiscono l’individuazione della rete stradale e autostradale di interesse regionale secondo la seguente suddivisione:
a) la rete primaria (di transito e scorrimento) comprendente le autostrade e il completamento del corridoio tirrenico; “
Il breve tratto di corridoio tirrenico trasformato in autostrada ha già determinato un pesante impatto sul paesaggio, senza che questo abbia portato a benefici sostanziali se non un incremento di costo del trasporto di merci e del conseguente aumento di costo delle stesse. Se a questo si aggiunge che l’unico tratto effettivamente necessario è la realizzazione del tratto Grosseto- Civitavecchia, si chiede il punto sia modificato in :
7 “Gli strumenti della pianificazione territoriale recepiscono l’individuazione della rete stradale e autostradale di interesse regionale secondo la seguente suddivisione e precisazione:
a) la rete primaria (di transito e scorrimento) comprendente le autostrade e il completamento della superstrada tirrenica nel tratto Grosseto-Civitavecchia
Osservazione n.4
Nell’Allegato 1a — NORME COMUNI ENERGIE RINNOVABILI — IMPIANTI DI PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA DA BIOMASSE
Considerando la limitatezza dimensionale delle zone di interesse archeologico, sembra pericoloso per una futura ricerca la realizzazione di impianti e pertanto si chiede di non ammettere impianti di produzione di energia elettrica da biomasse operanti in assetto cogenerativo nelle aree di cui all’art. 142 comma 1 del Codice lett. m) “zone di interesse archeologico” senza alcuna eccezione.
Osservazione n. 5
Nelle Norme comuni energie rinnovabili — IMPIANTI EOLICI — Criteri generali, al punto 3.4 si specifica che la realizzazione di impianti eolici può avvenire con “il riutilizzo di aree già degradate da attività antropiche, pregresse o in atto, tra cui siti industriali, cave, discariche, siti contaminati, così come definite dalla l.r. 11/2011;”.
Una definizione del genere comporta il criterio di ammettere il progressivo peggioramento delle zone degradate e conseguentemente di creare una qualità di vita attorno sempre peggiore. Si chiede allora di modificare e integrare la frase in :
“il riutilizzo di aree già degradate da attività antropiche, pregresse o in atto, tra cui siti industriali, cave, discariche, siti contaminati, così come definite dalla l.r. 11/2011;” sempre che l’impianto proposto sia parte di un progetto complessivo di riqualificazione paesaggistica dell’area”.
Osservazione n. 6
Premesso che il Piano Paesaggistico ha compiuto un’opera fondamentale di catalogazione e definizione dei vincoli esistenti a vario titolo sul territorio toscano, si sottolinea che al di là di questi esistono un considerevole numero di luoghi dove nel tempo sono stati fatti ritrovamenti archeologici più o meno isolati e frammentari. Ad esempio nella fase preliminare della redazione del Piano strutturale di Campiglia, Piombino, Suvereto sono state elaborate cartografie riportanti queste notizie. La raccolta di queste informazioni (anche se non sfociate in vincoli formali) sarebbe fondamentale per evitare, in sede di redazione dei piani, di fare proposte di modifiche del territorio senza una preventiva e approfondita indagine in tal senso.
Si chiede allora di elaborare cartografie del genere per I vari ambiti e di prevedere nella redazione dei piani urbanistici specifiche “aree di attenzione” che comportino verifiche approfondite prima di ogni trasformazione del territorio.
Arch. Alberto Primi, Comitato per Campiglia