Parchi e beni culturali: sviluppo ancora possibile

· Inserito in Spazio aperto
Martina Pietrelli

Chieder­si oggi cosa ne sarà del­la soci­età dei Parchi è una doman­da tutt’altro che banale, per­ché al futuro del­la Parchi è lega­to quel­lo di una parte impor­tante e anche rel­a­ti­va­mente recente dell’economia del­la nos­tra cit­tà e del­la Val di Cor­nia. Purtrop­po non c’è da essere ottimisti e le recen­ti dichiarazioni del pres­i­dente del­la Parchi Luca Sbril­li che esp­ri­mono pre­oc­cu­pazione per il futuro del­la Soci­età con­fer­mano che il prob­le­ma esiste.
Nonos­tante, infat­ti, almeno a parole, gli ammin­is­tra­tori locali non abbi­amo mai mes­so in dis­cus­sione la strate­gic­ità del­la Parchi nell’economia del­la Val di Cor­nia, le scelte che da qualche anno a ques­ta parte han­no inter­es­sato la Soci­età dicono esat­ta­mente il con­trario. Ques­ta estate la deci­sione del Comune di Piom­bi­no di toglier­le la ges­tione dei parcheg­gi del­la Cos­ta est e di Barat­ti, un mese fa il taglio deciso dal Comune di San Vin­cen­zo di oltre il 50% del con­trib­u­to annuale: sono solo le scelte più ecla­tan­ti di una cate­na che va dal cam­bi­a­men­to dell’assetto soci­etario, alla dimin­uzione dei giorni di aper­tu­ra di alcune strut­ture come il museo di Cit­tadel­la, per arrivare al bloc­co pres­soché totale di inves­ti­men­ti perfi­no per la manuten­zione ordi­nar­ia del pat­ri­mo­nio esistente.
Il pun­to vero è che ad essere sta­to mes­so in crisi è pro­prio il pat­to orig­i­nario su cui si fon­da la Parchi, vale a dire l’idea che la Soci­età dovesse gestire alcune attiv­ità che pro­ducono red­di­to (i parcheg­gi, la riscos­sione dei canoni di affit­to delle strut­ture ricettive e degli sta­bil­i­men­ti bal­n­eari ed altre anco­ra) per sostenere i costi di con­ser­vazione e ges­tione del pat­ri­mo­nio cul­tur­ale e arche­o­logi­co. Un pat­to che nel tem­po avrebbe dovu­to vedere l’ingresso nel sis­tema di mag­giori risorse pri­vate sia locali che nazion­ali, sec­on­do l’idea che con la cul­tura si può fare impre­sa e creare econo­mia, raf­forzan­do la mis­sione pub­bli­ca e col­let­ti­va del­la tutela e del­la val­oriz­zazione dei beni cul­tur­ali che sono il petro­lio ital­iano, una miniera insom­ma che può dare lavoro, pro­durre econo­mia, e intro­durre nel sis­tema locale ele­men­ti di inno­vazione e di qual­ità. Purtrop­po non è anda­ta così.
I numeri delle vis­ite ai nos­tri parchi, i dati delle pre­sen­ze tur­is­tiche del­la nos­tra zona, e soprat­tut­to la bellez­za e l’importanza dei beni arche­o­logi­ci nat­u­ral­is­ti­ci e ambi­en­tali di cui il nos­tro ter­ri­to­rio è ric­co ci dicono però che rag­giun­gere questo obi­et­ti­vo è anco­ra pos­si­bile, ma solo a con­dizione di tornare con le scelte a con­sid­er­are il prog­et­to Parchi Val di Cor­nia un pun­to di inves­ti­men­to e di lavoro impre­scindibile nell’ambito dei pro­ces­si di svilup­po e di val­oriz­zazione del nos­tro ter­ri­to­rio.

 

 

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