Parole dette, parole scritte, parole inutili
PIOMBINO 2 febbraio 2020 — Sicuramente “Piano Industriale” sono state le due parole più usate in Val di Cornia negli ultimi quindici anni. Siccome sono state anche le parole dietro le quali ormai da anni si è celato il nulla, sarebbe stato e sarebbe legittimo pensare che fosse e sia entrato nella comune convinzione un loro uso meno sprovveduto o almeno più moderato.
Ed invece no, continua la corsa verso il nulla da parte dei soliti concorrenti.
Non citiamo le precedenti tappe della gara per non tediare troppo i lettori che, se vorranno, ne potranno trovare ampia traccia nelle raccolte “La Val di Cornia da Lucchini alla reindustrializzazione” scaricabili dalla rubrica PUBBLICAZIONI.
Ci limitiamo al passato prossimo.
Era il 16 gennaio 2020, al termine di una riunione al Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) del gruppo di coordinamento e controllo dell’area di crisi industriale complessa di Piombino, a cui avevano partecipato la Regione Toscana, la Provincia di Livorno, il Comune di Piombino, l’Autorità portuale, Invitalia, Anpal, RFI e Terna, lo stesso Ministero dello Sviluppo Economico faceva sapere che “nei prossimi giorni verrà convocato il tavolo relativo allo stabilimento siderurgico JSW nel corso del quale l’azienda illustrerà il nuovo piano industriale”.
Passarono sette giorni e il 23 gennaio 2020 JSW Steel Italy fece sapere a tutti che si sentiva impegnata secondo quanto contenuto nel Piano Industriale allegato all’Accordo di Programma (AdP) firmato il 24 luglio 2018 ed in particolare che “aveva dato avvio e ampio seguito all’attività di implementazione della cd Fase 2 del Piano Industriale, ovverosia, principalmente allo Studio di Fattibilità per la nuova produzione siderurgica da Acciaieria elettrica”.
Il bello è che
- il Piano Industriale allegato all’ AdP non è mai stato reso noto e si ha addirittura l’impressione che anche alcuni dei firmatari, ad esempio l’allora sindaco di Piombino, nemmeno l’abbiano visto né tantomeno portato in Comune dopo la firma a Roma,
- se una delle parti più importanti di quel Piano Industriale rimanda tutto ad uno Studio di Fattibilità vuol dire che non era un Piano Industriale come Dio comanda,
- dal 24 luglio 2018 tutti, dai rappresentanti sindacali a quelli istituzionali, hanno sempre parlato di un Piano Industriale allegato all’ Accordo di Programma e di un Piano industriale (quello della fase 2) da presentare entro 18 mesi ma JSW invece parla di uno Studio di Fattibilità (per la verità in coerenza con quanto comunicato il 18 maggio 2018 dalla stessa JSW al National Stock Exchange of India).
La conclusione è una ed una sola: dal 24 luglio 2018 ad oggi si è giocato molto con le parole come se le parole non portassero con sé un significato preciso e fossero usate per ammiccare ad un significato volutamente impreciso.
Tanto che sarà mai, cosa può succedere?
Questa è la cornice ma dentro la cornice la nebulosità aumenta.
Dice JSW che quello Studio di Fattibilità non l’ha potuto presentare
- perché non ha ottenuto dalle istituzioni pubbliche l’agevolazione del costo di approvvigionamento di energia elettrica,
- perché sempre le istituzioni pubbliche non hanno individuato il sito e la sua utilizzazione per lo smaltimento delle scorie e dei refrattari provenienti dalla produzione della fase 2,
- perché non ha avuto decisioni prese sempre dalle istituzioni pubbliche sul rilascio della concessione demaniale marittima e la riduzione del canone della concessione,
- perché non è stato raggiunto un accordo per la realizzazione di un collegamento ferroviario dedicato,
- perché non gli sono state erogate le agevolazioni finanziare previste nell’Accordo di Programma.
E così si arriva alla farsa, dato che
- sul costo dell’energia elettrica il Vice Capo di Gabinetto del MiSE aveva detto essere stato risolto il problema,
- sull’individuazione del sito per lo smaltimento dei rifiuti nessun impegno sta scritto nell’ Accordo di Programma che anzi autorizza JSW a sceglierselo dentro lo stabilimento,
- il rinnovo delle concessioni demaniali marittime è subordinato alla presentazione del Piano Industriale (oggi declassato a Studio di Fattibilità),
- del raccordo ferroviario non pare esserci traccia nell’ Accordo di Programma,
- le agevolazioni finanziarie pubbliche possono essere concesse presentando progetti, non certo preventivamente, anche se è pur vero che tutte quelle nazionali e regionali previste dai vari Accordi di Programma hanno avuto una ben misera attuazione.
Ricordiamo, ma anche su questo è caduto il silenzio, che l’estensione delle nuove aree per le nuove concessione demaniali marittime, sulle quali è stato concesso un diritto di opzione da far valere entro due anni, non è mai stata resa nota, ma pare che anche questo non interessi a nessuno.
Che le parole scritte da JSW siano “Vóce del sén fuggita”? Poco credibile. Più credibile è che dal 24 luglio ad oggi si sia giocato molto, non solo da parte di JSW, con le parole dette oltreché scritte, come se le parole non portassero con sé un significato preciso e fossero usate solo per ammiccare ad un significato volutamente impreciso.
Tanto che sarà mai, cosa può succedere?
Persino inutile concludere che nel passato prossimo si è ripetuto ciò che puntualmente è successo negli ultimi quindici anni quando si sono pronunciate e scritte parole non corrispondenti ai fatti.
Il che fa presumere che il vero problema della Val di Cornia, oltre che la crisi economica e sociale, riguarda la credibilità dei vari attori, pubblici e privati, e che dunque si tratta di un problema che, se non risolto radicalmente, mina ogni possibile idea, ogni possibile discussione e ogni possibile azione.
La credibilità è ormai diventata la cartina di tornasole sulla base della quale valutare coloro che pronunciano o scrivono parole.
(Foto di Pino Bertelli)