Parole gravi sulle condizioni finanziarie di Aferpi
PIOMBINO 13 febbraio 2016 — Su Aferpi i sindacati hanno detto tutta la verità? Nelle assemblee del 10 febbraio i sindacati hanno fornito informazioni gravi sulle condizioni finanziarie di Aferpi: “Disponibilità di cassa di 25 milioni contro un’ esigenza di 140; difficoltà a garantire anche gli stipendi oltre i prossimi 2–3 mesi e se Cevital non è in grado di garantire il piano industriale nel suo complesso, se ne può tornare in Algeria.“. Queste informazioni, unite alle altre già note (le difficoltà finanziarie di Cevital, il rifiuto delle banche a concedere ulteriori crediti, le marce ridotte dei laminatoi, il continuo rinvio di incontri al MISE, l’assenza di piani industriali, di richiesta di autorizzazioni alle bonifiche e agli smantellamenti, l’inchiesta del Sole 24 ORE) ci fanno ritenere che i dubbi che da noi avanzati fin dall’inizio e condivisi da pochi altri fossero più che giustificati.
A questo punto verrebbe spontaneo pensare che Cevital sia interessata solo al porto e alla logistica e molto meno ( o per niente) alla parte siderurgica, nonostante gli accordi sottoscritti.
Non vorremmo che si stesse giocando sulle difficoltà di un territorio con l’ acquiescenza di forze politiche e sindacali che, alla ricerca di una soluzione, hanno accettato ad occhi chiusi ogni promessa come fosse venuto ” un messia dal deserto” , come precedentemente avevano ingenuamente creduto a KALED e che hanno obbligato i lavoratori ad accettare condizioni capestro, con la distruzione del settore dell’indotto e la perdita di salario e di diritti per quelli della casa madre.
La loro colpa più grave è quella di aver voluto ostinatamente presentare un quadro positivo della situazione, giustificando ogni ritardo, ogni inadempienza e rinnegando anche gli accordi che avevano firmato; perché è da molto ormai che è evidente l’impossibilità di rispettare i tempi fissati dagli accordi. Anche le nuove assunzioni ventilate sono una ulteriore foglia di fico: assumere senza avere i soldi per pagare il salario a quelli già a lavoro?
È necessario studiare soluzioni differenti per risolvere la crisi del territorio; da tempo diciamo che la soluzione va ricercata obbligando il governo a studiare un piano nazionale della siderurgia, che coinvolga tutti i produttori e gli utilizzatori di acciaio in Italia. Creare un coordinamento tra tutte le realtà siderurgiche in crisi è il passo fondamentale per dare forza a questa rivendicazione, in modo che la lotta sia di tutti per tutti. Altro passo fondamentale è l’immediata richiesta di forme di garanzia di reddito per tutti i lavoratori inoccupati, a partire dai lavoratori dell’indotto e al TFR dei lavoratori in CIG, sul territorio: se il governo tira fuori dal cilindro il coniglio bianco di 150–200 milioni di finanziamento alla Cevital (altra informazione di fonte sindacale) può benissimo tirarne fuori un altro di qualsiasi colore per garantire la dignità ai lavoratori. Anzi, deve farlo!
Tutti concordano ormai che la data del 1° marzo sia l’ultima data possibile per capire le vere intenzioni di Cevital. Il sindacato ha parlato di un piano di mobilitazioni che dovrà culminare con una grande manifestazione a Roma per quella data. Queste mobilitazioni vanno accuratamente preparate: non è sufficiente darne l’annuncio e “sperare che non piova”; i lavoratori, gli studenti, i cittadini vanno motivati con informazioni puntuali, con creazione di spazi di dibattito, con il coinvolgimento delle strutture della società civile. Tutte cose che il sindacato sapeva fare bene e che speriamo non abbia dimenticato. E continuiamo a sostenere la proposta (fatta prima da Landini nella manifestazione a Piombino e ribadita dai sindacati locali a Palazzo Appiani) di “occupare le sedi istituzionali”, affinché il governo si prenda le sue responsabilità: o il piano Cevital esiste, o il governo si impegni ad aprire un tavolo serio di discussione per soluzioni alternative.
Gruppo Minoranza Sindacale — Camping CIG
(Foto di Pino Bertelli)