Il peggio deve ancora arrivare, i responsabili litigano
PIOMBINO 1 dicembre 2017 — Rimango allibito leggendo le dichiarazioni dei principali artefici locali, regionali e nazionali della vicenda Aferpi/Cevital. Che fosse un fallimento annunciato lo sapevano tutti, recentemente lo ha fatto intendere chiaramente anche il ministro Calenda. Il problema è che hanno voluto a tutti i costi Rebrab e lo hanno sponsorizzato a tutti i livelli, nonostante non avesse fornito fin dall’inizio garanzie credibili sotto ogni profilo. Ora gli stessi protagonisti si accusano l’un con l’altro rimbalzandosi le responablità. Qualcuno ora sostiene addirittura che sarebbe stato meglio che fosse arrivato Jindal. Ma alla fine è stato abbracciato il percorso di Cevital fino in fondo e ora all’ultimo momento tutti in fila per scendere dal carro della disfatta. Alcuni dei responsabili addirittura stanno minacciando di querelarsi l’un con l’altro, altri, invece, hanno il coraggio di continuare a mettersi in mostra. A questo punto c’è da chiedersi se ci sia stato dietro un disegno preciso e chissà poi cosa è stato promesso a Rebrab per convincerlo ad accettare il progetto Piombino. A queste domande non avremo mai risposta se non sarà lo stesso Rebrab a svelare qualcosa. Una cosa è certa, dopo Khaled è arrivato Rebrab e la situazione non si è risolta, anzi, è oramai definitivamente arrivata al capolinea. Io, senza pretendere di essere esperto in siderurgia, a suo tempo pensai che Jindal fosse la scelta meno ambiziosa, ma più realista. Perlomeno sapeva dove mettere le mani. Peraltro, un amico membro del consiglio di Assolombarda, manager del settore della new economy, non esperto di acciaio ma che conoscitore profondo delle strategie di mercato, mi disse che non capiva il motivo per cui fosse stato scelto Rebrab. Dubbi vi furono a tutti i livelli, soprattutto negli ambiti più informati ed autorevoli, ma la politica ed i sindacati vollero a tutti i costi Rebrab. È vero che sono stati garantiti (per lo più dallo Stato) stipendi per 2000 persone fino ad oggi, ma ne sono stati persi oltre 2000 fra indotto e terziario. Nel frattempo la fabbrica è stata fatta morire definitivamente. Jindal, anche se solo una parte, l’avrebbe mandata avanti tenendola in vita, con la speranza che in futuro avrebbe potuto anche fare qualche altro investimento creando nuovi posti di lavoro. Comunque 700/800 dipendenti, ed un altro migliaio fra indotto e terziario (circa 2.000 persone), avrebbero non solo preso lo stipendio, ma lavorato e gli altri ci sarebbero stati transitoriamente gli ammortizzatori. Sarebbe stato salvato in parte anche l’indotto ed il terziario e non sarebbero stati abbandonati a se stessi, come invece è accaduto. Purtroppo, i maggiori responsabili si permettono anche di intervenire, mentre sarebbe opportuno stare in un doveroso silenzio e nel caso tenere un profilo bassissimo.
Purtroppo il peggio deve ancora arrivare,