Per sanità e sociale occorre una mobilitazione

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SUVERETO 12 set­tem­bre 2015 - Si tor­na a par­lare di san­ità, anco­ra una vol­ta a far­lo sono sem­pli­ci cit­ta­di­ni, men­tre quel­lo che com­pren­di­amo per l’assenza qua­si totale del­la polit­i­ca e delle isti­tuzioni, è che per loro va bene così. No! Noi non ci sti­amo e dob­bi­amo protestare con la seren­ità delle nos­tre ragioni per dare con­crete risposte al ter­ri­to­rio.
Quel­lo che fino ad oggi è sta­to fat­to è una con­tin­ua dimin­uzione dei servizi, guar­date bene non solo quel­li ospedalieri, ma soprat­tut­to sul ter­ri­to­rio, allon­tanan­do sem­pre più i pun­ti deci­sion­ali dai cit­ta­di­ni e ren­den­do le risposte deboli quan­do addirit­tura inesisten­ti.
Il tour delle provette non mi spaven­ta, se è accom­pa­g­na­to da effi­cien­za e risparmio, occorre che sia chiaro quel­lo che serve ed è appun­to una rispos­ta pro­fes­sion­ale e in tem­pi cer­ti e ristret­ti, poi se il lab­o­ra­to­rio sarà soltan­to in posti diver­si da Piom­bi­no, poco impor­ta con­ta l’efficienza e la qual­ità del servizio appun­to.
Quel­lo che invece man­ca e risul­ta inac­cetta­bile sono i tem­pi di atte­sa per la diag­nos­ti­ca che davvero dan­no il sen­so del­la qual­ità del­la nos­tra capac­ità di pre­ven­zione ver­so i cit­ta­di­ni. Eppure la situ­azione è scan­dalosa, i tem­pi di atte­sa sono i seguen­ti: per una ecografia addome 420 giorni; ecodoppler 360 giorni; per la Tac 60 giorni; per la riso­nan­za 150 giorni; per una mam­mo­grafia 460 giorni.
Altro tas­sel­lo, trop­po spes­so dimen­ti­ca­to, è il nec­es­sario anzi indis­pens­abile rap­por­to tra san­i­tario e sociale, tra ospedale e ter­ri­to­rio, dove l’ospedale dovrebbe essere al servizio delle neces­sità del­la med­i­c­i­na del ter­ri­to­rio, men­tre invece non esiste comu­ni­cazione nem­meno nei casi essen­ziali. I dis­tret­ti sem­pre abban­do­nati a se stes­si e servizi che con­tin­u­ano ad accor­par­si a cen­tri più gran­di a solo scapi­to del­la fun­zion­al­ità e del­la qual­ità del­la rispos­ta alle emer­gen­ze sociali. Eppure dovrebbe essere chiaro che il pri­mo pun­to dove si cura il cit­tadi­no è la sua casa, il ter­ri­to­rio, e non pos­si­amo far­lo se l’obiettivo è solo quel­lo di chiedere ai medici di pre­scri­vere meno esa­mi. Il man­ca­to con­trol­lo non è sinon­i­mo del­la salute dell’individuo, anzi è esat­ta­mente il con­trario.
Riven­dichi­amo dunque una diag­nos­ti­ca all’altezza, per qual­ità e per tem­pi. Vogliamo una san­ità stret­ta­mente lega­ta con il sociale e con il ter­ri­to­rio. Chiedi­amo ai nos­tri sin­daci di fare il loro lavoro, cioè rap­p­re­sentare i cit­ta­di­ni e saper svol­gere il pro­prio servizio alla col­let­tiv­ità. Questo ter­ri­to­rio è penal­iz­za­to nelle politiche socio-san­i­tarie da quan­do venne decisa la provin­cial­iz­zazione, non riconoscen­do­ci l’alto liv­el­lo che ave­va­mo rag­giun­to ed è sta­to sem­pre un agire a rib­as­so, che di fat­to a inde­boli­to quan­do non annul­la­ta la capac­ità di rispos­ta ai bisog­ni reali. Oggi, tut­ti insieme, pos­si­amo cer­care di portare un con­trib­u­to guardan­do avan­ti, non fer­man­do­ci alla vec­chia e super­a­ta orga­niz­zazione provin­ciale, per costru­ire un futuro vero alle politiche socio-san­i­tarie per un ter­ri­to­rio omo­ge­neo e capace di risparmi­are davvero ele­van­do i servizi essen­ziali, che riten­go — sot­to­li­neo nuo­va­mente — siano dis­tin­ti dal­la med­i­c­i­na di base e da una diag­nos­ti­ca eccel­lente in tem­pi e qual­ità.

Wal­ter Gasperi­ni

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