Più domande che risposte, più promesse che fatti
PIOMBINO 1 aprile 2017 — Mentre aspettiamo le slide proiettate il 30 marzo a Roma dall’amministratore delegato di Aferpi Said Benikene a una foltissima delegazione di rappresentanti istituzionali e sindacali, quelle slide, chiamate ancora una volta impropriamente piano industriale ma che in realtà, così come tutti i precedenti simili documenti presentati a partire dall’aprile 2014, di un vero piamo industriale hanno sicuramente ben poco, vale la pena di veder meglio dentro le domande, se non le affermazioni categoriche, che circolano in questi giorni. Domande e affermazioni che vengono sfornate, ma anche questa non è una novità, a ritmo intenso e date come possibilità o impossibilità reali.
“Nell’imminente il progetto stesso contempla solo il settore acciaio, successivamente al compimento di quest’ultimo l’azienda ha espresso la volontà di definire meglio anche la parte agroindustriale e logistica. La società ancora oggi si dice sbalordita dal fatto che le banche italiane continuano a non finanziare il progetto”
Negli accordi tra Aferpi, Lucchini e le organizzazioni sindacali del 3 giugno, del 26 giugno e del 30 giugno 2015 si faceva riferimento al piano industriale di Aferpi, condiviso nell’aprile 2015 dal Ministero dello sviluppo economico, “finalizzato alla realizzazione dei seguenti tre obiettivi:
- la ristrutturazione dell’attività siderurgica con il passaggio della produzione di acciaio dall’altoforno a due forni elettrici,
- la diversificazione del sito con l’avvio di una produzione agroindustriale,
- lo sviluppo di una attività logistica legata sia alle attività industriali che alle attività commerciali del Gruppo Cevital”.
Per quel che riguarda la parte siderurgica, affermava il piano, “L’obiettivo strategico prevede a regime una produzione/vendita di acciai di qualità e speciali di 2 milioni di tonnellate di prodotti finiti (rotaie, barre e vergella). La produzione sarà assicurata a regime da due forni elettrici istallati nell’area vicino ai laminatoi barre e vergella.”
Per questo motivo i lavoratori accettarono una riduzione delle condizioni economiche e normative.
Nel contratto di compravendita tra Lucchini e Lucchini servizi in amministrazione straordinaria e Aferpi (30 giugno 2015) quest’ultima si obbligava a proseguire l’attività imprenditoriale secondo quanto previsto nello stesso piano industriale per un periodo di almeno due anni dalla “Data di Efficacia” e dunque fino al 1° luglio 2017, fatti salvi casi di forza maggiore (per tali intendendosi disastri naturali, terremoti, incendi, guerre, sommosse, atti del Governo italiano o di ogni altra Autorità Pubblica italiana non derivanti da inadempimenti, negligenza o illeciti di Aferpi che comportino l’impossibilità per Aferpi di perseguire l’attività imprenditoriale). In quel piano industriale oltre gli investimenti per gli impianti da costruire o riqualificare era inserito un piano operativo 2015 – 2017 così concepito: “In relazione a quanto fin qui descritto, lo sviluppo dell’attività siderurgica è previsto secondo una curva che parte nel 2015 (7 mesi) con la realizzazione di 358 mila tonnellate, con una media mensile che passa da 35 mila tonnellate del mese di giugno a 78 mila tonnellate del mese di novembre, con 23 mila tonnellate di acciai ordinari. Nel 2016 si conta di arrivare a laminare acciaio per circa 934 mila tonnellate, da consolidare nel 2017 arrivando a circa 1,1 milioni di tonnellate con la produzione propria delle billette. Per la vergella si passa da 177 mila tonnellate del 2015 (7 mesi), a 512 mila tonnellate del 2016, per arrivare a 624 mila tonnellate nel 2017. Per le barre si passa da 60 mila tonnellate del 2015 (7 mesi), a 180 mila tonnellate del 2016, per arrivare a 231 mila tonnellate nel 2017. Per le rotaie si passa da 121 mila tonnellate del 2015 (7 mesi), a 242 mila tonnellate del 2016 e del 2017. Gli obiettivi potranno subire modifiche in esito alla definizione operativa del piano commerciale”.
Nell’accordo di programma del 30 giugno 2015 per l’attuazione del progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico produttivo nell’area dei complessi aziendali ceduti dalla Lucchini veniva richiamato lo stesso piano industriale ed in particolare la realizzazione da parte di Aferpi degli interventi di reindustrializzazione e sviluppo economico secondo i tempi e le modalità lì indicate che prevedevano, fermiamoci ai tempi già trascorsi, entro il dicembre 2016 la realizzazione di una prima fase con costruzione della prima acciaieria elettrica e i servizi di stabilimento nonché il revamping dei treni di laminazione.
Nessuno di questi impegni è stato mantenuto né si prevede che lo sia nei prossimi tempi. Adesso, ma la cosa era già cominciata mesi fa, si parla di un nuovo piano industriale che prevede un solo forno elettrico, col rinvio sine die dell’agroindustriale e della logistica, senza nessuna reale disponibilità finanziaria. Come minimo dovrebbero essere ridiscussi e riscritti tutti gli accordi sindacali ed istituzionali ma naturalmente la cosa ha un aspetto politico enorme (un intero territorio ha perso anni inseguendo l’impossibile) ed un altrettanto enorme aspetto sindacale (accordi fondamentalmente attuati dai lavoratori ma non dall’imprenditore).
“Siamo alla svolta. Nel prossimo incontro al ministero c’è da capire davvero cosa c’è dentro il piano industriale di Aferpi e se non si tratti di tentativi per prendere altro tempo. Fosse così, il governo verrebbe chiamato a compiere una scelta netta. A partire dalla ricerca di un’altra compagine, con la consapevolezza, comunque, che la fila non c’è. O di interventi di altri partner, come anche Cevital dice stia facendo. È il momento di tirare di più la corda”
Il commissario Piero Nardi aveva avvertito il 27 luglio 2016: “Rispetto alle obbligazioni contrattuali due sono le motivazioni inopponibili per dichiarare il default dell’ acquirente:
- Mancato assorbimento da parte di Aferpi del personale di Piombino in capo all’amministrazione straordinaria entro il 6 novembre 2016, per 721 unità
- Mancato finanziamento del Piano (da parte di Azionisti, Banche, Istituzioni finanziare pubbliche e private).
Accertato il default, la Procedura Lucchini dovrà attivare le garanzie previste dal contratto (escussione pegno sulle azioni o clausola risolutiva espresso) avviando un processo che comporterà comunque problematiche sociali ed industriali di non facile soluzione”.
L’assorbimento del personale è avvenuto, sia pure utilizzando i contratti di solidarietà, con il relativo esborso finanziario da parte dello Stato, ma l’altra condizione non è stata risolta tanto che lo stesso commissario l’ha ricordata il 16 novembre 2016 con queste parole: “La mancanza di finanziamenti per il circolante potrebbe portare ad un sostanziale blocco dell’attività produttiva nei primi mesi del 2017 con necessità di verifica dell’impegno (ex art 63 comma 2 del DLgs 270/99 riportato nel contratto di compravendita) di “proseguire per almeno un biennio le attività imprenditoriali””.
Ad oggi sembrano esserci tutte le condizioni per chiudere i rapporti con Aferpi.
Qualche tempo fa Ugo Calzoni (nella foto a sinistra), che di acciaio se ne intende e conosce Piombino, aveva sottolineato ciò che aveva detto il commissario Piero Nardi ricordando “alla stampa che nelle sue mani sono ancora saldamente tenute quote delle Acciaierie di Piombino per il 27,7% del capitale oltre ad una azione giuridicamente perseguibile qualora Cevital non sia in grado di onorare tutti gli impegni (nessuno escluso) presi a suo tempo”. E aggiungendo: ” Ecco perché l’amo del 27,7% è stato gettato nelle acque pescose dell’orizzonte piombinese. In primo luogo perchè gli impianti di laminazione (lunghi e vergella) sono altamente produttivi e garantiscono una altissima qualità al prodotto. Quello delle rotaie,poi, non ha bisogno di ulteriori migliorie sfornando rotaie di lunghezza competitiva a livello mondiale.… Un autorevole politico a commento della mobilitazione pubblica dei giorni scorsi ha sottolineato più volte che il futuro dello stabilimento sta “ nella utilizzazione degli attuali impianti””.
Ipotesi possibile? Fatto sta che nessuno ne parla e dal Presidente della Regione Toscana alle organizzazioni sindacali tutti continuano a dichiarare che Piombino deve tornare a colare l’acciaio.
Ma nemmeno l’ipotesi formulata il 24 febbraio dal nostro collaboratore Leonardo Mezzacapo di riutilizzare l’attuale treno rotaie e trasformare l’acciaieria esistente riqualificandoli è stata presa in considerazione.
Si aspetta il governo come se questo salvasse l’anima.
Adesso occorre andare a vedere se questo piano è finalizzato ad investire per il forno elettrico, per tornare a produrre acciaio, rotaie, vergelle e barre. Lo farà, dal punto di vista finanziario e di mercato, chi può e deve, cioè il Governo”
Sul fatto che spetti al governo verificare sulla validità del piano industriale lo dicono un po’ tutti, non solo il Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi. La cosa è alquanto discutibile dato che non si può sostenere che la Regione e le organizzazioni sindacali, ma anche il Comune, non hanno strumenti e competenze da mettere in campo per valutare un piano industriale da tutti i punti di vista. Del resto la Regione lo fa comunemente quando valuta i progetti che vengono presentati per ottenere finanziamenti e agevolazioni. Ed è oltretutto un bene che la valutazione sia fatta da più organismi con diverse responsabilità e punti di vista.
“La realizzazione del piano industriale presentato da Aferpi slitta di due anni, quindi al 2021, e prevede nel settore siderurgico un aumento degli operai impiegati dagli attuali 630 a oltre 1000” “Sui tempi: inizio lavori a luglio 2017, poi servirenno 30 mesi più 6”“1463 operai nel 2021 se tutta la parte acciaieria sarà operativa a pieno regime”
Come è chiaro le cifre sui tempi di realizzazione e di produzione dell’acciaio non sono univoci, a dimostrazione che il piano industriale non c’é. Quello che è vero è che anche ammettendo che a luglio 2017 possano partire le progettazioni sia delle opere civili che di quelle meccaniche (cosa del tutto improbabile dato che mancano i finanziamenti e questo è ammesso da tutti), che entro il febbraio 2018 siano ottenute tutte le autorizzazioni amministrative, senza contare le opere di bonifica indispensabili, la prima colata non potrà avvenire prima del luglio 2020. Come si capisce ipotesi del tutto improbabile anche supponendo che si tratti della costruzione di un forno elettrico.
Quanto poi agli occupati, a parte il fatto che non si capisce come siano calcolati i 1463 operai, dalla semplice elencazione delle cifre via via pubblicate e dette nel corso del tempo si capisce come la credibilità sia molto bassa:
Programma di cessione di complessi aziendali di Lucchini S.p.A. in Amministrazione Straordinaria novembre 2013
Dall’avvio della produzione dell’acciaieria elettrica i volumi si porterebbero a 800 mila tonnellate di produzione/laminazione e i livelli occupazionali potrebbero essere i seguenti:
Reparto | Organico assegnato |
Acciaieria | 200 |
Laminatoio Top (rotaie) | 255 |
Laminatoio Tmp+Fmp+Lvp | 235 |
Laminatoio Tve | 142 |
Energie | 45 |
Lucchini servizi | 120 |
Staff | 160 |
Totale | 1157 |
Piano Industriale CEVITAL aprile 2015
Il piano prevedeva
siderurgia logistica agroalimentare Totale
1450 50 700 2200
Documenti di non assoggettabilità a VIA presentati in Regione da Aferpi giugno 2016
Il piano prevedeva
Afepi Spa Piombino Logistics Agroalimentare Totale
1350 300 250 1900
Intervista al Sole 24 Ore gennaio 2017
Venivano dichiarate le seguenti cifre
Aferpi Spa Piombino Logistics Agroalimentare Totale
750‑1000 350–450 2.000 3100–3450
Parlare di scarsa credibilità è un eufemismo.
“Ora lo scenario possibile è questo: nuovo commissariamento dell’ex Lucchini con il ritorno di Piero Nardi e ricerca di nuovi partner. Calenda ha detto che ci sono un paio di imprese molto interessate e potrebbero essere la stessa British Steel, o Jindal, senza escludere a priori Liberty House. Ma il processo non sarà breve. Per ora sono assicurati gli ammortizzatori sociali, in serata si è avuta la notizia che è possibile un prolungamento degli effetti della legge Marzano”
Tanto ottimismo non sembra proprio motivato.
Il Tribunale di Livorno il 24 marzo 2017 ha emesso il decreto di cessazione dell’esercizio dell’impresa (Lucchini). A seguito di tale decreto l’amministrazione straordinaria è considerata, ad ogni effetto, procedura concorsuale liquidatoria e si occuperà, prioritariamente, del recupero dei crediti, dello sviluppo delle azioni revocatorie e di richieste di danni avviate, della cessione dell’ immobile e dei macchinari di Condove e di alcune partecipazioni minori.
Dunque l’amministrazione straordinaria si è già conclusa. Ne può partire un’altra? Difficile dirlo.
Sugli ammortizzatori sociali a questo punto vale l’accordo sindacale del 26 giugno 2015 sul contratto di solidarietà difensivo per il quale il contratto di solidarietà sarà utilizzato a partire dal 30 giugno 2015 per i successivi 48 mesi (24 mesi rinnovabili di altri 24 mesi). Ciò perché la legge di stabilità del 2016 ha stabilito che tutti i contratti di solidarietà stipulati prima del 15 ottobre 2015 sono applicati per la durata del contratto prevista dal verbale di accordo firmata dalle parti., mentre tutti i contratti di solidarietà stipulati a partire dal 15 ottobre 2015 saranno applicati comunque non oltre la data del 31 dicembre 2016, anche nel caso in cui il verbale di accordo sindacale preveda una scadenza del periodo di solidarietà successiva a tale data.
Un decreto legislativo del 24 settembre 2016 ha stabilito che “Le imprese che abbiano concluso e sottoscritto accordi in sede governativa entro il 31 luglio 2015, riguardanti casi di rilevante interesse strategico per l’economia nazionale e tali che, per le ricadute occupazionali, condizionino le possibilità di sviluppo economico territoriale, e il cui piano industriale abbia previsto l’utilizzo di trattamenti straordinari di integrazione salariale oltre i limiti previsti dagli articoli 4, comma 1, e 22, commi 1, 3 e 4, del decreto legislativo n. 148 del 2015, oppure l’utilizzo del contratto di solidarietà, possono accedere, rispettivamente, alle misure di cui all’articolo 42, commi 3 e 4‑bis, del decreto legislativo n. 148 del 2015 per la durata e alle condizioni certificate dalla Commissione di cui all’articolo 42, comma 4, del medesimo decreto legislativo e secondo i criteri definiti dal decreto n. 98189 del 29.12.2016 .”.
Ma l’utilizzazione delle misure di cui all’articolo 42 è fortemente condizionato e quelle misure sono trattamenti straordinari di integrazione salariale.
Se poi con il termine prolungamento degli effetti della legge Marzano si vuole intendere che l’obbligo del mantenimento dell’attività imprenditoriale e dell’occupazione può andare oltre il 1° luglio vale la pena di ricordare che ciò chiama in causa accordi sindacali e forse modifiche legislative ben difficili.
La materia è molto complicata ma proprio per questo meglio non dare niente per scontato.
(Foto di Pino Bertelli)