Passato, presente e futuro della cooperativa
PIOMBINO 21 settembre 2013 — Unicoop Tirreno si trova da qualche giorno di fronte ad un problema inedito: 250 persone sono partite da Napoli per manifestare sotto la sua Direzione a Vignale. Per la prima volta Unicoop Tirreno è chiamata ad interrogarsi su aspetti che non le erano comuni: la protesta di 250 lavoratori che rischiano il licenziamento, una situazione che può appannare i valori fondanti del sistema cooperativo.
Cosa è successo?
Anni ’90: la Coop Toscana Lazio, questo il nome in quegli anni, dopo il più storico di Coop la Proletaria, decide, nel quadro di un programma di sviluppo della grande distribuzione cooperativa, di espandere la propria presenza in Campania.
Non sappiamo quanto questo sia stato frutto di una strategia complessiva del movimento cooperativo legato alla grande distribuzione o quanto una visione di espansione soggettiva dettata anche da fattori positivi che erano presenti sul mercato: grandi opere, nuove politiche commerciali, stabilità e potenziale crescita dei consumi.
Un dato però emerge, in questo quadro di ipotetica crescita della presenza del movimento cooperativo nella grande distribuzione. Tanti erano infatti gli appetiti che muovevano soggetti esterni e no (Auchant,Carrefour, Leclerc, Esselunga, Conad etc.) per un inserimento in aree non ancora sfruttate ma, al contrario, all’interno del movimento cooperativo Unicoop Firenze decide ad esempio, di ampliare e consolidare la sua presenza in un territorio già conosciuto e con un trend dei consumi e di fidelizzazione molto alta, cioè la Toscana (Firenze, prato, Pisa, Lucca etc.). Sarà forse un caso?
Coop Toscana Lazio, questo allora il suo nome, fa una scelta diversa, coraggiosa o no ma sicuramente non facile, decide di espandere la propria presenza in un territorio vergine, in cui la grande distribuzione non era certo al primo posto e cioè la Campania.
Non è il solo grande gruppo della distribuzione Cooperativa, ma Coop Toscana Lazio, approva un piano di sviluppo in Campania che non ha precedenti.
Forte della sua presenza sul mercato, incorpora Coop Campania, direzione, negozi e personale, pianifica un piano di sviluppo che prevede la realizzazione di piccoli ma anche e soprattutto grandi centri commerciali(Afragola, Quarto, Benevento, Avellino, Teverola).
Coop Toscana Lazio modifica anche la sua denominazione sociale, diventa Unicoop Tirreno, di fatto espande la sua presenza da Massa Carrara, lungo tutta la fascia tirrenica, compreso Roma, fino ad Avellino (oltre 6000 dipendenti).
Una grande operazione, con un impiego di energie economiche e no e soprattutto con un sistema logistico di estrema complessità.
Unicoop Tirreno, comincia subito a fare i conti con due fattori importanti.
Il primo è una realtà che si muove istituzionalmente in maniera diversa e spesso anomala: ritardi nei permessi, complicazioni nei rapporti istituzionali, una cultura cooperativa che lì è in gran parte assente, dai dirigenti nuovi che vengono inseriti, al personale di base.
Ciò che più conta però è il secondo e cioè il fatto che quel mercato non è in grado di dare le risposte che potenzialmente Unicoop Tirreno si aspettava. Le dichiarazioni di alcuni dipendenti che hanno manifestato davanti alla direzione di Vignale sono solo il segnale della situazione difficile che attraversano: «I negozi che ci circondano, e che sono tanti, applicano prezzi stracciati, come se ci fosse una specifica volontà di farci fallire».
Non è così, quella politica non è da ora che in Campania, soprattutto ad Afragola, viene fatta da piccoli e grandi distributori e non è legata al tentativo di far fallire la Coop è un sistema che lì vige non da ora. Prezzi e contratti del personale sono motivo di gestione privata e piratesca dei proprietari e vengono applicati al di fuori di qualsiasi regola contrattuale o di mercato. Anche questo è un dato su cui riflettere, la Coop non può permettersi contratti al di fuori delle regole, né un non controllo e una trasparenza sui prodotti e sui costi. La Coop è sul mercato e le regole valgono anche per lei e i conti devono tornare.
L’atteggiamento della direzione è stato in questi anni teso a dare una risposta positiva e meno indolore possibile ai lavoratori, a partire dall’occupazione alla prosecuzione produttiva e non sono certo giustificate le manifestazioni di chiusura a soluzioni che da tempo avrebbero risolto il problema, anche se con qualche sacrificio.
All’ Unicoop va dato atto di questo, ma rimane un grande interrogativo a cui non è possibile sottrarsi: perché tutto questo? E’ un problema solo di mercato di calo delle vendite? E perché i tempi sono stati così lunghi nell’assumere determinate decisioni e perché si è proseguito in parte su un piano di investimenti che di fatto aveva già dimostrato le sue grandi difficoltà?
Un interrogativo ed una discussione pubblica si impone dato il grande apporto economico e occupazionale che ancora porta in questo e altri territori e le sue caratteristiche
sociali e culturali. «Quale progetto è presente per l’oggi e per il futuro per Unicoop Tirreno?»