Progetto Aferpi: non tornano né tempi né costi
PIOMBINO 26 luglio 2016 — La documentazione presentata da Aferpi al Comune di Piombino ed alla Regione Toscana per l’avvio del “procedimento di verifica di assoggettabilità relativa al Progetto di Riconversione Industriale e Sviluppo Economico delle aree del complesso industriale ex-Lucchini di Piombino” merita una lettura attenta.
Alcuni di questi documenti riguardano in particolare gli investimenti, i loro costi e la tempistica di realizzazione: su questi vale la pena di fare alcune osservazioni, privilegiando valutazioni di natura tecnica e quindi oggettive, proprie di una personale esperienza lavorativa in impiantistica industriale, ma non evitando di esprimere opinioni e valutazioni anche soggettive.
Complessivamente, nel merito degli aspetti tecnici, si può affermare che i documenti citati denotano un approfondimento dei temi specifici riguardanti questo grande progetto in ogni suo aspetto.
Concordo sull’affermazione che i contesti siderurgico e logistico siano fortemente integrati e capaci di condizionarsi reciprocamente, ma, poiché siamo ben lungi dall’aver persino la progettazione delle infrastrutture viarie e ferroviarie assolutamente necessarie, tale affermazione stride e suona come un pesante atto di accusa, verso tutta una classe politica colpevole di non essere stata capace, in oltre un decennio, di dare avvio e ultimazione, ad esempio, ad un’ opera, cosi necessaria e strategica per la città ed il comprensorio, come il prolungamento della 398 fino al porto. Oggi non trovo miglior definizione per questa vicenda se non quella di “madre di tutte le vergogne”.
Sull’intero progetto presentato permangono notevoli incongruenze, in modo particolare riguardo ai tempi di attuazione ed ai relativi costi di realizzazione. Sul primo aspetto infatti, pur non considerando le problematiche relative ai ritardi dei finanziamenti, è assurdo che in un documento datato giugno 2016 si continui a riportare il 2018 come l’anno giusto per tornare a produrre acciaio. Ciò è contro ogni buona logica che si basi su valutazioni tecniche. Come già ho avuto modo di dire, anche ponendoci in condizioni ideali, prima del 2020 sarebbe impossibile raggiungere tale obiettivo.
Ma oggi, allo stato attuale delle cos, la situazione è ancora più grave: con i ben noti problemi di Monsieur Rebrab a reperire i finanziamenti necessari e con lo stallo che ne consegue, ogni valutazione sui tempi è assolutamente impossibile.
Riguardo al secondo aspetto, quello dei costi, si evidenziano carenze importanti: oltre ai citati impianti di trattamento scorie, linea di alta tensione e approvvigionamento dei gas tecnici, vi sono altre voci importantissime non citate nelle valutazioni budgettarie. Non c’è evidenza dei costi relativi alle opere civili nel loro complesso, cosi come non sembra siano stati considerati i costi dei capannoni di acciaieria con i carriponte di servizio (gru di colaggio) ed i carriponte minori. Trovo inoltre che sia sottostimato il costo previsto del parco rottame poiché trattasi di un’opera molto importante ed estesa su fondazioni in grado di isolarla dal sottosuolo per evitare inquinamenti dello stesso e dotata di mezzi e gru di carica sofisticate e costose. A titolo di confronto preciso che il futuro parco rottame, pur dimensionato per un solo forno elettrico ovvero 1.100.000 tonnellate all’ anno, dovrebbe approvigionare una quantità di materiale di gran lunga superiore al doppio rispetto a quello della vecchia acciaieria. In conclusione trovo la cifra di 416 milioni di euro assolutamente inadeguata alle esigenze complessive dell’intero progetto, ritenendo, da una personale valutazione budgettaria, che la cifra congrua si attesti attorno a 600/650 milioni di euro.
Confesso che, come la gran parte dei cittadini, fui favorevolmente sorpreso dall’ ingresso nella scena di questo ineffabile monsieur Rebrab e quando la scelta ricadde su di lui, piuttosto che sull’indiano Jindal, fui lieto e sollevato. Pur vero che non era un siderurgico, ma si sarebbe potuto contornare delle persone giuste in grado di fare le scelte migliori, pensavo io, e poi, che diamine, c’erano le garanzie del governo. Renzi già vendeva la pelle dell’orso, il presidente Rossi era entusiasta, selfie, foto di gruppo, brindisi, non mancava proprio niente. E giù ottimismo, entusiasmo alle stelle e guai a chi sollevava dubbi e preoccupazioni. Ci pensavano i politici locali a vario titolo ed i sindacati confederali ad esporli al pubblico ludibrio (gufi, cassandre, distruttori ecc.); c’era un chiaro ed incomprensibile tentativo di isolare “i critici” dall’opinione pubblica. Cito: «…noi siamo con il mondo del lavoro loro, no…». Devo dire che non era un bel vedere. Confesso che talvolta mi sono vergognato di percepire che il mio ottimismo scivolava verso il basso, ma questo è avvenuto, soprattutto quando ho sentito parlare di volontà di smontare l’altoforno e l’acciaieria, portare i materiali in Brasile e rimontare il tutto in un nuovo stabilimento. Ecco quello è stato un momento difficile per me: non capivo. Ma chi mai, mi chiedevo, gli ha suggerito una simile operazione? Come può pensare che sia economicamente vantaggiosa? Sapevo benissimo che, trattandosi di impianti e strutture vecchissime, il loro recupero sarebbe stato talmente limitato nelle quantità e complicato nell’attuazione da diventare antieconomico. E questo lo sapeva benissimo chiunque fosse del mio mestiere, non solo il sottoscritto. Poi sono tornato cautamente ottimista a seguito dell’assegnazione dell’ordine di fornitura per la linea di processo alla tedesca SMS; conoscevo e conosco benissimo la società e sapevo perfettamente che era quanto di meglio ci potesse essere in quanto a know how e serietà. Quindi tutto ok? Si riparte? Ma sì dai….. i tecnici tedeschi e italiani della SMS stanno progettando, a breve consegneranno i disegni e Aferpi potrà dare avvio all’iter per le gare di appalto per le opere civili e contemporaneamente strutturarsi con una nutrita squadra di tecnici e responsabili idonea a far fronte all’immane lavoro che ormai è li da cominciare. Tempo in mezzo ce n’è veramente poco, ma ce la faranno, mi dicevo. Ora mi rendo conto che la mia, più che la constatazione di un’evidenza, era un auspicio; speravo di vedere “il mondo che si metteva in moto” con entusiasmo, come sempre avviene in queste occasioni. Invece silenzio. Poi iniziarono ad aleggiare notizie infauste: «Rebrab non trova i soldi». Le notizie diventano certezze, il sistema va in stallo ed allora finalmente tutti gli attori, da quelli istituzionali, politici e sindacali, abbassano i toni: sì continuiamo a crederci…… il piano è ancora solido……. chiederemo aiuti e conferme. Regione, Mise, Governo tutti attivati, non disperiamo. Intanto qualche testata autorevole, “Il Sole 24 Ore”, scrive cose terribili ed assolutamente realistiche: in buona sostanza accusa una intera classe politica, ai massimi livelli, di incompetenza mista a scorrettezza. Dove sono le solide garanzie finanziarie vendute alla cittadinanza? Dove sono le certezze? Come uscire e con quali strumenti da questa sconcertante situazione di stallo?
A questo punto non resta che attendere gli esiti dei prossimi incontri ed augurarci che il “mondo non crolli”, anche se la sensazione che sia stato costruito solo un gigantesco castello di carta oggi è forte. Se cosi fosse i problemi peggiori per Piombino ed il comprensorio dovrebbero ancora arrivare. Spero fortemente di essere preda di un pessimismo totalmente infondato.
(Foto di Pino Bertelli)
Analisi lucida che fotografa, come ha fatto Il Sole 24Ore , la classe politica incapace di governare l’industria nel Paese, non solo a Piombino.