Il pronto soccorso sopperisce alle deficienze generali

· Inserito in Teoria e pratica
Carla Bezzini

PIOMBINO 13 gen­naio 2017 — Non pas­sa giorno che non com­pa­ia sul­la stam­pa qualche rifer­i­men­to alla forte sof­feren­za delle strut­ture san­i­tarie locali, sof­feren­za che viene pre­sen­ta­ta in relazione al pic­co influen­za­le e alla psi­cosi da menin­gite. La realtà è un’al­tra: la sof­feren­za del­la san­ità locale è da tem­po una costante che la con­tin­gen­za, del resto preved­i­bilis­si­ma, di un fisi­o­logi­co pic­co influen­za­le in una popo­lazione preva­len­te­mente anziana ha fat­to emerg­ere in tut­ta la sua por­ta­ta. La sci­agu­ra­ta rifor­ma san­i­taria regionale, insieme alla sot­trazione di risorse oper­a­ta dagli ulti­mi gov­erni nazion­ali, ha cre­ato i pre­sup­posti di ques­ta sof­feren­za: accor­pa­men­ti dei servizi, riduzione del per­son­ale e delle risorse, aumen­to abnorme delle fig­ure diri­gen­ziali (con con­seguente incre­men­to delle pas­toie buro­cratiche), taglio dei posti let­to, con­trazione dei servizi ter­ri­to­ri­ali, cos­ti­tu­is­cono i car­di­ni delle crit­ic­ità attuali.
A questi ele­men­ti strut­turali potrem­mo anche aggiun­gere un sostanziale dis­in­ter­esse per le realtà per­iferiche da parte dei man­agers cen­trali, inadeguatezze orga­niz­za­tive ter­ri­to­ri­ali e infine, madre di tutte le dis­crasie, la rior­ga­niz­zazione per inten­sità di cura, non con­tem­pla­ta in nes­suna seria let­ter­atu­ra sci­en­tifi­ca e det­ta­ta uni­ca­mente dal­la log­i­ca del risparmio.
Insom­ma, la nos­tra strut­tura pub­bli­ca non è più in gra­do di rispon­dere al bisog­no di cura (di pre­ven­zione non si par­la nem­meno più, se non astrat­ta­mente) dei cit­ta­di­ni.
Il pron­to soc­cor­so è la strut­tura che mag­gior­mente è balza­ta agli onori del­la cronaca degli ulti­mi giorni e nel­la clas­si­fi­ca che è sta­ta sti­la­ta risul­ta che il locale servizio è quel­lo che meglio ha sostenu­to le crit­ic­ità del momen­to: ciò che invece non emerge a suf­fi­cien­za è che tale risul­ta­to è dovu­to in larga misura al sen­so di respon­s­abil­ità e alla pro­fes­sion­al­ità di un per­son­ale san­i­tario sot­to­pos­to a pres­sioni cres­cen­ti, a carichi di lavoro ecces­sivi e che quo­tid­i­ana­mente opera in con­dizioni di crit­ic­ità e di espo­sizione a ris­chio. Abbi­amo la per­centuale più bas­sa di posti let­to e il più bas­so rap­por­to tra numero di oper­a­tori e popo­lazione: sul pron­to soc­cor­so si river­sa una richi­es­ta di prestazioni a com­p­lessità cres­cente, anche in relazione al fat­to che tale strut­tura è tenu­ta a svol­gere una fun­zione di fil­tro a cop­er­tu­ra del numero inadegua­to di posti let­to. Se, a par­ità di per­son­ale e con acces­si in aumen­to, sia nei numeri che nel­la com­p­lessità, i tem­pi risul­tano anco­ra accetta­bili, ciò è da attribuire al per­son­ale san­i­tario del pron­to soc­cor­so che sta lavo­ran­do sot­to organ­i­co e ai lim­i­ti delle pro­prie capac­ità.

*Car­la Bezzi­ni è con­sigliera comu­nale di Un’Al­tra Piom­bi­no

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