Come e dove lavorare ancora i pomodori
PIOMBINO 22 settembre 2013 — Chi vive a Venturina non può non conoscere il pomodorificio Italian Food. Da anni questo stabilimento accoglie i raccolti di pomodoro locale e toscano producendo conserve e altri prodotti del settore; durante i mesi estivi passa da 86 dipendenti a tempo indeterminato a circa 300 con le assunzioni stagionali. È sempre stato fonte occupazionale importante per lavoratrici e studenti.
Lo stabilimento, che è situato nel quartiere di Coltie, oltre a rappresentare una risorsa per il territorio, con lo sviluppo urbano è divenuto anche un problema; le abitazioni lo hanno inglobato e questo ha determinato una serie conseguenze negative per chi vive nel quartiere.
I rumori, gli odori, il via vai di camion che trasportano il prodotto hanno creato forti disagi agli abitanti della zona, per non parlare dell’ inquinamento delle acque; sono stati molti i sindaci che hanno prospettato la possibilità di una delocalizzazione dello stabilimento nella zona artigianale di Campo alla Croce, dove è stato individuato un sito. Conseguentemente anche l’attuale amministrazione nel regolamento urbanistico del 2010, ha classificato lo stabilimento come “area critica”.
Dai programmi ai fatti “ce ne corre” e infatti lo stabilimento, che secondo il Regolamento urbanistico sarebbe dovuto essere trasferito entro il 2015 a Campo alla Croce, è ancora al suo posto. I problemi sono rimasti, se non aumentati dal momento che il conservificio, anche grazie ad un aumento di produzione, ha dovuto estendere le sue dimensioni con tensostrutture e aree cementificate che l’amministrazione ha sostanzialmente permesso per garantire a Italian Food di lavorare.
Ad oggi la situazione dell’ Italian Food, anche da quanto si percepisce dalle discussioni nel consiglio comunale, è la seguente: uno stabilimento che è una risorsa per un territorio, che produce e dà lavoro, ma che, a causa della sua collocazione, crea dei disagi agli abitanti e che quindi occorre delocalizzare in una zona industriale. Naturalmente questo ha dei costi che l’azienda non vuol sostenere e l’amministrazione comunale sotto il ricatto occupazionale non si attiva per promuovere la delocalizzazione.
Mai si era parlato però di chiusura dello stabilimento. Improvvisamente il 17 aprile di quest’anno a mezzo stampa Pasquale Petti — socio e amministratore delegato – dichiara la chiusura “certa al 99%” dell’attività. Le motivazioni sono “il congelamento del contributo di 20 milioni per la delocalizzazione, i costi troppo alti per i servizi di Asa e Asiu e i maggiori costi del pomodoro fresco”. In più c’è l’accusa all’amministrazione comunale colpevole di non permettergli di compiere opere utili al miglioramento dell’impresa.
Il Sindaco Soffritti cade dalle nuvole dicendo di essere sorpresa e convoca un incontro il 29 aprile con i sindacati, l’Italian Food e gli agricoltori.
Il giorno seguente sui giornali si legge “ Italian Food, cala la tensione”, dieci giorni dopo (9 maggio) s’incontrano presso l’assessorato regionale all’agricoltura, il Sindaco Soffritti, l’amministratore delegato Petti, l’assessore regionale Gianni Salvadori e i rappresentanti dei sindacati. Dai giornali si apprende la volontà di tutti di mantenere in vita lo stabilimento e si conferma il protocollo firmato nel 2011 che prevede «la ricerca di un rapporto con la grande distribuzione organizzata toscana tale da permettere un’ulteriore valorizzazione del pomodoro di origine regionale.….l’avvio del percorso che porti a collocare Italian Food all’interno del distretto del pomodoro area centro nord» oltreché un’immediata richiesta di confronto con il ministero dell’economia che consenta di verificare lo stato del finanziamento di 20 milioni di euro ai fini della delocalizzazione dello stabilimento. L’accordo prevede inoltre un «confronto con i produttori e con le associazioni di loro rappresentanza allo scopo di condividere la situazione esistente e procedere per la campagna 2013». Alla fine Petti si dichiara “soddisfatto dell’incontro”.
La stagione inizia, tutto procede nella normalità fino al 12 settembre quando Petti annuncia difficoltà nell’ approvvigionamento del pomodoro fresco a causa della concorrenza di altri commercianti del settore che dal Sud vengono a comprare il pomodoro in Toscana pagandolo di più e accusa gli agricoltori di non rispettare gli accordi verbali presi ad inizio stagione.
L’associazione agricoltori Cia con Marino Geri difende i produttori affermando che questa situazione dipende dalla mancanza di una regolamentazione che obblighi alla stipula dei contratti attraverso l’associazione dei produttori e che tali problemi si risolvono solo con accordi di filiera; ricorda inoltre che i produttori solitamente sono la parte debole contraente e accade più spesso che siano loro ad accettare prezzi miseri per il loro prodotto.
Infine il 17 settembre Italian Food annuncia la chiusura anticipata della stagione mettendo in libertà 150 stagionali affermando che i prezzi richiesti dagli agricoltori sono troppo alti per proseguire la produzione.
E’ difficile capire quale sia l’epilogo di questa vicenda ma emergono alcuni aspetti chiari:
- Italian Food non pensa minimamente al trasferimento e la conferma è il fatto che chieda insistentemente deroghe per l’espansione dello stabilimento lì dove si trova adesso,
- l’amministrazione comunale si guarda bene dal disturbare troppo l’azienda per la paura di un’eventuale decisione di chiusura e non pensa minimamente a gestire la delocalizzazione (tranne quando è rintuzzata dagli abitanti o dalle opposizioni) pur essendo evidente che è interesse sia dell’ amministrazione comunale che dell’impresa fare in modo che attraverso degli accordi circostanziati tra enti pubblici, impresa e produttori si proceda gradualmente alla delocalizzazione.