L'ARDUA SENTENZA NEI CHIARIMENTI DELLA Comunità europea

Pubblico-privato: o diavolo o acqua santa

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Redazione

PIOMBINO 15 mar­zo 2015 — I parte­nar­iati pub­bli­co-pri­va­to (PPP) non sono il diavo­lo. Lo pos­sono diventare se, è la stes­sa Unione Euro­pea che lo dice, non rispet­tano le norme comu­ni­tarie con­cer­nen­ti il fun­zion­a­men­to del mer­ca­to inter­no, il pat­to di sta­bil­ità e di cresci­ta, la nor­ma­ti­va comu­ni­taria sui mer­cati pub­bli­ci e le con­ces­sioni di servizi, le norme in mate­ria di con­cor­ren­za quan­do eserci­tano un’at­tiv­ità com­mer­ciale.
Su questo ine­lim­inabile fon­da­men­to si innalza poi una ques­tione polit­i­ca che riguar­da, ai fini di creare una soci­età aper­ta come bro­do di coltura di idee, inizia­tive, prog­et­ti, il rispet­to delle pari oppor­tu­nità di acces­so al mer­ca­to e la garanzia del­la sosteni­bil­ità degli impeg­ni che si pren­dono sia da parte del pub­bli­co che del pri­va­to.
Si potreb­bero elen­care in abbon­dan­za, ad esem­pio nel­la Gran Bre­tagna gov­er­na­ta dal New Labour, sia prog­et­ti di parte­nar­i­a­to che han­no fun­zion­a­to bene sia prog­et­ti che si sono riv­e­lati cat­a­strofi­ci innanz­i­tut­to per il pub­bli­co ma anche per il pri­va­to.
Al pub­bli­co si richiede di padroneg­gia­re bene le dif­fi­coltà del parte­nar­i­a­to ma questo non sem­pre suc­cede.
Al pri­va­to di non colti­vare recon­dite inten­zioni di approf­ittare di ren­dite di posizione e di monop­o­lio ed anche questo non sem­pre accade.
È ciò che non suc­cede in Val di Cor­nia come dimostra­no alcu­ni esem­pi di rap­por­to pub­bli­co pri­va­to illus­trati in questo numero.
Quel­lo che si sta per­cor­ren­do è un crinale molto peri­co­lo che por­ta esat­ta­mente nel­la direzione oppos­ta a quel­la che si dichiara di perseguire: non si ampli­ano le pos­si­bil­ità di svilup­po ma si diminuis­cono, non si cre­ano risorse aggiun­tive a quelle pub­bliche ma queste ultime si sos­ti­tu­is­cono agli impeg­ni pri­vati, non si costru­isce un ambi­ente nel quale i ruoli del pub­bli­co e del pri­va­to sono chiara­mente delin­eati ma si innalza una com­mistione di ruoli nei quali come min­i­mo ger­moglia lo spre­co, nel­la peg­giore la par­al­isi.
La situ­azione si aggra­va ulte­ri­or­mente dato che il pub­bli­co, anche sin­go­lar­mente, spes­so ha la vocazione di com­por­tar­si come impre­sa che opera nel mer­ca­to nel momen­to stes­so in cui per altri ver­si opera con­tem­po­ranea­mente in regime di servizio pub­bli­co pro­tet­to.
È ciò che suc­cede in Val di Cor­nia come tes­ti­mo­ni­ano molti arti­coli pub­bli­cati nel pas­sato sulle soci­età parte­ci­pate.
Chi ci rimette? Non tan­to quel­la ripetu­ta­mente, inutil­mente e retori­ca­mente decla­ma­ta “inno­vazione”, del­la quale non si capisce mai il sig­ni­fi­ca­to, quan­to, molto più sem­plice­mente, quelle risorse gio­vani e quelle energie nuove che non si potran­no mai affer­mare se tro­ver­an­no il cam­po pri­vo di oppor­tu­nità e non avran­no modo di con­frontar­si sec­on­do le regole di una soci­età aper­ta.

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