Se la politica inventa fetore, gufi, sciacalli e frustrati
PIOMBINO 2 gennaio 2017 - Lo ha ribadito anche il presidente Mattarella nel suo discorso di fine d’anno. La politica sta spesso scadendo, nel linguaggio e nei comportamenti, a livelli molto bassi. Chiunque, pur con le migliori intenzioni e non certo animato da spirito distruttivo, osi, senza alzare la voce ma con toni normali, esprimere un dubbio, una perplessità, anche un critica viene spesso e volentieri messo alla berlina. I social network, e Facebook in particolare, sono i consueti palcoscenici di questo tipo di reprimende che non di rado giungono all’offesa.
Una volta non accadeva. Soprattutto chi governava i Comuni e gli enti istituzionali avvertiva tutto il peso della carica e aveva un grande rispetto per le opposizioni e comunque per chi aveva posizioni diverse. Non che la battaglia politica fosse, in passato, meno dura di quanto lo sia oggi. Piuttosto essa si basava su tesi forti e sorrette da logiche ferree. La contraddizione e l’errore di valutazione, più di oggi, erano disvalori e chi era sulla scena pubblica faceva di tutto per evitarli. Il rispetto era comunque la regola e semmai qualcuno avesse osato utilizzare le armi dell’offesa e del linguaggio men che corretto veniva isolato e non degnato di risposte.
Oggi non si può dire nulla in contrasto col pensiero dominante senza venire tacciati di frustrati, di sciacalli, di patetici, di gufi, animaletti peraltro ammirati e considerati come esempi di saggezza in mezzo mondo.
Non offre certo un buon esempio la politica nazionale che ormai quotidianamente fa uso di comportamenti e di un linguaggio da trivio che spesso scivola nell’offesa. In una recente assise di un organismo di vertice di un partito importante un quadro di primo piano ha dato della “faccia da culo” ad un altro quadro dirigente di primo piano con la stessa tessera in tasca. Non illuminano certo il nostro Paese agli occhi del mondo i “vaffà” con cui si sono giudicati atteggiamenti e scelte politiche. Se si possono salvare alcuni singoli personaggi che resistono, sta invece dilagando in modo trasversale l’abitudine al peggio.
Ovviamente nessuno che abbia un minimo di buon senso sostiene che la politica debba essere vissuta con i criteri del galateo di monsignor Della Casa. Sappiamo bene che il linguaggio si è trasformato e vocaboli che una volta erano banditi negli articoli di giornale, oggi fanno parte del lessico anche del più aristocratico dei media.
Quello su cui insistiamo è, però, il concetto che il confronto debba continuarsi a basarsi sul rispetto reciproco, sulla volontà di misurarsi e crescere nel dialogo, nell’obbiettivo di mantenere la “P” maiuscola al sostantivo “politica”.
Constatiamo invece che, per quanto negativo, sta invece consolidandosi un metodo che scende dall’alto verso il basso finendo da un po’ di tempo per contagiare anche i rapporti politici locali.
Per non rimanere nel vago riferiamo un esempio dei numerosi che abbiamo potuto registrare dalle nostre parti.
Per capire occorre premettere che oggi le posizioni sono assai cambiate e il progetto o i progetti che sembravano un toccasana per risollevare le sorti dell’economia del comprensorio vengono rivalutati e riconsiderati. I giorni dei grandi entusiasmi sono sostituiti dal tempo della prudenza e della speranza alla quale non si può non associarsi.
Ma c’è da dire che di fronte al nuovo, per quanto fulgido potesse apparire, anche nel tempo dei primi annunci c’era chi, senza clamore, osava esprimere timori. Non fosse altro perché il comprensorio era già stato scottato da avventurieri venuti dal nulla e presto scomparsi o da progetti rimasti una semplice illusione. Si badi bene, non l’affermazione di no preconcetti ma banali e scontati inviti a ragionare e a verificare.
In quei giorni chi predicava prudenza e stentava ad unirsi al coro dell’entusiasmo più volte è stato al centro di reprimende pesanti espresse in modi perfino difficili da accettare. Proprio l’esempio locale di ciò su cui poniamo l’attenzione in questo articolo.
Senza citare l’autore, perché davvero ci interessa il merito e non l’incidente del momento, riportiamo di seguito un post apparso su Facebook il 3 marzo 2014, nei tempi in cui andava di moda il tunisino Kaled, e che meglio di ogni considerazione giova a chiarire. Si tratta di una strenua difesa, da parte di un personaggio non secondario, di quel primo strano progetto per la siderurgia, finito male e su cui, già allora, c’era divisione tra i fautori entusiastici e i prudenti.
Ecco il testo:
“ECCO LO FETORE!” “Come ci si poteva largamente aspettare, al primo segnale di presunta inaffidabilità del progetto arabo, peraltro alimentato da un eccitato comunicato della Lucchini che ho trovato davvero discutibile, si sono affacciati i primi sciacalli. Si poteva fare un pronostico e scriverne preventivamente i nomi, li avremmo azzeccati quasi tutti, talmente sono patetici nell’ostentare la loro fetida frustrazione su profili, blogs, riviste on line. Noi continueremo a lavorare e batterci anche per costoro, non c’è problema”.
Non occorre fare nomi, ma la vicenda Lucchini/Aferpi ha fatto emergere la peggior politica che ci si potesse immaginare. Un misto di arroganza e sgradevole supponenza ha preso il posto del rispetto per le opinioni altrui ogni qualvolta queste si allontanavano da una sorta di pensiero unico dominante. Quando poi a queste pessime qualità si unisce una palese inadeguatezza al proprio ruolo, che dire, saranno i cittadini al momento giusto che sapranno giudicare.