Quando la voglia di propaganda fa tenerezza
PIOMBINO 30 gennaio 2016 — L’Agenzia delle entrate resta a Piombino ed certamente una buona notizia, dopo tutti gli uffici dei servizi principali che sono scomparsi. Oggettivamente è uno sforzo apprezzabile da parte dell’amministrazione comunale, anche se oramai con i sistemi telematici le questioni si risolvono da casa o dagli uffici dei professionist. Fin qui tutto bene ed un grazie agli artefici. Poi leggendo il comunicato risalta un passaggio alquanto difficile da comprendere nel suo significato più recondito: “…In secondo luogo ciò avrebbe rappresentato un segnale contraddittorio rispetto a quelle decisioni già messe in campo a livello statale e regionale per facilitare gli investimenti, stimolando l’opera di rilancio e reindustrializzazione della nostra città e che necessiteranno di quello che è un servizio strategico per l’intero ambito comprensoriale della Val di Cornia…”. Sinceramente questo periodo che ho letto tutto d’un fiato mi ha fatto sorridere. In realta ho avuto l’impressione che non volendo dire nulla di sostanzioso, in quanto non vi è assolutamente sostanza, emerge una voglia viscerale di propaganda che fa quasi tenerezza. Sono tanti i motivi per cui le aziende investono in un territorio, non è certo la presenza dell’agenzia delle entrate a fare la differenza (anzi, forse se con essa scomparissero anche le tasse per le imprese ci sarebbe un concreto incentivo) , in quanto a queste questioni ci pensano i professionisti attraverso i servizi online e con i rapporti consolidati con le sedi provinciali. Basti pensare che in tutta la Brianza ci sono solo tre distaccamenti dell’Agenzia delle entrate ed il numero delle aziende è esorbitante. Alla fine una cosa buona e positiva a livello amministrativo è diventata un grottesco modo per pubblicizzare le azioni di chi governa. Sotto il profilo della comunicazione alla nostra amministrazione servirebbe un salto di qualità e di sobrietà (è un consiglio, non una critica); gli inutili incisi non solo lasciano il tempo che trovano, ma evidenziano anche un limite oggettivo: “voler dire subito troppo per la paura che poi alla fine non si avrà molto da dire”. In tal senso le vicende dei carrozzoni pubblici, fra quali “INVITALIA”, che sono ben conosciuti dalle cronache nazionali, dovrebbero aver insegnato qualcosa.