Quanto costano quegli ammortizzatori sociali
PIOMBINO 16 maggio 2016 — In un recente articolo Stile libero si è occupato delle conseguenze sulla busta paga dei lavoratori di Lucchini in amministrazione straordinaria e di Aferpi dell’applicazione della cassa integrazione straordinaria (1) e del contratto di solidarietà (2). Ma quanto sono costati questi ammortizzatori sociali a partire dal 1° luglio 2015, cioè da quando la Lucchini è passata ad Aferpi?
Anticipiamo la conclusione.
Il costo può variare da 16.494.833 euro a 18.228.260 euro nel periodo dal luglio 2015 al 1° aprile 2016.
Vediamo perché.
A seguito dei diversi accordi sindacali ed istituzionali il 1° luglio 2015 1.080 lavoratori passarono ad Aferpi ed usufruirono del contratto di solidarietà, altri 1.098 rimasero in Lucchini ed usufruirono della cassa integrazione straordinaria.
Da allora la situazione è cambiata e cambierà fino al 6 novembre 2016 nel modo seguente:
Le ore di cassa integrazione in Lucchini
Calcolando che le ore di cassa integrazione siano annualmente 2.080 ( ore teoriche lavorabili ) e mensilmente 173,33 (2080/12) si può affermare che
- nel 2015 dal 1° luglio fino al 31 dicembre (1.098 lavoratori X 6 mesi X 173,33 ore mese) le ore della cassa integrazione sono state 1.141.898,04,
- nel 2016 dal 1° gennaio fino al 1° aprile (749 lavoratori X 3 mesi X 173,33 ore mese) sono state 389.472,51.
Il costo della cassa integrazione
La simulazione che è stata fatta è basata su due casi medi:
- lavoratore di 5° livello in cassa integrazione al quale viene applicato il 1° massimale (3), con indennità mensile lorda di € 971,71,
- lavoratore di 5° livello in cassa integrazione al quale viene applicato il 2° massimale (3), con indennità mensile lorda di € 1.167,91.
Poiché non è dato sapere in quale preciso periodo i 49 dimissionari da Lucchini abbiano dato le dimissioni e i 300 siano stati assunti da Aferpi, assumendo che i 1.098 di Lucchini e i 1.080 di Aferpi non siano cambiati fino al 31 dicembre 2015 (6 mesi) e che i 749 di Lucchini e i 1.380 di Aferpi siano rimasti inalterati dal 1° gennaio 2015 al 1° aprile 2016 (3 mesi), deriva che
nel caso di 1° massimale
- nel 2015 dal 1° luglio al 31 dicembre il costo è stato di 6.401.625,48 euro (1098 lavoratori X 6 mesi X € 971,71),
- nel 2016 dal 1° gennaio al 1° aprile di 2.183.432,37 euro (749 lavoratori X 3 mesi X € 971,71),
- in totale 8.585.057,77 euro;
nel caso di 2° massimale
- nel 2015 dal 1° luglio al 31 dicembre il costo è stato di 7.694.191,08 euro (1.098 lavoratori X 6 mesi X € 1.167,91),
- nel 2016 dal 1° gennaio al 1° aprile di 2.624.293,77 euro (749 lavoratori X 3 mesi X € 1.167,91),
- in totale di 10.318.484,77 euro.
Il finanziamento della cassa integrazione è stato ed è tuttora in misura prevalente a carico dello Stato che vi provvede tramite la “GIAS” (Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali) (4).
Il costo dei contratti di solidarietà
La simulazione che è stata fatta è basata sull’ipotesi che i lavoratori lavorino il 40%, e per questa percentuale siano pagati da Aferpi, per il restante 60% siano pagati al 70% dallo Stato attraverso l’ Inps.
Il caso tipico è quello del lavoratore di 5° livello.
Posto che la paga base sia 1.774 euro il 60% ammonta a 1.064 euro e il 70% di questo diventa 744,8 euro e dunque
- nel 2015 dal 1° luglio al 31 dicembre il costo a carico dello Stato è stato di 4.826.304 euro (1.080 lavoratori X 6 mesi X € 744,8),
- nel 2016 dal 1° gennaio al 1° aprile di 3.083.472 euro (1.380 lavoratori X 3 mesi X € 744,8).
- in totale di 7.909.776 euro.
Conclusione
In conclusione nel periodo dal 1° luglio 2015 al 1° aprile 2016, sommando la spesa statale per la cassa integrazione e per la solidarietà, si hanno le seguenti somme:
- nel caso di applicazione del 1° massimale 16.494.833,7 euro,
- nel caso del 2° massimale 18.228.260 euro,
che corrispondono negli ottto mesi
- nel caso di applicazione del 1° massimale 2.061.854,13 euro al mese,
- nel caso del 2° massimale 2.278.532,5 euro al mese.
Questi i dati. Naturalmente rimane aperta la discussione se questi ammortizzatori sociali siano utili ed efficaci al massimo livello o possano più proficuamente essere sostituiti nel corso del tempo da altri strumenti. È questa discussione che ha ispirato la revisione apportata dal jobs act a prescindere dal giudizio che su di esso si può dare. I numeri servono ad aiutare la discussione e la riflessione. Rimane inoltre del tutto aperta la discussione se le politiche di rilancio produttivo del territorio siano corrette ed appropriate di per sé così come si pensa di realizzarle e se potrebbero essere portate avante in manioera più valida con altre priorità e con altri strumenti di politica attiva del lavoro, già previsti dal jobs act.. Anche su questo la discussione è aperta, così come dimostrano altri esempi di crisi industriale e rilancio produttivo susseguente verificatisi in altre zone.
(1) Il trattamento di integrazione salariale straordinario (CIGS) è una prestazione economica erogata dall’Inps per integrare o sostituire la retribuzione dei lavoratori al fine di fronteggiare le crisi dell’azienda o per consentire alla stessa di affrontare processi di ristrutturazione /riorganizzazione/ riconversione.
(2)I contratti di solidarietà sono accordi, stipulati tra l’azienda e le rappresentanze sindacali, aventi ad oggetto la diminuzione dell’orario di lavoro al fine di:
mantenere l’occupazione in caso di crisi aziendale e quindi evitare la riduzione del personale (contratti di solidarietà difensivi);
favorire nuove assunzioni attraverso una contestuale e programmata riduzione dell’orario di lavoro e della retribuzione (contratti di solidarietà espansivi).
Il contratto di solidarietà dei lavoratori Aferpi è di tipo difensivo.
(3) L’ammontare dell’integrazione salariale straordinaria è lo stesso fissato per la CIGO ed è pari all’80% della retribuzione globale che sarebbe spettata ai lavoratori sospesi, per le ore non lavorate, comprese tra le 0 e le 40 ore settimanali. L’importo da corrispondere è soggetto ad un limite mensile, introdotto per la CIG straordinaria dal 1980. Tale limite massimo è rivalutato annualmente in relazione all’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati, accertati dall’ISTAT.
Dal 3/1/1994 si applicano due massimali diversi a seconda che la retribuzione lorda mensile del lavoratore, maggiorata dei ratei di 13° e 14°, sia minore/uguale o maggiore della retribuzione mensile di riferimento fissata per legge.
(4) Dal settembre 2015 col decreto legislativo «Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro» è stato modificato il sistema degli ammortizzatori sociali e del loro finaziamento.
Il finanziamento dei nuovi ammortizzatori sociali avverrà con un contributo ordinario e addizionale.
Il contributo ordinario (scontato dello 0,20% rispetto al passato) verrà versato, come in passato, dall’azienda ordinariamente e mensilmente e indipendentemente dall’utilizzo o meno dell’ammortizzatore.
In caso di utilizzo di qualsiasi ammortizzatore, l’azienda sarà tenuto al versamento di un contributo addizionale, in misura pari a:
9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore non lavorate, relativamente ai periodi di integrazione ordinaria o straordinaria fruiti attraverso anche più interventi fino ad un massimo di 52 settimane in un quinquennio mobile;
12% oltre le 52 settimane, sino ad un massimo di 104 in un quinquennio mobile;
15% oltre le 104 settimane in un quinquennio mobile.
Anche per accedere ai contratti di solidarietà come causale della CIGS l’azienda è ora obbligata a versare un contributo addizionale pari al 9% della
retribuzione globale spettante per le ore non prestate per effetto della riduzione di orario.
Precedentemente era previsto un contributo ordinario pari allo 0,90% delle retribuzioni mensili soggette a contribuzione, così ripartito: 0,30% a carico dei lavoratori beneficiari e 0,60% a carico dei datori di lavoro destinatari del trattamento CIGS.
Le aziende erano, inoltre, soggette a un contributo addizionale del 4,5% dell’integrazione salariale corrisposta ai lavoratori o del 3% per le aziende fino a 50 dipendenti.
Erano escluse dal versamento del contributo addizionale le aziende assoggettate a procedure concorsuali e le aziende che ricorrevano all’intervento straordinario in seguito alla stipula di contratti di solidarietà.
I contratti di solidarietà non comportavano costi aggiuntivi per l’azienda, perché il contributo addizionale era richiesto solo per la cassa integrazione
straordinaria
Annalisa Tonarelli è titolare dell’insegnamento di Povertà ed inclusione sociale presso l’Università di Firenze
(Foto di Pino Bertelli)