Quelle bonifiche pubbliche così poco amate
PIOMBINO 30 maggio 2017 — È stato pubblicato dal Ministero dell’ambiente lo “Stato delle procedure per la bonifica Maggio 2017” riguardante tutti i siti di interesse nazionale da bonificare (Sin) presenti in Italia. Un dato emerge su tutti gli altri per quel che riguarda il Sin di Piombino e cioè il fatto che i terreni non contaminati che risultavano nel 2016 (ma i dati erano del novembre 2015) pari a 34 ettari, cioè il 4% dei 931 ettari perimetrati e compresi nel Sin, nel 2017 sono diventati 415 ettari, cioè il 45%. Un salto così notevole non è giustificato dall’aumento dei progetti di bonifica approvati perché essi passano nello stesso periodo dai 57 ettari del 2016 ai 122 del 2017 e non è nemmeno detto che siano stati eseguiti. Un’ipotesi è che l’analisi di rischio sanitario ed ambientale effettuata dalla società Aferpi, che ha in proprietà o in concessione demaniale la quasi totalità delle aree, e approvata dal Ministero abbia rivelato valori di concentrazione degli inquinanti inferiori alla soglia di contaminazione (CSC) oppure, se superiore, comunque inferiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) e dunque tali da non far scattare la necessità della bonifica essendo aree “non contaminate”. Naturalmente rimanendo nell’ambito di una destinazione industriale del territorio.
La bonifica dei terreni
Si poteva capire del resto da quanto Invitalia, che avrebbe dovuto eseguire la bonifica dei suoli industriali in concessione demaniale oltreché della falda, aveva scritto nel “Documento di programmazione dell’intervento e specifiche delle attività tecniche”:«Alla luce degli approfondimenti tecnici condotti nell’ambito dell’aggiornamento dello Studio di Fattibilità, allo stato attuale, non risulterebbero aree di competenza pubblica interne all’originario stabilimento siderurgico per le quali emerga la necessità di procedere all’intervento di messa in sicurezza dei suoli attraverso pavimentazione».
Come si vede nella cartina sottostante riguardante il 2017 quasi tutta l’area industriale oggi Aferpi ieri Lucchini è classificata come area non contaminata:
E si capisce bene il cambiamento della situazione confrontando la cartina del 2017 con quella del 2016 visibile sotto:
Quella delle aree non contaminate è la differenza maggiore, anche se contemporaneamente sono in aumento le aree per le quali è stato presentato un progetto di bonifica e quelle dove il progetto di bonifica è stato approvato:
Tra queste ultime, cioè tra quelle con progetto approvato,
- l’area di Città futura (soggetto attuatore il Comune di Piombino, approvazione del progetto definitivo da parte del Ministero dell’Ambiente nel novembre 2010 con la fissazione in sei mesi della scadenza per l’inizio dei lavori mai partiti),
- i terreni insaturi del sito Edison (soggetto attuatore la società Edison, approvazione del 22 maggio 2014),
- l’area Lucchini per l’ampliamento della discarica Asiu (soggetto attuatore Asiu ora RiMateria approvazione 14 maggio 2014 con la fissazione in quattro mesi della scadenza per l’inizio dei lavori mai partiti),
- le discariche LI015F e LI015I nello stabilimento Dalmine di Piombino” (soggetto attuatore società Dalmine, approvazione dell’ 11 aprile 2017).
Tra le aree con progetto di bonifica presentato sono comprese l’area della centrale di Tor del Sale dell’Enel, l’area exIrfird nonché molte piccole zone nell’area industriale Aferpi. Tra quelle con piano di caratterizzazione attuato il quagliodromo, la striscia compresa tra il quagliodromo e la discarica Lucchini a suo tempo sequestrata dalla Finanza, le aree vicine alla città e la discarica di Poggio ai Venti. Infine, l’area Lucchini a suo tempo sequestrata risulta con piano di caratterizzazione presentato.
Rimane fuori da queste considerazioni la tematica dei volumi di terreno e rifiuti da smaltire o da recuperare (teoricamente preliminari ad ogni altro intervento) riassunti dall’ Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (ARPAT) nella Relazione finale sulle elaborazioni eseguite sui dati di contaminazione del suolo e della falda nel sito Lucchini di Piombino dell’ aprile 2014 in questi termini:
«Sulla base di quanto sopra esposto, per quanto concerne la macroarea nord si traggono le seguenti conclusioni:
- i volumi degli hot spots (sono convenzionalmente definibili come “hot spot” campioni con valori superiori a 10 volte le CSC, ndr) da rimuovere risultano compresi fra un minimo di 34.608 e un massimo di 67.137 metri cubi;
- l’analisi di rischio evidenzia un rischio accettabile se viene pavimentato il 50% delle aree di suolo attualmente esposto agli agenti atmosferici. Sulla base dei dati a disposizione viene stimata una superficie da pavimentare pari a 300.000 metri quadri;
- i volumi di rifiuti da recuperare e/o smaltire ammontano a 442.000 metri cubi;
- i volumi di sottoprodotti e MPS da avviare alla commercializzazione sono pari a 93.581 metri cubi.
Per quanto invece attiene alla macroarea sud, sono stati calcolati i volumi degli hot spots da rimuovere, che sono risultati compresi in un intervallo compreso fra un minimo di 115.955 e un massimo di 174.956 metri cubi».
La bonifica della falda
Diversa la situazione della falda. La descrizione del Ministero colloca la quasi totale dimensione del territorio come area con Piano di caratterizzazione attuato, l’area per ampliamento della discarica Asiu come area con progetto di bonifica approvato e la discarica Lucchini a suo tempo sequestrata come area con Piano di caratterizzazione approvato:
È la conferma di quanto testimoniato da Invitalia, cioè l’essere ancora allo stadio dei bandi per l’ affidamento dei servizi di esecuzione della “campagna di indagini integrative finalizzata alla progettazione delle opere di messa in sicurezza operativa”.
Come si vede dalla tabella sottostante la situazione è rimasta immutata nel tempo:
Vale anche per la bonifica della falda ciò che abbiamo detto a proposito della bonifica dei terreni, il fatto cioè che non è risolto (è un problema che parte dalla firma dei diversi accordi di programma) il problema del nesso rifiuti industriali/bonifica.
E così, non essendo stato affrontato il problema dei rifiuti industriali quest’ultimo non è diventato, come dovrebbe, pregiudiziale per ogni altra operazione. Il che ha conseguenze negative sia dal punto di vista ambientale (come eseguire la bonifica della falda senza prima aver liberato il terreno da rifiuti, cumuli e quant’altro resta un problema irrisolto) che economico, vista la possibile recuperabilità, inertizzazione e riutilizzazione di questi, anche senza andare a scomodare l’economia circolare.
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Non sono bonifiche! Sorprende che l’unica cosa da voi evidenziata sia la mancata previsione della rimozioni dei cumuli di rifiuti industriali. Non è l’unico argomento importante anche se certamente rende discutibile il buon esito delle opere di messa in sicurezza, compreso quella della falda. Quello che più mi preoccupa è che dei 931 ettari non sarà bonificato niente! La messa in sicurezza controlla che gli inquinanti non arrivino agli obbiettivi sensibili: aria, acqua, mare…uomo…in modo “troppo” rischioso! La messa in sicurezza cerca di limitare le vie con cui le fonti inquinanti raggiungono tali obbiettivi. La messa in sicurezza non è la bonifica. Poi i criteri con cui si stabilisce il rischio accettabile variano con la destinazione d’uso dell’area studiata nella analisi di rischio relativa a quella determinata zona. Il rischio di sviluppare un tumore può essere inaccettabile per un bambino che frequenta una certa area, ma accettabile per un operaio che indossa elementi protettivi, ha un certo peso corporeo minimo, ecc..! In tutto il Sin non si procede alla eliminazione delle fonti inquinanti, ma alla mitigazione dei loro possibili effetti, il tutto con la logica del massimo risparmio e le concentrazioni a soglia di rischio(CSR) calcolate hanno valori inaccettabili per chi mette la salute e l’ambiente prima dei profitti industriali. I soldi sono pochi e spesso il loro utilizzo si preferisce indirizzarlo verso opere più immediatamente percepibili e premianti che non le bonifiche! Questa è la logica che anima non solo tutti i soggetti chiamati a bonificare:ENEL, AFERPi, Dalmine, ecc…ma ANCHE la stessa amministrazione comunale per i terreni di sua competenza. Perchè poi nessuno, proprio NESSUNO, ha evidenziato o reso pubblico che il criterio che improntava le Analisi di Rischio sito specifico non consideravano in modo più puntuale le esigenze di tutela della salute di chi in questo ambiente vive? Questa è la mia opinione oggi suffragata da quanto sta avvenendo. Eppure nelle decine di Conferenze dei Servizi Istruttorie erano sempre presenti Enti che dovrebbero avere al primo posto la tutela della salute e dell’ambiente, niente hanno avuto da dire ARPAT,rappresentanti del Comune di Piombino?
Forse no guardando come hanno giudicato in modo positivo l’operato della ditta che ha fatto gli studi per AFERPI ed ha determinato che il 45% dei suoi territori non hanno bisogno di alcun intervento (per il resto sono tombature),studi poi approvati dal Ministero e non solo (Conferenze dei Servizi). Giudizio talmente positivo che a tale ditta hanno affidato lo studio di Città Futura per arrivare ad un tipo di bonifica diversa da quella accettata decenni fa!
Uno studio ed una analisi che certamente abbasserà in modo significativo il costo della “bonifica” per le aree di competenza comunale, ridurre i costi questo è importante. La salute e l’ambiente passano sempre in secondo piano.