Realtà e conseguenze dell’interramento dei “siluri”
PIOMBINO 21 febbraio 2018 — I carri siluro sono grossi contenitori come dice il nome a forma di siluro, in grado di contenere circa 200 tonnellate di ghisa liquida a circa 1400 gradi Celsius, prodotta dall’altoforno. A Piombino fino all’aprile 2014 quando l’altoforno è stato definitivamente spento.Viaggiavano su binari di normale scartamento e rispettavano la massima sagoma dimensionale consentita dagli standard dell’ Azienda delle ferrovie. Alle estremità il siluro terminava a forma di cono e poggiava su carrelliere dotate di otto ruote ciascuna. Attaccati ad un locomotore anche a gruppi di 2/3 per volta, percorrevano il tragitto altoforno/acciaieria e viceversa. Ad una delle due estremità era applicato un meccanismo di rotazione tramite il quale la ghisa veniva versata in una siviera posta all’interno di una fossa. Una volta riempiti di ghisa liquida, nel percorso dall’altoforno all’acciaieria, si potevano eccezionalmente avere vari tipi di incidenti: un deragliamento, la rottura di una ruota o di un asse dei cinematismi, un guasto al meccanismo di rotazione, tutti inconvenienti molto gravi che impedivano di svuotare il siluro e di trasferire il prezioso contenuto dentro la siviera preposta al caricamento del convertitore. Situazione questa di massima emergenza con rallentamento/blocco del ciclo produttivo. In ogni caso, una volta usciti dall’emergenza, restava il carro siluro in questione con la ghisa in via di raffreddamento al suo interno e non più utilizzabile. Veniva quindi messo fuori ciclo e abbandonato.
Liberare un carro siluro dalla ghisa congelata è opera estremamente lunga oltreché costosa: occorre un adeguato impianto di captazione poiché durante il taglio della ghisa si produce una quantità di fumi enorme e non è detto si raggiunga il risultato sperato perché nella migliore delle ipotesi si riesce a rifondere solo la parte di ghisa più vicina alla bocca mentre la restante parte no. Quindi tante energie sprecate ma il siluro rimane inutilizzabile. Pensare di recuperare rottame tagliando dall’esterno anche l’involucro del siluro e quindi demolendo il refrattario ed in ultimo la ghisa avrebbe un costo talmente elevato da non essere consigliabile. Per quanto sopra esposto, si capisce come sia logico ed economicamente preferibile liberare il siluro dalle carrelliere e dai cinematismi, scavare una profonda buca, mettercelo dentro e toglierlo di mezzo per sempre. È pur vero che insieme alla ghisa ed all’acciaio dell’involucro si seppelliscono anche circa 20–30 tonnellate di refrattario silico-alluminoso, che è pur sempre un rifiuto speciale, ma è assolutamente certo che questo resterà per sempre confinato all’interno di un involucro di acciaio di 25 millimetri di spessore e non potrà provocare alcun tipo di inquinamento poiché, mai e poi mai, a meno che non si ragioni di tempi biblici, andrà a contatto del terreno inquinando falde e quant’ altro.
Se invece trasferiamo la vicenda su un piano diverso da quello meramente tecnico, si possono fare ben
altre considerazioni. Si può per esempio discutere se l’aver interrato dei manufatti cosi ingombranti sia stato un gesto eticamente corretto e rispettoso del territorio oppure no e se in questo modo non si sia venuti meno ad un codice deontologico al quale sentirsi moralmente in dovere di rispondere. Ecco, su questo piano come cittadino credo si possano fare libere considerazioni e senza sconti. Personalmente sono molto critico su quanto accaduto, poiché il fatto stride, e fortemente, con la volontà, anche se per ora solo annunciata, di bonificare un’area estesa adiacente alla città, fino ad ora occupata da uno stabilimento in dismissione per quella parte (l’acciaieria), per riconvertirla con nuove attività. Questa ottica era già presente negli anni 2013- 2014 quando, secondo quanto letto sui quotidiani locali è avvenuto l’interramento di un numero imprecisato di siluri.
In conclusione: quella dell’interramento una pessima idea, esecrabile ma nessun danno e pericolo per l’ambiente.
Vanno tolti, però, poiché impedirebbero la realizzazione delle fondamenta per eventuali future strutture.