Dopo Rebrab il Comune tace senza idee sul da farsi
PIOMBINO 21 novembre 2017 — Il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda ha invitato lil commissari straordinario della ex Lucchini a dare avvio alle procedure legali per la risoluzione del contratto con Aferpi.
Come si legge nella relazione del commissario straordinario, Piero Nardi, la società risulta inadempiente rispetto agli obblighi contrattualmente assunti per lo stabilimento ex Lucchini di Piombino: il riavvio, in agosto, della produzione del treno rotaie, l’individuazione di una partnership per la parte siderurgica e la presentazione di un valido piano industriale nei termini previsti dall’addendum.
Tutte le previsioni di Cevital sono clamorosamente fallite. E non si parla dell’addendum del 30 giugno 2015. Tutto l’impianto previsto con l’accordo di programma 2015 è crollato ed è crollato perché, come i fatti hanno dimostrato, non era credibile fin dall’inizio. Eppure è stato sottoscritto da soggetti autorevoli, esaltato e difeso oltre misura, costringendo questo territorio a consumare inutilmente più di due anni, senza che niente si muovesse, senza che un posto di lavoro si formasse, con oltre 2000 dipendenti (assunti da Aferpi) costretti a vivere con un salario ridotto e assistito. Mentre i lavoratori e le lavoratrici dell’indotto sono ridotti allo stremo, privi di qualunque copertura assistenziale. Un disastro da cui oggi tutti corrono a dissociarsi, tutti coloro che hanno contribuito alla sua realizzazione e alla sua agonica prosecuzione.
Noi abbiamo sempre sostenuto la fumosità e la non percorribilità di un piano fantasioso e abbiamo contrastato la variante Aferpi, con la quale il Comune di Piombino ha vincolato un immenso territorio alle richieste dell’imprenditore inadempiente. Oggi, di fronte a tanto disastro, torniamo a ribadire che la società Aferpi non può più tenere in ostaggio un patrimonio immenso che nelle sue mani rimane inutilizzato .
Le aree e i beni che sono stati ceduti ad Aferpi, sono di proprietà demaniale o di proprietà dello Stato, che può chiederne il rilascio, data l’inadempienza dell’imprenditore. Si tratta di aree strategiche, sulle quali è necessario avviare con urgenza le bonifiche e l’adeguamento delle infrastrutture, passaggio ineludibile per permettere l’insediamento di nuove attività produttive.
Non possiamo più perdere tempo ed è inammissibile il silenzio degli amministratori locali afoni, in attesa di decisioni offerte da altri, e incapaci di una proposta autonoma per la rinascita di questo territorio.
Noi sosteniamo da tempo che i Comuni della Val di Cornia devono procedere insieme ad una nuova fase di pianificazione per le aree cedute ad Aferpi, ad una loro ridefinizione che tenga conto delle immense potenzialità che ha questo territorio, unico nelle sue ricchezze.
Ci sono impianti da demolire o da mettere in sicurezza, c’è un porto da ultimare e che ha già assorbito immense risorse pubbliche, c’è una strada che avrà valore solo se arriverà al porto, c’è una ferrovia da adeguare. Ci sono aree immense fortemente inquinate e che, se non risanate, precludono qualunque speranza di ripresa del nostro territorio.
Gli strumenti ci sono. Questo territorio deve cambiare passo e la politca che negli ultimi anni ha prodotto questo disastro non ha più margine per sostituire alle narrazioni esaltanti di ieri la vuota retorica di oggi.
Un’Altra Piombino