Rebrab costruirà una fabbrica siderurgica in Brasile
PIOMBINO 5 marzo 2015 — Ma quante acciaierie vuol costruire monsieur Issad Rebrab, facoltoso e pur poliedrico industriale algerino, specializzato da tempo soprattutto nel genere diversissimo dei prodotti agro alimentari?
Di Piombino, dei due forni elettrici, ormai praticamente ridotti ad uno, delle vicende delle bonifiche, del porto, dei costi dell’energia elettrica, dei rinvii, delle dispute e degli ultimatum sindacali sono piene le cronache.
Di altro, legato al mondo, dell’acciaio, ci informa l’agenzia ufficiale del governo del Parà, regione brasiliana a nord est del paese, otto milioni di abitanti e non pochi problemi economici.
Così veniamo resi edotti che venerdì scorso, 4 marzo, il patron di Cevital era a Belem, nel palazzo del governo del Parà, per firmare un’intesa con la società mineraria Vale, colosso mondiale nel settore delle estrazioni, di proprietà del governo brasiliano, titolare di progetti, autorizzazioni e terreni per sviluppare un polo siderurgico a Marabà, cittadina nel sud est del paese, nota in zona per produrre rotaie distribuite in buona parte dell’Americana latina.
Le intenzioni di Vale, vera bestia nera degli ambientalisti del pianeta ed addirittura data tra i possibili acquirenti dell’Ilva di Taranto, col tempo non si sono potute concretizzare al punto che il governo del Parà, alle prese con consistenti problemi di tenuta finanziaria, ha creduto bene di cercare altri investitori.
È noto che Cevital non è azienda sconosciuta in Brasile e nella regione del Parà in modo particolare. La stessa nostra testata ha avuto modo di parlar di progetti agroalimentari a Barbarena e di produzioni di etanolo da mais a Vera nel Mato Grosso (https://www.stileliberonews.org/mentre-piombino-attende-rebrab-investe-ovunque/).
In una simile situazione è parso di rivedere il famoso “Merci, monsieur Rebrab” apparso in più cartelloni a Piombino.
Non è noto se vi siano stati inviti ed insistite sollecitazioni da parte dei governati del Parà mentre è possibile che Cevital abbia fiutato un possibile affare. Dopotutto a Marabà non c’era nessuna fabbrica da ricostruire con tanto di bonifiche, di maestranze da ricollegare, di management ed organizzazione interna da ricostruire. La proprietà di Vale aveva studi, progetti, autorizzazioni e terreni già pronti alla bisogna e perfino una miniera in grado di fornire minerali di ferro per la produzione. E con la convincente mediazione della politica regionale e nazionale brasiliana, gli algerini avrebbero potuto avere tutto questo in modo gratuito. Altro che estenuanti trattative sindacali e sfibranti incontri romani per ricontrattare il prezzo dell’energia elettrica o le norme per la salvaguardia dell’ambiente.
Quanto da queste semplici, banali considerazioni sia stato partorito l’accordo di Rebrab in Brasile non è dato a sapere. Quel che in più siti la Rete ha reso, invece, chiarissimo è che intorno ad un enorme tavolo ovale, nel palazzo governativo di Belem, i sorrisi si sono sprecati, la soddisfazione è stata perfino maggiore di quella di Enrico Rossi quando esce dagli incontri romani, la stesso volto di Rebrab, di solito misuratamente grigio, ha esternato un contenuto compiacimento.
Il baffuto governatore Simoe Jatene ha voluto segnare gli sforzi eseguiti per attrarre investitori nello stato del Parà e, con una frecciatina ai suoi predecessori, ha ribadito di non voler deludere nessuno, di non voler creare false attese (ndr: “ma guarda tu, questo Brasile…”) e quindi di fare sul serio.
Paolo Hegg, rappresentate di Cevital in Brasile ed uomo del progetto metanolo e dell’agroalimentare, si è addirittura abbandonato ad uno slancio previsionale: “Il Parà sarà la porta d’ingresso del nostro gruppo in Brasile”.
Gli applausi hanno accomunato tutti e tra tutti c’erano personaggi di spicco riuniti nella festa. L’agenzia governativa non ne dimentica alcuno compreso un tale Salame che, con il suo nome, non ha comunque sminuito il valore del parterre.
In soldoni Cevital si è impegnato a realizzare da subito uno stabilimento siderurgico a Malabà capace di entrare in funzione dal 2019, con 2500 dipendenti propri e 6–8 mila nell’indotto e con una produzione di 2,7 milioni di tonnellate di acciaio, quasi tre volte quella che si è indicata per un forno elettrico previsto a Piombino.
Da Marabà uscirà di tutto: lamiera in rotoli, ghisa, blume, billette e perfino rotaie. Rebrab intende investire in questa impresa due miliardi di dollari, 300 milioni dei quali, secondo l’agenzia governativa, sarebbero già stati versati.
È ovvio che a questo punto sorga spontanea la domanda sui rapporti tra gli impegni piombinesi di Cevital e quelli brasiliani che battono la stessa strada.
Immediato è spuntato il partito degli ”interessi globali” secondo cui una visione a largo raggio degli investimenti di Rebrab prevedrebbe una sorta di sinergia tra Piombino e Marabà con interscambio di prodotti, rotaie in primo luogo, nell’ottica di soddisfare compiutamente la domanda dell’America latina. In questo tipo di interpretazione viene inserita la notizia del trasferimento in Brasile del vecchio altoforno (ndr: è davvero tecnicamente possibile?) e di altre parti non più utili della fabbrica di Piombino. E addirittura si pensa ad un impiego dell’acciaio piombinese in Algeria per la realizzazione di mezzi di locomozione diversificati rispetto alle motorizzazioni Hyundai che Cevital ha rappresentato per anni in Algeria e che oggi tratta di meno per contrasti tra i sud coreani e l’azienda gestita da Omar Rebrab, il figlio maggiore di Issad.
I meno ottimisti vedono, invece, nell’impegno brasiliano, che presenta maggiori vantaggi e minori difficoltà di quello italiano, una sorta di allontanamento di Rebrab dall’acciaio di Piombino per guardare invece con immutato interesse al porto toscano e alle opportunità che esso può offrire nella movimentazione delle merci.
Non si può infine dimenticare – ed anzi è da tenere in prima evidenza – la situazione algerina del gruppo Cevital, fortemente ancorato in patria e nella zona della Cabilia in particolare, decisamente legato alle dinamiche dell’economia del paese e alle decisioni della banca d’Algeria, non poco ostacolato da una parte consistente del governo che non si è fatto scrupolo, di fronte a crescenti difficoltà finanziarie, di bloccare i commerci con l’estero e di instaurare una forma di autarchia che non giova certo alla politica di investimenti intercontinentali di Rebrab.
Potete vedere qui uno dei filmati della firma