Tra Rebrab e Jindal Piombino inizi ad usare la testa
PIOMBINO 17 marzo 2018 — Dopo l’interesse mostrato da Jindal per lo stabilimento ex Lucchini, si stanno manifestando le prime prese di posizione sul futuro della siderurgia locale con favorevoli, contrari e proposte di referendum su un potenziale, ma al momento ancora remoto, ritorno alla produzione d’acciaio. Una comunità evoluta e rispettosa di tutte le vocazioni economiche e sociali territoriali non può essere ostaggio di stereotipi produttivi del secolo scorso. Gli errori del passato dovrebbero essere un opportuno insegnamento. Gli integralismi non sono più comprensibili, serve adeguata capacità di programmazione che tenga conto di un cambiamento culturale che sta avvenendo in città. Non si può accettare l’esclusivo binomio acciaio-lavoro, peraltro saltato oramai da tempo, tanto meno un ambientalismo esasperante che non lasci spazio ad uno sviluppo alternativo sostenibile anche sotto il profilo industriale. Inaccettabile è la demonizzazione degli ombrelloni in una chiave rigidamente opportunistica ed egocentrica dell’interesse di parte e personale. Viceversa, chi c’è chi sostiene un’economia ad esclusiva impronta turistica. Vi sono realtà continentali, e non, che vivono di solo turismo, con una filiera ampia che garantisce occupazione annuale a 360 gradi. Peraltro, si tratta di aree geografiche con decine e decine di migliaia di abitanti.
Dipende dalle caratteristiche di ogni territorio. Piombino non è morfologicamente così strutturata per avere un turismo di largo respiro, ma la vocazione che ha, va sostenuta e tutelata, non certo denigrata e repressa.
Al momento non abbiamo nulla per capire quali siano le concrete intenzioni di Jindal. Inutile fasciarci la testa o accusare quei cittadini che hanno il diritto di esprimere il loro dissenso in caso di riapertura e ripartenza dell’altoforno, così come ne ha diritto chi pensa il contrario.
Ricordo la variante Aferpi, che dice cose precise su ciò che pensa l’amministrazione sull’ambito futuro del comparto siderurgico. Inutile girarci intorno, basta leggere.
Mi chiedo solo se Piombino riuscirà ad uscire da un ancoraggio al passato ed aprirsi ad una visione più aperta del mondo, che non si fermi a Fiorentina. Volente o nolente, oggi, al netto dell’assistenzialismo atavico, la maggioranza di cittadini “piombinesi” non è più dipendente dall’industria pesante, sia culturalmente che economicamente. Non sono per i ricorsi continui ai referendum, ritengo che debba essere una classe dirigente preparata ed autorevole a decidere a patto che sia scevra da opportunismi di bassa lega e fini a se stessi. In caso contrario la consultazione può essere l’estremo rimedio.
Il dilemma è che 900 ettari in mano ad un solo uomo al comando sono un errore mostruoso ma di questo mi sembra che pochi se ne accorgano.
Ritengo ridicolo che qualche “saggio” cerchi colpevoli sui cambiamenti di “umore” di Jindal fra coloro che non vorrebbero l’altoforno. Ricordo che Jindal è stato mandato via a calci nel sedere dai “benpensanti” ai tempi del bando di gara, scegliendo a braccia aperte monsieur “merci’ ”. Oggi, al contrario, per gli stessi, Jindal è il “Nazareno”. Per me sia Rebrab che Jindal sono imprenditori stranieri con interessi precisi e con nessuna vocazione filantropica. Giustamente, il loro riferimento è il profitto di qualunque tipo sia, economico o strategico, non di certo hanno a cuore Piombino e i piombinesi. Tanto meno sono propensi a regalare i loro soldi a qualcuno. Jindal, sempre che sia definitivamente interessato ad acquisire lo stabilimento ex Lucchini, farà unicamente ciò che gli conviene. Starà a noi far rispettare il nostro territorio, la nostra salute e la nostra dignità. Se qualcuno la pensa in modo diverso, disponibile a genuflettersi a qualsiasi soluzione, si renderà conto che non è più come prima: la gente di Piombino sta cambiando. Auspico dialogo, confronto e comprensione fra tutti, l’unico modo per avere un futuro, nonostante il dramma che stiamo vivendo.