Rebrab non è una risorsa, è un problema
PIOMBINO 17 agosto 2017 — Siamo oramai oltre la metà di agosto ed il primo impegno contenuto in questo misterioso “addendum” che conosceranno solo gli storici tra novanta anni (come tutti i documenti dei servizi segreti e della diplomazia inconfessabile) è già stato disatteso: il treno a rotaie avrebbe dovuto essere in produzione ma non lo è; forse non lo sarà nemmeno gli ultimi giorni del mese. È ormai evidente a tutti i lavoratori, anche a coloro che all’inizio e per lungo tempo hanno voluto credere al miracolo, che REBRAB SE NE DEVE ANDARE, perché non è una risorsa, bensì un problema, un ostacolo alla ripresa delle attività industriali e ad uno sviluppo armonico per il territorio.
Ora compaiono (sui giornali, nei corridoi, per bocca di personaggi che hanno perso ogni credibilità come il governatore Rossi) nuovi concorrenti, con altre proposte che sfiorano il miracolistico, come la riaccensione dell’altoforno. A parte che si dovrebbe parlare di un nuovo altoforno, dato che tecnicamente è impossibile fare un revamping dell’esistente dopo anni di fermata, il corollario che accompagna questa informazione non è accettabile: infatti assieme all’altoforno dovrebbe essere riattivata tutta l’area a caldo già esistente: per intenderci, quella a ridosso della città, ricreando le vecchie condizioni di inquinamento che già conosciamo e che non vogliamo più subire. Il fumo non è pane: è solo malattia, disagio, blocco di ogni possibilità di sviluppo alternativo.
Noi siamo sempre stati partigiani della ripresa della produzione di acciaio a Piombino, perché riteniamo che qualunque forma di sviluppo alternativo richieda tempi lunghi; riteniamo quindi indispensabile far ripartire al più presto le bonifiche e la produzione siderurgica. Ma ci sono condizioni imprescindibili: i nuovi impianti devono essere lontani dal centro abitato e soprattutto devono essere ecocompatibili. Ci sembra, dopo aver consultato degli esperti, che la tecnologia di ultima generazione dei forni elettrici possa rappresentare una buona base di partenza. Inoltre il ciclo siderurgico che proponiamo deve essere basato su
- produzione di acciai di alta qualità;
- sistema di servizi alla clientela che permettano una maggior soddisfazione del cliente ed un maggior valore aggiunto alla produzione;
- sostegno alla creazione di filiere corte;
- impegno forte nella ricerca, con accordi con le università e i centri di ricerca, con la creazione di corsi di formazione pre e post laurea nei settori della ricerca di nuove leghe di acciaio, di nuovi metodi di produzione, ma anche di tecnologie di riduzione e riutilizzo dei rifiuti derivanti dal ciclo produttivo.
In poche parole, il polo siderurgico deve essere esso stesso un polo di sviluppo di altre attività industriali ad alto valore aggiunto. Quindi non semplicemente un buco dal quale le idrovore delle multinazionali succhino tutta la linfa (il profitto) ed alla fine lascino solo le scorie (gli indebitamenti mostruosi, i lavoratori sul lastrico, i territori devastati).
Per arrivare a questo è indispensabile un’azione forte e decisa del governo, sia locale che nazionale: non deve più avvenire che si accetti qualunque proposta “perché non c’è altro”. Abbiamo visto che con questa logica l’unico risultato ottenuto è la perdita del 30% del salario dei lavoratori, la perdita della dignità per chi si trova a sopravvivere di ammortizzatori sociali, la forte riduzione dell’economia della zona, la perdita di coesione sociale.
Le forze di governo devono preparare un piano per l’uscita di scena di Rebrab e deve essere un piano elaborato con tutte le forze del territorio: lavoratori, commercianti, agricoltori, artigiani, associazioni di categoria, organizzazioni di servizio. Solo così, solo riappropriandoci del nostro futuro ed elaborando assieme le nostre esigenze e le nostre visioni per l’ avvenire, potremo contrastare qualsiasi squalo che pensi di impossessarsi di noi e del nostro territorio.
Coordinamento Art. 1 – Camping CIG