Referendum: i due voti della nostra redazione
PIOMBINO 15 giugno 2016 — Mancano quattro mesi ma la campagna elettorale è già nella fase calda. La rincorsa è insolitamente lunga perché solo ad ottobre il paese sarà chiamato alle urne per esprimersi sul referendum confermativo riguardo alla riforma costituzionale voluta dal governo Renzi. Di fatto non passa giorno in cui qualche politico non ci delizi con il suo comizietto televisivo. Indubbiamente è quindi già l’ora di prendere posizione. E si capisce che da un giornale come il nostro ci si attenda un’indicazione ed una puntuale adesione. Non nascondiamo che ci abbiamo provato. In questi casi però o c’è unanimità o saggiamente bisogna prendere atto della diversità di opinioni. Che tra l’altro, nel rispetto reciproco, non è un male. La redazione di Stile libero, unita nel lavoro quotidiano, deve registrare posizioni opposte riguardo al referendum. Non ci resta quindi che porgervi una sorta di manifesto a due facce: l’articolo di chi è favorevole e l’articolo di chi è contro (per l’ordine di pubblicazione abbiamo proceduto ad un equo sondaggio). Un atto dovuto nei confronti di chi ci legge; a questa iniziativa farà seguito, come sempre, un’apertura piena alle diverse posizioni che, nel rispetto delle idee e delle regole della comunicazione, vorrete farci conoscere.
Ecco quindi, qui di seguito, le idee delle due anime della nostra redazione.
Quelli che voteranno “No”
Già il fatto che Matteo Renzi abbia fatto diventare il referendum confermativo sulla riforma costituzionale un plebiscito sulla sua persona giustifica ampiamente un voto contrario. Significa voler sostituire alle spiegazioni di merito un’aprioristica accettazione della riforma giustificata da una altrettanto aprioristica accettazione della persona. Il contrario del processo democratico che di per sé deve essere informato e libero, tanto più quando l’argomento è la Costituzione.
La seconda motivazione addotta, quella secondo la quale nel referendum di ottobre si gioca la partita tra un sistema di governabilità e un sistema di ingovernabilità, è troppo grossolana per non essere propagandistica. Si può obiettare, infatti, che non tutti i sistemi governabili sono democratici e dunque di per sé la governabilità da sola non è condizione sufficiente per giustificare un sì sempre e comunque.
Ma è poi vero che la riforma costituzionale assicura la governabilità senza ledere i diritti democratici di tutti i cittadini?
Difficile dirlo tant’è che anche molti sostenitori del sì denunciano i suoi limiti e le sue imperfezioni.
In effetti ve ne sono molte: tra queste le norme che complicheranno l’iter legislativo e le stesse funzioni del Senato, troppe e troppo poche allo stesso tempo, e la sua composizione fatta di consiglieri regionali, più rappresentanti partitici che istituzionali, che non potranno svolgere bene il loro lavoro né nei consigli regionali né nel Senato.
Ma un’obiezione vale più di tutte: la nuova legge elettorale, l’Italicum, e la riforma costituzionale ci consegnano una Repubblica in cui, per il premio di maggioranza che assicurerà 340 seggi su 630 al partito che vincerà, essendo 100 di questi nominati dal premier e/o segretario del partito e non oggetto di preferenze dei cittadini, avrà la prevalenza il volere del capo del governo e/o del partito.
Anche nel caso della elezione di organi di garanzia come il presidente della Repubblica e una parte dell’organo di governo della magistratura. Non a caso Eugenio Scalfari ha scritto recentemente: «Se Renzi vincerà, sarà padrone».
È del resto la logica conseguenza di una riforma approvata a maggioranza con un ruolo pesante del governo. Il contrario di ciò che deve essere la Costituzione e di come deve essere approvata. Modifiche comprese.
Quelli che voteranno “Sì”
Prima di esprimere alcune considerazioni nel merito della riforma costituzionale, è bene mettere a fuoco tre punti.
Il primo è che il Parlamento ha approvato una procedura costituzionale corretta: il superamento del bicameralismo.
I cittadini sona chiamati con il referendum di ottobre a un grande sforzo culturale, quello di ragionare in concreto su come deve essere la Costituzione italiana nel prossimo futuro.
È necessario, quindi, discutere nel merito, perché di questo si tratta e non della sostituzione o meno di un governo, ma della modernità della nostra Costituzione.
Il secondo è che chi è contrario, legittimamente, a questa riforma parla spesso di uso politico della storia, come se si volesse proiettare sulle soluzioni di oggi, che stanno solo sulla nostra responsabilità, il consenso dei padri. Chi propone questa critica , si rende poi protagonista di un ancor più disinvolto uso politico. Quello teso a sacralizzare nel presente, in nome proprio dei padri, delle soluzioni che loro stessi, per primi, in più occasioni, hanno ritenuto contingenti ed imperfette.
Il terzo è che la riforma che viene proposta ai cittadini, oggi, non è certo quella bocciata dagli stessi nel 2006, la quale, quella sì ( sarebbe lungo entrare nel merito, a partire ad esempio dalla nomina dei giudici della Corte costituzionale) sviliva le garanzie costituzionali.
La riforma su cui siamo chiamati ad esprimerci, non intacca il rapporto fiduciario fra Governo e Parlamento, ma lascia in vita gli istituti tipici del sistema parlamentare vigente.
La riforma, come suddetto, mira innanzi tutto a superare il bicameralismo perfetto, cioè la coesistenza di due camere legislative che, in concreto, fanno le stesse cose. Con la riforma, invece, una camera, quella dei Deputati, è depositaria del potere legislativo e il Senato della Repubblica sarà rappresentativo delle Regioni e dei Comuni, senza interferire sui poteri legislativi della Camera.
Per riepilogare, in estrema sintesi i contenuti della riforma: 1) il superamento dell’anacronistico bicameralismo paritario; 2) la riforma del titolo quinto dove per la prima volta non si assiste ad un aumento dei poteri del sistema regionale, bensì ad una loro auspicata razionalizzazione e riconduzione a dinamiche di governo complessive del paese, senza, però, un azzeramento delle competenze regionali; 3) i limiti alla decretazione di urgenza, su cui era ormai consuetudine da parte dei governi farne un uso distorto e quindi avere il voto della Camera entro un termine certo, anche per provvedimenti importanti, come l’attuazione del programma politico, senza con questo limitarne il dibattito, ma far sì che il Parlamento possa pronunciarsi in tempi certi garantendo così la crescita della democrazia e non il suo svilimento; 4) Il rafforzamento del sistema delle garanzie con le nuove regole sul referendum e leggi di iniziativa popolare;5) l’abolizione del Cnel e a qualsiasi riferimento alle province.
In sintesi un taglio significativo ai costi della politica (220 parlamentari in meno e un tetto all’indennità dei consiglieri regionali).
Insomma avere la convinzione che una riforma costituzionale sia qualcosa di fondamentale per uno Stato democratico e che la sua modifica, si parla della seconda parte, non possa essere lasciata un’altra volta alle stagioni della politica.
Per concludere una ultima considerazione, l’accostamento che si fa con la nuova legge elettorale l’Italicum, che suscita nei critici alla riforma, motivi di allarme democratico, è legittimo, ma non condivisibile.
Primo perché gli elettori sono chiamati a pronunciarsi sulla riforma e non sulla legge elettorale; secondo perché nella nuova legge elettorale, niente configura una anomala concentrazione di poteri, la maggioranza di 24 deputati alla Camera, per governare non consente al vincitore ne di rivedere da solo la Costituzione ne di esprimere da solo la composizione degli organi di garanzia e comunque a tutela delle garanzie democratiche, che tutti rivendichiamo, in caso di approvazione della riforma questa sarà soggetta a controllo di costituzionalità.
La nuova legge elettorale, ovvero l’Italicum, appare perfino peggiore della legge n.143/1953 definita dalle opposizioni di allora “Legge truffa“ che attribuiva alla lista (o al gruppo di liste) che nel caso avesse superato la soglia del 50% dei voti, 380 seggi pari al 65 % . Tale legge fu fortemente osteggiata dalle opposizioni di sinistra ed all’epoca furono indetti scioperi e manifestazioni di piazza e vennero proclamati addirittura due scioperi generali. In Parlamento vi furono forti contestazioni, scazzottate e le opposizioni praticarono il massimo ostruzionismo nell’ intento di bloccare la legge.
E’ difficile con poche parole spiegare il perché della propria posizione, sia essa favorevole o contraria alle modifiche costituzionali proposte. Provo tuttavia a spiegare le mie motivazioni del no con queste semplici argomentazioni: A) Il nostro Paese soffre da sempre di un problema gravissimo ovvero la corruzione; per combatterla nel profondo servirebbero azioni ed interventi che non solo non si ritrovano tra le modifiche proposte ma si può addirittura sostenere che queste continuano a restare impunite proprio perchè la nostra Costituzione non viene applicata nella sua interezza.
B) A favore della governabilità potevano applicare il voto di sfiducia costruttivo come già applicano altre democrazie europee e se proprio si vogliono ridurre i costi della politica il Senato si poteva eliminare completamente.
C) Uno degli aspetti più ingiusti nel nostro Paese continua ad essere l’immunità parlamentare; bene, non solo non viene definitivamente eliminata ma viene estesa ai rappresentanti delle Regioni che saranno eletti.
D) Non serve essere costituzionalisti per vedere che ci sarebbe uno sbilanciamento dei poteri verso l’esecutivo e questo a me crea ansia e non lo accetto.
E) Ritengo inaccettabile che una modifica della Costituzione cosi importante sia stata fatta a colpi di maggioranza.