Dopo l'offerta degli indiani

La riconversione non si fa con un accordo scordato

· Inserito in Sotto la lente
Paolo Benesperi

PIOMBINO 17 luglio 2014 — L”offerta del­la Jsw Steel di Saj­jan Jin­dal per l’ac­quis­to dei lam­i­na­toi e dei servizi acces­sori del­la Luc­chi­ni di Piom­bi­no, sia pure in atte­sa delle deci­sioni finali del Com­mis­sario stra­or­di­nario, del Gov­er­no e del Comi­ta­to di Sorveg­lian­za, car­i­ca il Comune di una respon­s­abil­ità, se fos­se pos­si­bile, mag­giore che nel pas­sato, quel­la cioè di essere attore di una ricon­ver­sione e di una ripro­gram­mazione del ter­ri­to­rio che sfug­ga da un lato all’in­segui­men­to delle fav­ole di vol­ta in vol­ta pro­poste dal­l’ester­no e dal­l’al­tro all’e­ser­cizio del­la col­orit­u­ra di affres­chi impos­si­bili. Oper­azione com­pli­ca­ta che prob­a­bil­mente impli­ca anche la riv­is­i­tazione di deci­sioni prese ma alter­na­ti­va non c’è.
Nat­u­ral­mente la pre­con­dizione è quel­la di par­tire dai dati di realtà non cer­to dai prog­et­ti pre­sen­tati attra­ver­so i quo­tid­i­ani.
Il ban­do del Com­mis­sario e del Gov­er­no indi­vid­u­a­va come cri­teri di val­u­tazione delle offerte quat­tro sce­nari in ordine di pref­eren­za. Il pri­mo era cos­ti­tu­ito dal­l’ipote­si di man­temi­men­to del “ciclo inte­grale”, il sec­on­do con­tem­pla­va l’impegno dell’offerente a real­iz­zare nel sito di Piom­bi­no un impianto di pro­duzione ghisa (o pre-ridot­to) ed un forno elet­tri­co (ipotesi“riconversione in acciaieria elet­tri­ca con impianto di pro­duzione ghisa”) o in ulte­ri­ore sub­or­dine l’impegno dell’offerente a real­iz­zare nel sito di Piom­bi­no un for­noelet­tri­co (c.d. ipote­si “ricon­ver­sione in acciaieria elet­tri­ca”), il ter­zo riduce­va l’im­peg­no alla lam­i­nazione (ipote­si “cen­tro di lam­i­nazione”) ed il quar­to la ven­di­ta delle diverse par­ti dei com­p­lessi. (c.d. “ven­di­ta in par­ti”).
È chiaro che né il pri­mo né il sec­on­do ispi­ra­no l’of­fer­ta del­la Jsw Steel e dunque è pre­sum­i­bile che né forno elet­tri­co né tan­tomeno corex o altro di anal­o­go siano ad oggi, sic rebus stan­tibus, pos­si­bili ogget­ti di dis­cus­sione.
Si lega anco­ra, così come si è fat­to nel pas­sato, la pos­si­bil­ità di svilup­pare una siderur­gia inno­v­a­ti­va ed eco­logi­ca­mente com­pat­i­bile (così si è arrivati a definire anche quel­la tec­nolo­gia vec­chia di anni più volte cita­ta) alla disponi­bil­ità di finanzi­a­men­ti pub­bli­ci seg­nata­mente region­ali. A parte l’en­tità dei finanzi­a­men­ti disponi­bili, appar­ente­mente grande ma real­mente lim­i­ta­ta, si sor­vola su un aspet­to non pro­prio sec­on­dario e cioè sul fat­to che quei finanzi­a­men­ti pos­sono essere incen­tivi a prog­et­ti di ricer­ca , svilup­po e inno­vazione o aiu­ti di Sta­to a final­ità regionale. I pri­mi, ai quali pos­sono accedere gran­di imp­rese insieme a pic­cole e medie imp­rese, devono avere le carat­ter­is­tiche di prog­et­ti di ricer­ca indus­tri­ale o di svilup­po sper­i­men­tale e dunque essere carat­ter­iz­za­ti dal­l’ac­qui­sizione di nuove conoscen­ze e capac­ità o dal­l’u­ti­liz­zo delle conoscen­ze e capac­ità esisten­ti per svilup­pare nuovi prodot­ti, servizi e pro­ces­si. Pro­totipi, insom­ma. Ovvi­a­mente il finanzi­a­men­to pub­bli­co è per­centual­mente lim­i­ta­to e non pos­sono essere cer­ta­mente finanziati impianti già brevet­tati da anni e adddirit­tura fun­zio­nan­ti in altre realtà. Se si pen­sa poi agli aiu­ti di Sta­to a final­ità regionale il prob­le­ma è più sem­plice: le attiv­ità siderur­giche non sono com­p­rese. Riman­gono le agevolazioni per quel­lo che l’ac­cor­do di pro­gram­ma preelet­torale definisce l’ef­fi­cien­ta­men­to ener­geti­co ed il miglio­ra­men­to ambi­en­tale ma fran­ca­mente par­lare, come quel­l’ac­cor­do fa, di riduzione del­l’im­pat­to ambi­en­tale del ciclo pro­dut­ti­vo di met­al­lo liq­ui­do del­lo sta­bil­i­men­to di Piom­bi­no in una situ­azione in cui ormai lo sta­bil­i­men­to di Piom­bi­no non pro­duce più né ghisa né acciao pare poco cred­i­bile. Nem­meno la stra­da del­l’in­cen­ti­vo pub­bli­co così come dis­eg­na­to nel­l’ac­cor­do di pro­gram­ma, in con­clu­sione, è molto con­vin­cente.
DSC_5590In realtà è pro­prio l’ac­cor­do che non fun­ziona con­geg­na­to com’è da un lato su una dife­sa impos­si­bile del­la siderur­gia e dal­l’al­tro sul­la dis­per­sione dei finanzi­a­men­ti pos­si­bili in un coac­er­vo di inter­ven­ti per infra­strut­ture, boni­fiche e chi più ne ha più ne met­ta sen­za un dis­eg­no uni­tario, coer­ente e sin­er­gi­co. Si è arrivati persi­no a rin­un­cia­re a finanzi­a­men­ti ottenu­ti da anni per le boni­fiche per uti­liz­zarli per infra­strut­ture por­tu­ali men­tre si con­tin­u­a­va a sostenere la tesi, per­al­tro gius­ta, delle boni­fiche innanz­i­tut­to. Si è prefer­i­to per­cor­rere la stra­da del­la citazione delle pos­si­bil­ità annac­quan­do un accor­do di pro­gram­ma for­male e trasfor­man­do­lo in un pro­to­col­lo d’in­te­sa reale sen­za cor­po e sen­za ani­ma che rin­via a deci­sioni future .
Si è prefer­i­to allargare piut­tosto che selezionare ma anche nel­l’­opera di allarga­men­to non si è avu­to nem­meno il cor­ag­gio di allargare davvero e così ques­tioni ril­e­van­ti come quelle del­la pre­sen­za in Val di Cor­nia di una cen­trale ENEL prati­ca­mente inat­ti­va ed allo stes­so tem­po impeg­na­ti­va per il ter­ri­to­rio fuori­escono da ogni ragion­a­men­to.
Con la fine del­la pro­duzione del­la ghisa e del­l’ac­ciaio sal­go­no a centi­na­ia gli ettari di ter­ri­to­rio non uti­liz­za­to. Molti in prossim­ità del­la cit­tà, tal­vol­ta com­ple­ta­mente ridot­ti a deposi­ti talal­tra occu­pati da impianti inat­tivi. Per una per­centuale c’è un’of­fer­ta vin­colante, per una per­centuale ben mag­giore il niente. È in costruzione, inoltre, un por­to la cui fun­zione, così come abbi­amo dimostra­to in un prece­dente arti­co­lo (https://www.stileliberonews.org/porto-piombino-lavori-per/), non è affat­to chiara.
È la clas­si­ca situ­azione in cui alle isti­tuzioni pub­bliche ed in prim­is al Comune si richiede una capac­ità ed una volon­tà pro­gram­ma­to­ria che par­ta dal­la conoscen­za delle volon­tà vere degli inter­locu­tori attivi e si dispieghi in un pro­gram­ma organ­i­co e fat­tibile.
Cosa si può prevedere nelle aree, mag­a­ri vicine alla cit­tà, occu­pate da impianti non più riat­tivabili (non solo l’alto­forno) ma mag­a­ri riu­ti­liz­z­abili per altre fun­zioni, quali aree con­ver­rà bonifi­care, sen­za pen­sare a prog­et­ti faraoni­ci ed ingestibili e cos­tosi quali quel­li ered­i­tati dal­l’ac­cor­do sui fanghi di Bag­no­li, e come attrez­zarle per imp­ie­gar­le per fini pro­dut­tivi, quale relazione tra infra­strut­ture por­tu­ali esisten­ti e quelle pro­gram­mate, in parte in cor­so di real­iz­zazione?
Quali sono gli impeg­ni veri e le altret­tan­to vere volon­tà di Jsw Steel ed ENEL?
Quali e quan­ti sono i veri finanzi­a­men­ti, non le promesse di finanzi­a­men­ti, pri­vati e pub­bli­ci a dis­po­sizione in un dato arco di tem­po?
Come si intrec­cia un pro­gram­ma com­p­lesso e dif­fi­cile di ricon­ver­sione con gli stru­men­ti delle politiche attive del lavoro a dis­po­sizione e non solo con gli stru­men­ti delle politiche pas­sive? Stru­men­ti veri, non cer­to i ridi­coli lavori social­mente utili.
Sono domande dalle quali non si può pre­scindere e sopratut­to non si può pre­scindere da risposte inte­grate e coer­en­ti.
L’ac­cor­do di pro­gram­ma attuale non ha den­tro di sé le risposte, addirit­tura non si è pos­to nem­meno le domande, ma si può sem­pre rime­di­are, bas­ta vol­er­lo.

(Foto di Pino Bertel­li)

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