Rimanere ancora tra i migliori acciaieri del mondo
PIOMBINO 25 agosto 2016 — In questa situazione di paralisi totale del “progetto Aferpi”, due sono le cose che vanno finalmente dette con chiarezza: cosa realmente sta accadendo e cosa ancora è possibile fare.
Ovvero, occorre dire parole di verità e, con il massimo realismo possibile, mettere in campo nuove proposte.
È pur vero che aspettarsi realismo e verità da chi ha condotto malamente, con palese incapacità, buona parte della vicenda è illusorio, ma la verità deve uscire fuori anche se alimenterà quello stato di ansia e quei timori che già aleggiano nelle teste dei cittadini e dei lavoratori.
Come ha scritto Claudio Gatti sul Sole 24 Ore il 22 luglio, sono state vendute garanzie che in realtà non ci sono mai state e questo è stato un errore gravissimo, imperdonabile. È mancato un doveroso approfondimento sulla credibilità del soggetto Cevital, oltre ad una analisi industriale complessiva di opportunità. C’è stato, insomma, da parte del Ministero dello sviluppo economico e dei vari personaggi di contorno, un approccio incredibilmente dilettantistico ed approssimativo, rispetto al quale nessuno, come sempre accade nel nostro Paese, risponderà mai. Personalmente, come moltissimi cittadini sull’onda dell’emotività, ho vissuto con ottimismo la scelta di Rebrab rispetto a Jindal, ma ho cominciato a dubitare dell’algerino, quando, con un approccio, anch’esso dilettantistico, incentrato sull’inconsapevolezza, ha parlato di rifare l’ altoforno 4 invece di un’ acciaieria elettrica ed ancora quando indagava sull’opportunità di smontare tutto ciò che era possibile per trasferirlo in Brasile. Ecco, di fronte a queste vere e proprie assurdità, improponibili sia da una angolazione di pura fattibilità tecnica che di convenienza economica che altri avranno notato oltre al sottoscritto, qualcuno, con cognizione di causa doveva gridare STOP ed allarmare il sistema, perché il signor Rebrab stava manifestando la sua totale estraneità al mondo dell’industria e la sua incapacità di contornarsi delle persone giuste. Ecco, questo monsieur Rebrab, andava messo su una bilancia elettronica e soppesato nuovamente con il massimo rigore possibile. Ma nulla di tutto ciò è avvenuto e malgrado che palesi dubbi cominciassero ad aleggiare nelle teste di politici ed amministratori fino ai massimi livelli istituzionali coinvolti nelle scelte fatte, si sono continuate a leggere e sentire affermazioni di conferma della fiducia nel programma e nel personaggio: ottimismo a prescindere pur di difendere posizioni ed interessi sia personali che di bottega.
Quindi tutto finito? Non dal mio punto di vista, perché ora è il momento, senza abbandonare il progetto nella sua complessità ovvero un nuovo centro siderurgico con forni elettrici ed un nuovo treno a rotaie, di agire con onestà e coraggio e mettere in campo nuove proposte, chiamiamole pure “piano B”, utili per far ripartire la macchina inceppata, cambiando l’ordine dei fattori ma continuando a perseguire il risultato finale nella sua interezza.
Ecco le proposte:
- trovare i finanziamenti per il solo nuovo treno rotaie con i servizi che ne conseguono,
- dare avvio alla sua costruzione,
- iniziare le demolizioni dell’acciaieria,
- dare avvio alla realizzazione del nuovo centro agroalimentare.
Questo può essere il piano B, ovvero definire nuove priorità per rimettere in moto il sistema e dare ossigeno ad un indotto ormai in profonda crisi.
Tutto questo significherebbe ridurre drasticamente le necessità finanziarie iniziali, al punto da rendere l’obiettivo sicuramente più raggiungibile, il resto a venire senza mollare la presa.
Qualche dato tecnico a conferma evitando comunque di mettere numeri:
- la potenza elettrica necessaria al solo treno rotaie, considerando le dismissioni, sarebbe reperibile in stabilimento e si eviterebbe il costoso e lungo lavoro della realizzazione di una nuova linea di alta tensione da una centrale esterna,
- le problematiche di natura ambientale legate al solo treno rotaie, sarebbero notevolmente inferiori con un sicuro snellimento delle procedure autorizzative.
Ho citato per semplicità solo questi due aspetti, ma l’elenco degli impianti che non si renderebbero più necessari, oltre ovviamente all’acciaieria vera e propria, è lungo e comprende impianti e strutture importanti che, sia per le dimensioni ed i costi che per le problematiche che generano sul territorio, comunque risolvibili e non comparabili a quelle che eravamo abituati a gestire con il precedente ciclo integrale, necessitano di percorsi autorizzativi lunghi e complessi.
Quindi un piano B per partire e provare a recuperare una parte del tempo ormai sprecato, avendo come faro guida il tornare a fare acciaio cosi come sappiamo fare da sempre al livello dei migliori acciaieri del mondo.
*Leonardo Mezzacapo è l’ex responsabile dell’ufficio tecnico Lucchini
(Foto di Pino Bertelli)
Assomiglia tanto al piano Jindal, ma sull’agroalimentare ho ancora fortissimi dubbi, forse dettati dal fatto che è più conveniente farlo in Algeria che in Italia.
Hai ragione, gli assomiglia, ma Jindal prevedeva di laminare con il laminatoio esistente, non di realizzarne uno nuovo,inoltre io intendo tutto ciò, per superare lo stato di immobilismo attuale. Sull’agroalimentare è vero che in Algeria costa meno, ma, se vuole entrare in Italia e mettere pesantemente le mani sul porto,una “tassa” deve pur pagarla, non credi?
Non ha bisogno di pagare una “tassa” nel momento stesso in cui diventa proprietario di un area portuale. Aveva bisogno di un hub per importare i suoi prodotti algerini e l’ha trovata. Per fare ciò doveva acquisire la Lucchini, unica azienda in vendita con un pontile, per farlo doveva presentare un progetto credibile, roboante. Una volta ottenuto lo scopo si passa alla fase successiva di ridimensionamento di tale progetto. Non dico che non farà nulla ma farà molto meno del promesso.
” trovare i finanziamenti per il solo nuovo treno rotaie con i servizi che ne conseguono,”, i finanziamenti sono stati possibili fino a che la politica aveva abbastanza forza per imporne l’erogazione, cioè fino a che c’è stata una “ragion di stato” (leggi mantenimento di serbatoio di voti e di posizioni di potere, ma adesso che domina solo l’affarismo, l’alleanza tra politica e affari (spesso affarucci) nessuno vuole più rischiare in imprese così grosse.