Se il piano industriale cambia si ridiscute tutto

PIOMBINO 13 otto­bre 2016 — Dopo le doc­ce di cham­pagne (stile grand prix) che han­no inonda­to la Val di Cor­nia all’ annun­cio del rag­giun­to obi­et­ti­vo dei con­trat­ti di sol­i­da­ri­età per tut­ti (…vedremo!) , il val­i­um furtiva­mente aggiun­to alla friz­zante bevan­da ha com­in­ci­a­to a fare effet­to. Un grande son­no ha colto isti­tuzioni, sin­da­cati e lavo­ra­tori. In questo cli­ma si ten­ta di far pas­sare come qual­cosa di ordi­nario la notizia del rin­vio dell’ incon­tro al Min­is­tero per lo svilup­po eco­nom­i­co del 26 set­tem­bre (data già frut­to di vari slit­ta­men­ti) a data impre­cisa­ta. In realtà si trat­ta di una notizia molto pre­oc­cu­pante, che con­fer­ma la scarsa affid­abil­ità del prog­et­to Afer­pi.
L’ incon­tro era ed è molto atte­so, e da tem­po. Da una parte il Gov­er­no deve ver­i­fi­care se final­mente Afer­pi ha trova­to qualche Ban­ca che gli crede e gli pres­ta i sol­di, dopo il dimez­za­men­to del “piano favola”, rat­trap­pi­to in un “minip­i­ano” da un mil­ione di ton­nel­late (invece di due ) con qualche centi­naio di esuberi (alle Banche piac­ciono, si sa, gli esuberi) e tem­pi di real­iz­zazione molto allun­gati. Dall’ altra, Afer­pi vuole che Gov­er­no e sin­da­cati uffi­cial­mente ingoino il “minip­i­ano”, in bar­ba all’ Accor­do di Pro­gram­ma con le isti­tuzioni e agli accor­di sin­da­cali con­seguen­ti siglati.
Dunque Afer­pi, ammes­so che tro­vi i sol­di, di fat­to vio­l­erà uni­lat­eral­mente i pat­ti assun­ti sui liv­el­li occu­pazion­ali e sui tem­pi di real­iz­zazione dei nuovi impianti e dell’ avvio delle attiv­ità, non solo quel­la siderur­gi­ca, ma anche logis­ti­ca e agroin­dus­tri­ale (queste ultime, a tut­t’og­gi restano un ogget­to mis­te­rioso).
Intan­to il tem­po pas­sa e il pan­i­co com­in­cia a ser­peg­gia­re tra quan­ti ave­vano gio­ca­to tut­to, e acriti­ca­mente, sulle virtù salv­i­fiche del Pap­er­one algeri­no, cala­to sul­la sce­na in un gius­to frangente pre-elet­torale ( le pas­sate elezioni region­ali) e coc­co­la­to anche local­mente ( ricor­date l’“uomo dell’ anno” pre­mi­a­to all’ Hotel delle Terme?) dalle caste e cas­tine locali. Il Pap­er­one, ben più astu­to dei suoi inter­es­sati incen­satori, tiene questi per le orec­chie, che all’oc­cor­ren­za tira, quan­to bas­ta per far capire che bisogna dar­gli tut­to ciò che chiede:

  • uno sta­bil­i­men­to in rega­lo;
  • un buon ter­zo del salario dei lavo­ra­tori;
  • il sac­ri­fi­cio dei loro dirit­ti acquisi­ti;
  • la rin­un­cia per anni a qual­si­asi nuo­va prete­sa di carat­tere sin­da­cale;
  • lo svin­co­lo dell’ azien­da da qual­si­asi impeg­no sui liv­el­li occu­pazion­ali (dal giug­no 2017);
  • lo scor­poro dal perimetro azien­dale di aree da sot­to­porre a bonifi­ca (che pagher­e­mo noi);
  • il monop­o­lio del por­to per mez­zo sec­o­lo;
  • gli ingen­ti finanzi­a­men­ti pub­bli­ci sot­to men­tite spoglie.

Ma non bas­ta ! Allo­ra, con una ulte­ri­ore tirati­na d’ orec­chie, saltano fuori

  • l’e­sen­zione dai con­trol­li pub­bli­ci in mate­ria di impat­to ambi­en­tale;
  • lo stravol­gi­men­to di scelte urban­is­tiche già assunte (stra­da 398) e l’ occu­pazione indus­tri­ale di nuo­vo ter­ri­to­rio vergine (quaglio­dro­mo) sec­on­do i capric­ci del “Patron Rebrab”.

Ora l’azien­da pun­ta i pie­di e rin­via provo­ca­to­ri­a­mente un incon­tro deci­si­vo atte­so da mesi. È il suo modo di dare la striz­za­ta finale per il risul­ta­to che con­ta: Gov­er­no e sin­da­cati devono ingoiare uffi­cial­mente il “minip­i­ano”, man­te­nen­do per l’ azien­da tut­ti i regali già fat­ti ma liberan­dola defin­i­ti­va­mente dai vin­coli del man­ten­i­men­to dei liv­el­li occu­pazion­ali e delle scelte impiantis­tiche e urban­is­tiche. Per questo, sec­on­do Rebrab, il “minip­i­ano”, che è di fat­to un piano nuo­vo, deve pas­sare invece come un sem­plice ritoc­co del vec­chio. Altri­men­ti ci vor­rebbe un nuo­vo accor­do con le isti­tuzioni e con i sin­da­cati. Come vuole la log­i­ca e la legge e come noi dici­amo: se si cam­biano le carte in tavola si ridis­cu­tono promesse e con­ces­sioni di tutte le par­ti in causa. È sem­plice: meno occu­pazione ai piom­bi­ne­si? Meno regali a Rebrab! La trat­ta­ti­va sin­da­cale deve ripar­tire dal­lo azzera­men­to dei pun­ti più odiosi del cosid­det­to “Mod­el­lo Piom­bi­no”:

  • l’ azien­da rin­un­ci alla “licen­za di licen­ziare” (ora pre­vista dal giug­no 2017), man­te­nen­do i liv­el­li occu­pazion­ali già con­cor­dati fino alla conc­re­ta real­iz­zazione di tut­to il piano di inves­ti­men­ti;
  • l’ azien­da rin­un­ci alle decur­tazioni imposte al salario dei lavo­ra­tori ( pari a cir­ca il 30%);
  • si can­cel­li la mora­to­ria sin­da­cale ripristi­nan­do la con­trat­tazione sin­da­cale di sec­on­do liv­el­lo.

Anche gli accor­di con le isti­tuzioni (Accor­do di Pro­gram­ma) devono essere rimod­u­lati:

  • tem­p­is­tiche certe per gli inves­ti­men­ti, con pesan­ti penali in caso di inadem­pien­ze;
  • crono­pro­gram­ma det­taglia­to, sia sulle azioni di com­pe­ten­za del pri­va­to che del pub­bli­co, anche sul­la par­ti­ta boni­fiche e “flus­si di mate­ria”;
  • rispet­to del­la pro­gram­mazione urban­is­ti­ca e ter­ri­to­ri­ale, sul­la base delle esi­gen­ze del­la col­let­tiv­ità;
  • no a posizioni di monop­o­lio sul por­to, strut­tura indis­pens­abile per la diver­si­fi­cazione eco­nom­i­ca.

Urge infine che si fac­cia chiarez­za sul­la dura­ta degli ammor­tiz­za­tori sociali, che devono da subito coprire in pari modo anche i lavo­ra­tori dell’ ex indot­to siderur­gi­co. La cop­er­tu­ra deve prevedere tut­to il tem­po nec­es­sario al rilan­cio pro­dut­ti­vo. Con­cor­diamo con la pro­pos­ta fat­ta da forze sin­da­cali cir­ca un tavo­lo speci­fi­co per l’ indot­to siderur­gi­co che, ricor­diamo, vale cir­ca un migli­aio di posti di lavoro (cioè di famiglie, oggi sull’ orlo del bara­tro).

Su ques­ta piattafor­ma è nec­es­saria un’ ampia con­sul­tazione dei lavo­ra­tori e un nuo­vo ref­er­en­dum che la vali­di, ricor­dan­dosi che le con­quiste si pos­sono avere solo con lo svilup­po di forme di lot­ta inci­sive e per­ma­nen­ti, che non con­sen­tano a nes­suna parte in causa di “dormire sug­li allori” di qualche effimero risul­ta­to dal­la incer­ta dura­ta ( vedi con­trat­ti di sol­i­da­ri­eta’).
In ogni caso, sper­i­men­tate le inadem­pien­ze del­l’at­tore prin­ci­pale che si è volu­to met­tere, e for­zosa­mente man­tenere, al cen­tro del rilan­cio del­la siderur­gia locale , sarà bene che il Gov­er­no si con­vin­ca a gov­ernare, ergo a gestire una polit­i­ca indus­tri­ale nazionale per l’ acciaio, assumen­do con forza un ruo­lo di ind­i­riz­zo, con­trol­lo e garanzia, nonché, ove e quan­do occor­ra, anche respon­s­abil­ità eco­nomiche dirette , in maniera da por fine alla sven­di­ta o chiusura degli impianti e smet­tere di esporre il Paese inerme ai ven­ti repenti­na­mente can­gianti del­la glob­al­iz­zazione liberista, soprat­tut­to sulle pro­duzioni che cos­ti­tu­is­cono l’ ossatu­ra eco­nom­i­ca di una soci­età mod­er­na.
Bene sarebbe anche se le ammin­is­trazioni locali si dessero una sveg­li­a­ta, par­toren­do una visione organ­i­ca, non fram­men­ta­ta e con­trad­dit­to­ria, del nuo­vo nec­es­sario svilup­po del­la Val di Cor­nia e acceleran­do i tem­pi del­la diver­si­fi­cazione eco­nom­i­ca e del­la bonifi­ca di uno dei siti più inquinati d’ Europa, ques­tioni non più rin­vi­a­bili.
Solo l’ unità dei lavo­ra­tori e cit­ta­di­ni del­la Val di Cor­nia e la loro mobil­i­tazione incalzante può imporre la dife­sa degli inter­es­si col­let­tivi a queste clas­si diri­gen­ti che ormai difendono solo gli inter­es­si di banchieri e multi­nazion­ali.

COORDINAMENTO ART. 1 – Camp­ing CIG

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