Maggioranze e uomini al comando senza contrappesi e controlli

Se neanche i consigli comunali discutono del futuro

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Redazione

PIOMBINO 11 mag­gio 2015 — L’am­bizione è sta­ta defini­ta in vario modo: rilan­cia­re lo svilup­po, cam­biare il mod­el­lo eco­nom­i­co, com­in­cia­re la diver­si­fi­cazione, chi­ud­ere una sto­ria ed aprirne un’al­tra e così via. È quan­to ripetu­ta­mente viene det­to ogni vol­ta che viene fir­ma­to un pro­to­col­lo, un accor­do, un prog­et­to e così via. È il leit­mo­tiv che dura ormai da anni. Le ultime occa­sioni sono il piano o prog­et­to Cevi­tal, l’ac­cor­do di pro­gram­ma per la ricon­ver­sione per l’area di crisi indus­tri­ale ed i suoi derivati, il prog­et­to di ricon­ver­sione e riqual­i­fi­cazione indus­tri­ale. Dei loro con­tenu­ti, di ciò che c’è scrit­to e di ciò che non c’è scrit­to abbi­amo par­la­to ampia­mente e più volte. La loro natu­ra e l’am­bizione dichiara­ta che li sot­tende, almeno nel­l’in­ter­pre­tazione che viene data da parte di ammin­is­tra­tori locali e region­ali e per­son­al­ità di gov­er­no nazion­ali, induce, però, ad una rif­les­sione isti­tuzionale e polit­i­ca allo stes­so tem­po. C’è indub­bi­a­mente uno iato abissale tra la natu­ra e le final­ità, almeno dichiarate, di questi stru­men­ti e la loro pre­sen­za nei con­sigli comu­nali. Non sem­bra che essi siano sta­ti ogget­to di dis­cus­sioni ampie tan­to quan­to le ambizioni con le quali ven­gono pre­sen­tati e nem­meno che le scelte politiche che li sot­ten­dono abbiano cos­ti­tu­ito argo­men­ti di dibat­ti­to esplic­i­to e com­piute delib­er­azioni per le assem­blee elet­tive locali, comu­nali o region­ali che siano. Non par­liamo tan­to del­la prosopopea e del­la retor­i­ca un po’ demodé di cui ogni tan­to ci delizia il pres­i­dente Rossi con le sue decla­mazioni sul­la classe opera­ia, sul­l’ac­ciaio, sul cap­i­tal­is­mo e sul­la democrazia, no, par­liamo del­la indi­vid­u­azione dei pun­ti deboli da aggredire in rifer­i­men­to alle azioni da intrapren­dere (dis­oc­cu­pazione gio­vanile, dis­oc­cu­pazione fem­minile o occu­pati?), set­tori su cui puntare (acciaio, servizi cul­tur­ali o nuove tec­nolo­gie?), ambi­ente da costru­ire (con­cor­ren­za e soci­età aper­ta o monop­o­lio e soci­età chiusa?), mes­sa in fila di pri­or­ità (infra­strut­ture, risana­men­to del ter­ri­to­rio o incen­tivi alle imp­rese?). Sono solo dei parzialis­si­mi e grossolani esem­pi di rif­les­sioni e delib­er­azioni che non potreb­bero e non dovreb­bero essere evi­tate. Del resto evi­tar­le è già una scelta polit­i­ca che meriterebbe comunque una dis­cus­sione. Il pun­to che vogliamo affrontare è pro­prio questo: una sim­i­le dis­cus­sione è avvenu­ta nei con­sigli comu­nali? Purtrop­po la rispos­ta è che in alcu­ni non è avvenu­ta per nul­la, in altri ben poco. Ma i con­sigli comu­nali non sono pro­prio l’organo di ind­i­riz­zo e di con­trol­lo politi­co-ammin­is­tra­ti­vo? E allo­ra, aldilà degli atti di cui sono for­mal­mente tito­lari, per­ché quelle dis­cus­sioni non sono avvenute? Ovvi­a­mente le risposte pos­sono essere molte e con­tin­gen­ti ed in esse sta nat­u­ral­mente la respon­s­abil­ità di chi le ha volu­ta­mente evi­tate. Ma a questo si aggiunge il fat­to che in realtà è ques­ta la con­clu­sione più o meno inevitabile di quelle riforme, da quel­la elet­torale comu­nale a quelle sulle nomine degli asses­sori e dei diri­gen­ti, che han­no accen­tu­a­to nel tem­po le fun­zioni decisorie del sin­da­co, uomo solo al coman­do e sen­za con­trol­li. Da una esi­gen­za di effi­cien­za è sca­tu­ri­ta la pos­si­bil­ità di un solil­o­quio. Ma chi lo dice che solil­o­quio ed effi­cien­za fun­zion­i­no sem­pre ed incon­tro­vert­ibil­mente? Ovvi­a­mente c’è da augu­rarse­lo ma scom­met­ter­ci sarebbe molto molto audace.
Ciò che è accadu­to in ques­ta specie di stu­dio di caso locale vale come ammaes­tra­men­to ed inseg­na­men­to anche sul liv­el­lo nazionale.
Sic­come al di là delle ide­olo­gie o delle acqui­sizioni teoriche e sopratut­to del­la pro­pa­gan­da con­ta molto la ver­i­fi­ca del­la prat­i­ca non sarebbe male che a questo si pen­sasse quan­do sen­ti­amo dire dal il pri­mo min­istro Ren­zi che il mod­el­lo delle riforme isti­tuzion­ali, non solo quel­la elet­torale, al quale si ispi­ra è pro­pria quel­lo del “sin­da­co d’I­talia”. È bene sapere che il mod­el­lo del sin­da­co d’I­talia è quel­lo già real­iz­za­to che por­ta alle con­seguen­ze che local­mente è sta­to facile evi­den­ziare. Il mod­el­lo del sin­da­co d’I­talia è una impal­catu­ra isti­tuzionale squili­bra­ta, sen­za pesi e con­trappe­si e sen­za con­trol­li. Tan­to più se rib­al­ta­to sul liv­el­lo nazionale. Non è tan­to la legge elet­torale in sé, recen­te­mente approva­ta, che gen­era una sim­i­le situ­azione ma lo è l’in­cro­cio tra legge elet­torale e rifor­ma cos­ti­tuzionale anco­ra da approvare ma ormai arriva­ta molto avan­ti nel suo per­cor­so. Il muta­men­to del­la com­po­sizione e delle fun­zioni del Sen­a­to, il pre­mio di mag­gio­ran­za alla Cam­era, la scelta dei capilista nei cen­to col­le­gi nelle mani dei par­ti­ti, la plu­ral­ità delle can­di­da­ture e poi la debolez­za dei con­trol­li anche quan­do questi sono in mano alle Author­i­ty, con l’ag­giun­ta del potere di nom­i­na dei più alti liv­el­li diri­gen­ziali, dan­no la fotografia di un pre­mier­a­to, che può di per sé andare anche bene ma che per fun­zionare ha bisog­ni di ind­i­rizzi e con­trol­li e sedi di deci­sione altret­tan­to for­ti. E per favore si las­ci perdere il paragone con la Gran Bre­tagna là dove il pre­mier è tan­to forte quan­to for­ti sono tutte le altre isti­tuzioni pub­bliche (BBC com­pre­sa).
Non paia fuori luo­go ques­ta incur­sione su temi nazion­ali a par­tire dal­l’es­pe­rien­za locale. Non c’è niente di peg­gio del­l’as­sue­fazione e se ques­ta inizia dal­la man­ca­ta dis­cus­sione locale di una ipote­si di svilup­po locale, data come nor­male, non si può mai dire dove potrà essere mes­sa la paro­la fine.

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