Non si modificano le regole con la partita in corso
PIOMBINO 10 novembre 2014 — La tesi è proprio ardua ma si è avuto il coraggio di esporla e farla contare e così il consiglio comunale di Piombino ha approvato una modifica retroattiva (riformulazione dice la deliberazione) ad un regolamento comunale che, proprio per la sua retroattività, contrasta con norme e logica. La tesi è quella esposta dall’assessore Capuano che pur nel dubbio di infrangere un regolamento ha dichiarato testualmente: “Il problema è quello di di garantire la giusta rappresentatività a un partito che nelle ultime elezioni ha ottenuto il 49% dei consensi dei cittadini. Si tratta di rispettare quindi la volontà popolare rispetto ad una interpretazione rigida della norma”. Insomma i numeri prima di tutto, il resto segue. Il che è il contrario delle invarianti, per usare un termine tratto dalla matematica, della democrazia per le quali prima vengono le regole e poi i numeri. Per non parlare poi della retroattività delle regole eventualmente cambiate che proprio non è contemplata amnche se in questo caso, come vedremo, ci si è arrampicati sugli specchi per sostenere che le regole non sono state cambiate
Ma andiamo per ordine.
Il problema è quello della nomina dei consiglieri di quartiere organi deputati ad “accrescere il livello di partecipazione politica e amministrativa dei cittadini, favorire lo sviluppo democratico della Pubblica Amministrazione e promuovere il rinnovamento, lo sviluppo e la coesione della comunità”.
Il regolamento è chiaro: i nominativi devono essere forniti dalle forze politiche entro una certa data che non viene rispettata dal Partito Democratico. Ed anche su questo il regolamento è altrettanto chiaro: “Nel caso in cui una o più formazioni politiche non ritengano di presentare le proprie indicazioni o comunque non rispettino i tempi previsti si procede all’assegnazione dei seggi vacanti tra le altre formazioni politiche sempre rispettando il quoziente elettorale”.
È ciò che chiedono di fare le forze politiche di minoranza o quasi tutte. Una di queste, rendendosi conto della situazione e volendola risolvere, propone di riformare i consigli di quartiere prevedendo una loro elezione diretta e per questo mandato eccezionalmente, sulla base di un accordo politico unanime, allargare la composizione a tutte le forze politiche, anche a quella arrivata in ritardo alle designazioni necessarie.
Ma il Partito democratico non accetta nessun accordo e così il Consiglio Comunale approva una modifica al regolamento dei consigli di quartiere, dandola come interpretazione autentica e dunque con efficacia retroattiva, che sostanzialmente afferma che anche in caso di ritardo delle designazioni si nominino comunque i consigli senza l’assegnazione dei seggi vacanti tra le forze politiche che le designazioni hanno fatto.
È stato osservato che in questo caso la norma non aveva proprio necessità di alcuna interpretazione essendo di per sé chiara e che dunque si era di fronte ad una forzatura per la quale si è fatto valere la forza dei numeri.
L’osservazione non è peregrina e la forzatura è chiara.
Nasce insomma un problema politico rilevante in una materia, quella istituzionale, nella quale più che in altre sarebbe necessaria non solo la correttezza formale ma anche la ricerca delle più ampie maggioranze.
Il problema è aggravato dal fatto che nel recente passato c’è almeno un precedente che va nella stessa direzione.
Nel 2011 per non permettere ad un consigliere comunale di diventare capogruppo del gruppo misto nel quale era entrato si modificò il regolamento del consiglio comunale senza aver prima modificato lo statuto riconoscendo che sì la situazione era anomala ma nelle more della revisione dello statuto la delibera di modifica del regolamento era legittima e che dunque si poteva andare avanti. La forzatura era evidente.
Si pongono numerosi interrogativi sulla garanzia del rispetto delle regole che è dovuta da e in ogni istituzione e sulla tendenza invece (c’è da augurarsi che non sia tale ma che si sia in presenza solo di ultimi episodi) a metterlo in secondo piano ed in sua sostituzione far valere il peso dei numeri. Come è noto, invece, in democrazia il rispetto delle regole è un dovere sia per le maggioranze che per le minoranze perché è la tutela dei diritti di tutti, del 100% non solo del 49%.