Seconde case: si volevano scoraggiare e invece
PIOMBINO 8 dicembre 2016 — Lunedì prossimo sarà discussa dal consiglio comunale di Piombino la “Variante semplificata al Piano Strutturale d’Area e al Regolamento Urbanistico per il Complesso ricettivo di Poggio All’Agnello”. Semplificata vuol dire che il tempo per la presentazione delle osservazioni, una volta pubblicata, si riducono da sessanta a trenta giorni. L’argomento ha già suscitato un ampio dibattito al momento dell’avvio del procedimento, ma vale la pena di far riemergere il problema che non è di poco conto. Si tratta di una variante puntuale che permetterà il cambio di destinazione d’uso da turistico a residenziale di 108 unità ricettive della residenza turistico alberghiera (RTA) di Poggio all’Agnello. In altri termini il 40% del complesso, che attualmente comprende 202 unità ricettive per 711 posti letto gestite unitariamente, potrà essere venduto come singole residenze. Naturalmente questo pone un problema di primo piano sulla coerenza tra l’obiettivo dello sviluppo turistico, ad ogni piè sospinto manifestato dalla giunta comunale, e questa operazione la cui finalità dichiarata è quella di poter vendere seconde case. Il problema è così reale che nella stessa variante si rilevano “alcuni profili di potenziale criticità relativamente ad alcuni specifici obiettivi enunciati dal piano territoriale di coordinamento [PTC] provinciale“. Quegli obiettivi riguardano “la disincentivazione di processi di trasformazione immobiliare tendenti alla riduzione del ruolo di impresa; il piano persegue infatti azioni di riequilibrio verso l’incremento dell’attività di impresa turistica piuttosto che quella della semplice residenza utilizzata estemporaneamente per la locazione
turistica”. Francamente la risposta del Comune a questa evidente contraddizione non è affatto convincente dato che si afferma che “la finalità principale della variante è appunto quella di determinare le condizioni per il mantenimento in esercizio dell’impresa turistica esistente… se pure attraverso una operazione di valorizzazione immobiliare connessa al mutamento di destinazione d’uso residenziale di una parte della struttura”. Insomma l’impresario ha presentato dei bilanci in deficit, ha minacciato la chiusura dell’attività, ha paventato la fine del lavoro per 62 lavoratori diretti ed indiretti, ha chiesto di poter vendere quasi metà dell’insediamento come residenze singole, che nessuno avrebbe permesso di costruire come tali quando fu autorizzata la residenza turistico alberghiera, ed il Comune ha fatto proprie le dichiarazioni, non ha pensato minimamente ad ipotesi diverse ed ha dato il via alla variante puntuale.
Curiosa poi è l’affermazione, quasi una promessa, contenuta nella relazione illustrativa e nelle norme della variante secondo la quale “si ritiene comunque che, al fine di perseguire maggiormente gli obiettivi prestazionali indicati dal PTC, si possa agire nella fase della definizione della convenzione con il soggetto attuatore, cercando di integrare e coordinare, per qualto possibile, la gestione delle unità abitative residenziali con la struttura ricettiva ed i relativi servizi, in modo da favorirne comunque l’utilizzo a fini ricettivi”.
Un auspicio, che in un documento amministrativo stona, non certo una norma vincolante.
Così come un lontano auspicio, forse solo un richiamo, è l’evidenziazione delle possibilità offerte della proposta di legge regionale per la parte riguardante i condhotel¹.
Evidentemente il Comune di Piombino non ha imparato la lezione delle tante previsioni, non supportate da nessun impegno formale e reale e nessun finanziamento, contenute in tanti accordi o protocolli d’intesa e tutte non attuate.
Ma c’è un ulteriore interesse pubblico che il Comune mette all’attivo dell’operazione e cioè il fatto che applicherà e porrà a carico del proprietario il cosiddetto “contributo straordinario” previsto dal decreto legislativo 380 del 2001 in aggiunta agli oneri di urbanizzazione nel caso di varianti e modifiche di destinazioni d’uso puntuali. Il proprietario,
però, a scomputo del contributo, realizzerà una nuova strada di accesso alla struttura “mediante intervento di adeguamento della viabilità poderale esistente che si attesta sulla Strada della Principessa, deviando così il traffico diretto alla residenza turistica che attualmente confluisce nell’abitato di Populonia Stazione e che, nel periodo estivo,produce disagi e criticità per i residenti della frazione”. Dunque un collegamento finalizzato all’insediamento di Poggio all’Agnello. Viene il dubbio che probabilmente il proprietario lo avrebbe potuto fare con i propri soldi e non con quelli del “contributo straordinario” e dunque del Comune. Anche se per la verità sul “contributo straordinario” qualche interrogativo ulteriore viene, dato che la legge regionale 65 del 2014 dice che quelle norme, e dunque quella previsione del decreto legislativo, in Toscana non funzionano. Tant’è che un documento della Associazione Nazionale Costruttori Edili dice chiaramente che quella normativa in Toscana non si applica: “Ai sensi dell’articolo 2, comma 3, del D.P.R. 380/2001, a seguito dell’entrata in vigore del titolo VI della presente legge, non trova diretta applicazione nel territorio regionale la disciplina di dettaglio prevista dalle disposizioni legislative e regolamentari statali della parte I, titoli I, II e III dello stesso D.P.R. 380/2001”.
Un’ ultima considerazione che è una domanda. La variante modifica il piano strutturale d’area: i consigli comunali, che quel piano hanno approvato, ne sanno qualcosa?
Ci fermiamo qui.
¹Questo il testo della proposta di legge della Regione Toscana riguardante i condhotel:
1. Sono condhotel, ai sensi dell’articolo 31 del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito dalla legge 11 novembre 2014 n. 64, gli esercizi alberghieri a gestione unitaria, aperti al pubblico, composti da una o più unità immobiliari ubicate nello stesso comune o da parti di esse, che forniscono alloggio, servizi accessori ed eventualmente vitto, in camere destinate alla ricettività e, in forma integrata o complementare, in unità abitative a destinazione residenziale, dotate di servizio autonomo di cucina, la cui superficie non può superare il 40 per cento della superficie complessiva dei compendi immobiliari interessati e, per la parte
residenziale, non può in alcun modo beneficiare degli aumenti delle cubature riservate dagli strumenti urbanistici alle superfici destinate a funzioni turistico-ricettive.
2. Con il decreto ministeriale di cui all’articolo 31, comma 1 del d.l. 133/2014 sono stabiliti i criteri e le modalità per la rimozione del vincolo di destinazione alberghiera in caso di interventi edilizi sugli esercizi alberghieri esistenti e limitatamente alla realizzazione della quota delle unità abitative a destinazione residenziale di cui al comma 1.
3. Le condizioni di esercizio dei condhotel sono definite nel regolamento nel rispetto del decreto di cui all’articolo 31, comma 1 del d.l. 133/2014
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