Seduti su una bomba, fanno finta di non vedere
PIOMBINO 31 gennaio 2019 — Finalmente le organizzazioni sindacali di fabbrica (FIOM FIM UILM e Rsu Aferpi e Piombino Logistics) mostrano seria preoccupazione per quanto avviene nello stabilimento Aferpi. Sostengono (e su questo concordiamo) che l’unica via per raddrizzare la situazione deficitaria di Aferpi è investire sui treni, sulla qualità del prodotto e anticipare l’investimento per il primo forno elettrico.
Ma è ormai chiaro a tutti che, al di là della rassicurante propaganda e dei festini natalizi, i comportamenti concreti di Jindal non sono quelli di un’ azienda che vuole costruire un nuovo grande stabilimento siderurgico moderno, compatibile con l’ ambiente e con le esigenze di sviluppo differenziato di Piombino. Si riduce il monte ore di lavoro con ricadute negative su manutenzioni, ritmi di lavoro e sicurezza; non si investe sui treni, si risparmia sulle manutenzioni, non si migliora la qualità e non si aggredisce il mercato; si ritardano gli smantellamenti; si usano gli ammortizzatori solo al fine di ridurre i costi. Segni concreti che non si sta lavorando per nuove importanti realizzazioni. Vorremmo essere smentiti, ma con prove alla mano!
Quanto è stato speso della già esigua cifra dei 18 milioni prevista per interventi sui treni di laminazione esistenti? È stato presentato nei termini previsti il piano di demolizioni dei vecchi impianti da dismettere? Cosa contiene? Sono state previste tutte le precauzioni di legge contro l’esposizione ad amianto di lavoratori e cittadini durante gli smantellamenti? Che impiego è previsto per le aree da liberare a ridosso della città? Quali impianti, quali lavorazioni? Quali passi concreti si stanno facendo in previsione del primo forno elettrico? Possibile che l’ amministrazione comunale non sappia nulla? E se sa, perché non informa il consiglio comunale e la cittadinanza? E il governo che fa, si gira dall’altra parte? A cosa mira questo clima in fabbrica di sopravvivenza e rinvio nella mediocrità, raschiando il fondo del barile per far quadrare miseri conti?
La situazione è ambigua, opaca, pericolosa. Se i sindacati credono in quel che hanno scritto, non possono trarre le conclusioni operative completamente sbagliate che hanno espresso nel comunicato del 28 gennaio 2019. Così si diventa complici della strategia dell’azienda e delle amministrazioni pubbliche che hanno messo il cappio al collo degli operai Aferpi; che vogliono sfibrare nel tempo la resistenza dei lavoratori, isolarli dalla città per dare il colpo decisivo: fine del colaggio di acciaio a Piombino e smembramento di quel che resta del vecchio stabilimento. Mentre il governo gira la testa da un’altra parte.
Non serve una passeggiata con qualche auto verso la prefettura di Livorno (come già avvenuto in passato). Occorrono risposte forti, cominciando con una assemblea coi lavoratori a cui si spieghi con chiarezza tutta la pericolosità della situazione; ove si proponga una grande mobilitazione cittadina, preparata con l’ impegno e il tempo necessari, che all’azienda chieda investimenti subito e lavoro; all’amministrazione comunale trasparenza su quel che sa; al governo di mantenere le promesse fatte al MISE dal sottosegretario Galli. Quest’ultimo assicurò una severa vigilanza governativa sull’operato dell’ azienda, pronti come Governo a riprendere le redini dello stabilimento per portarlo definitivamente fuori dalla palude delle grandi ma evanescenti promesse. Occorre poi proseguire con una mobilitazione permanente, verso l’azienda e il governo ( in tutti i suoi livelli) finché non arrivino investimenti seri o, in mancanza di questi, l’ intervento dello Stato. A fine anno scadono gli ammortizzatori sociali per 1900 lavoratori; come dire che siamo seduti su una bomba, cosa che tutti fanno finta di non vedere!
Coordinamento Art. 1 Camping CIG
(Foto di Pino Bertelli)
Non mi capacito nel vedere che ancora si cerca ostinatamente ad immaginare una acciaieria a Piombino.Come si fa a non capire che non esisterà più almeno nei termini passati e promessi.Si possono firmare tutti gli accordi del mondo ma a prevalere saranno sempre gli interessi della multinazionale del momento. Fare o non fare un forno è dettato dal mercato e se questo non lo richiede non si fa a prescindere. Questa è la faccia della globalizzazione e del liberismo e che ci piaccia o no ci siamo dentro ed invocare la nazionalizzazione dell’acciaio o di qualsiasi altra cosa è una pura sciocchezza. Dobbiamo subire allora? Mi piacerebbe dire di no, ma sarebbe solo una risposta da idealista.Piombino non potrà più essere quella di prima, potrà migliorare certamente, ma non avrà più quella massa di lavoro che aveva prima del 2014. Non avrà più una grande fabbrica, avrà una fabbrica fortemente ridimensionata a cui si affiancheranno piccole realtà lavorative che saranno, le più , indipendenti dalla fabbrica stessa.Per arrivare a questo c’è tantissimo lavoro da fare, amministrativo, politico, sindacale, e prima lo si farà meglio sarà, basta che si incominci a tagliare quel cordone ombelicale che ci lega ancora alla fabbrica e smettere di difendere l’indifendibile e pensare ad un futuro oltre la fabbrica.