Segretario e presidente: un’anomalia
SUVERETO 19 ottobre 2014 — In queste settimane è di attualità il dibattito intorno alla legge di stabilità varata dal governo Renzi e in particolare al necessario risparmio sulla spesa pubblica. Ammetto che sento un vento che non mi piace e cercherò di spiegare perché. Prima di tutto il metodo, ritengo presuntuosa la posizione di Renzi che scarica sugli altri tutto il male presunto da correggere e non dimostra capacità di confronto e ascolto. Eppure dovrebbe essere chiaro che se si pensa di risolvere il caso della spesa pubblica mettendo lo stato contro le regioni e gli enti locali, affidando le ragioni solo allo stato, la strada che si potrà percorrere sarà breve e molto sconnessa, ed in fondo saranno ancora una volta i cittadini a pagarne le spese.
Sicuramente è vero che nelle regioni e nei comuni, dove più e dove molto meno, ci saranno spese da risparmiare e funzioni pubbliche da far girare meglio. Ma è pur vero che nessuno sarà in grado di scagliare la prima pietra, perché anche lo stato, a partire dalle indennità, rimborsi e benefit, che vengono dati ai deputati, oltre al loro numero che è troppo alto a confronto con altre democrazie europee e non solo, porta le sue colpe e molto gravi. Mi sembra che oggi con la scusa che dobbiamo far presto, di fatto il governo sta cavalcando le cifre che vengono espresse dai favorevoli sondaggi sugli italiani e non sembra interessato alla affermazione di una cultura della condivisione delle scelte per una capacità di governo che sia concreto servizio alle esigenze collettive.
Voglio aggiungere anche l’intervista di Cottarelli fatta a Repubblica il 15.10 u.s. nel quale afferma che “8000 comuni sono troppi, dobbiamo incentivare le fusioni”. Questa è anche peggio, perché nasce da considerazioni non ragionate che non trovano riscontro nella realtà e attribuiscono ai comuni più piccoli una spesa da tagliare perché troppo pesante. Mai fu tanto bugiarda una simile posizione. La realtà è un’altra e basta aver voglia di vedere e comprendere. I comuni sono il primo riferimento dei cittadini e questi hanno bisogno di unire la gestione dei propri servizi con gli altri limitrofi, ma non possiamo cancellare l’istituzione o allontanarla, prprio perché dobbiamo garantire la permanenza del riferimento diretto del primo gradino dello stato ai nostri cittadini.
Invece con una simile posizione, si punta a centralizzare sempre più, dando valore solo al “grande” (banalità oggettiva e dimostrabile quando si vuole) esempio lampante è lo stupido metodo di elezione del nuovo consiglio e presidente delle abolite province. Ma con questi metodi e volontà si finisce soltanto ad allontanare il cittadino dalla macchina del governo, e lo rendiamo sempre più emarginato e scontento, mentre invece possiamo raggiungere risultati reali di risparmio della spesa pubblica se coinvolgiamo proprio i cittadini nella scala delle scelte.
Sono i Partiti (quelli con la “P” maiuscola) che dovrebbero comprendere la situazione e lavorare per affermare principi di democrazia e partecipazione con forte capacità di ascolto e rafforzamento dei canali oggettivi che fanno dei partiti, non centri di potere egocentrico, ma punti elevati di elaborazione delle problematiche che facciano salve sempre le risposte alle esigenze collettive. Da questo punto di vista l’unico partito che possiamo definire tale è il PD ma oggi presenta una anomalia forte ed è rappresentata dal suo segretario nazionale che è anche Presidente del Consiglio.
Nella mia concezione della Politica questa è occupazione impropria delle istituzioni che invece dovrebbero essere liberate da questa cappa oppressiva che annulla e distrugge il ruolo concreto della politica. Ricordiamo tutti il grande Berlinguer che con forza affermava queste cose già 34 anni orsono.
Se i partiti di oggi non sapranno mettere quella “P” maiuscola al proprio nome e alla Politica saranno spazzati via dal vento impetuoso della protesta e quel che è peggio andrà a farsi benedire la Democrazia, perché senza i Partiti e la Politica, quella seria, non potrà esserci Democrazia e si aprirà la strada all’uomo forte. Del quale, scusate la sincerità, non sento proprio ne bisogno e ne necessità.
Walter Gasperini